Ai sensi del III comma dell'art.
703 cod.civ.
il possesso dei beni ereditari da parte dell'esecutore non può avere una durata eccedente un anno a far tempo dalla dichiarazione di accettazione di costui. L'autorità giudiziaria può tuttavia, per motivi di evidente necessità, sentiti gli eredi, prolungare questa durata, che in ogni caso non potrà mai superare un ulteriore anno. Dunque, la gestione dell'esecutore può avere una durata massima di due anni decorrenti dalla accettazione della nomina. Allo spirare dei detti termini, pur cessando tutti i poteri dell'esecutore, non verrà comunque meno l'ufficio di costui, che rimarrà fermo ad altri fini (si pensi alla legittimazione processuale attiva e passiva: art.
704 cod. civ.).
Il riferito tenore letterale dell'
art.703 cod.civ. pone un problema interpretativo non irrilevante: la perdita del possesso dei beni ereditari da parte dell'esecutore importa anche la parallela perdita dei poteri di amministrazione? Secondo un'opinione
nota1, che fa leva sulla lettera della legge, il decorso dell'anno determinerebbe la mera perdita del possesso. Per il resto l'esecutore resterebbe titolare del potere di amministrare i beni ereditari, potere che persisterebbe fino al momento in cui non potessero dirsi esattamente eseguite le disposizioni del testatore. E' tuttavia del tutto preferibile l'impostazione contraria, secondo la quale, trascorso il detto termine annuale, l'esecutore perderebbe i propri poteri
nota2. D'altronde ci si può domandare in che cosa si sostanzi il possesso dell'esecutore. Respinta l'idea che si tratti di possesso in senso tecnico (data l'intrinseca mancanza dell'elemento soggettivo del medesimo, non essendo ipotizzabile che l'esecutore abbia l 'animus rem sibi habendi ), è giocoforza annettere alla locuzione un significato più vasto, inteso come piena disponibilità del bene allo scopo di perseguire i voleri manifestati dal de cuius
nota3.
Note
nota1
Caramazza, Delle successioni testamentarie, in Comm. teorico-pratico al cod.civ., dir. da De Martino, Novara-Roma, 1982, p.570.
top1nota2
Talamanca, Successioni testamentarie, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1976, p.495; Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, vol.I, Milano, 1968, p.81; Palazzo, Le successioni, t.2, in Tratt. dir.priv., dir. da Iudica e Zatti, Milano, 2000, p.843; Trimarchi, voce Esecutore testamentario, in Enc.dir., vol.XV, 1966, p.398, a giudizio del quale il possesso sarebbe un elemento costitutivo dell'amministrazione.
top2nota3
In dottrina si tende ad identificare questa disponibilità in capo all'esecutore con la detenzione: cfr. Cuffaro, Gli esecutori testamentari, in Tratt.dir.priv., dir. da Rescigno, vol.VI, Torino, 1982, p.331; Talamanca, cit., p.495; Jannuzzi, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 1977, p.625.
top3Bibliografia
- CARAMAZZA, Delle successioni testamentarie, artt. 587-712, Roma, Comm. teor-prat. del c.c, dir. da De Martino, 1973
- CUFFARO, Gli esecutori testamentari, Torino, Trattato di diritto privato, VI, 1982
- JANNUZZI, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 1977
- NATOLI, L’amministrazione di beni ereditari II, l’amministrazione nel periodo successivo all’accettazione dell’eredità, Milano, 1969
- PALAZZO, Le successioni, Milano, Tratt.dir.priv. cura Iudica e Zatti , II, 2000
- TALAMANCA, Successioni testamentarie, Bologna - Roma, Comm.cod.civ. a cura di Scialoja e Branca, 1978
- TRIMARCHI, Esecutore testamentario (dir.priv.), Enc.dir., XV, 1966