Legittimazione relativa a far valere la nullità (t.u. in materia bancaria e creditizia)



Il D. Lgs. 385/93 (meglio conosciuto come testo unico in materia bancarie e creditizia) contiene una serie di norme che fanno riferimento alla nullità. Ai sensi dell' art.117 del predetto T.U. (da ambientare del titolo VI, "Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti" e, più specificamente, nel capo I dedicato alle operazioni e serivizi bancari) "I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti". Il III comma prescrive, nell'ipotesi di inosservanza della predetta forma, che il contratto sia nullo nota1.
Il IV comma della disposizione prescrive che i contratti indicano il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora.

Ai sensi del VII comma "In caso di inosservanza del comma 4 e nelle ipotesi di nullità indicate nel comma 6, si applicano:
a) il tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell'operazione;
b) gli altri prezzi e condizioni pubblicizzati per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi al momento della conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, al momento in cui l'operazione è effettuata o il servizio viene reso; in mancanza di pubblicità nulla è dovuto."

L'art. 127 del t.u., dopo aver espressamente configurato le disposizioni contenuto nel Titolo VI della legge come derogabili soltanto in senso più favorevole al cliente, prevede la legittimazione attiva soltanto in favore di quest'ultimo in ordine all'esercizio dell'azione volta a far dichiarare la nullità dell'atto

Si tratta di un'ipotesi di nullità relativa nota2 assai simile, per struttura e per le disposizioni nelle quali si innesta (caducazione delle clausole contrastanti con i precetti di legge, sostituzione automatica delle stesse), a quella disposta in tema di clausole vessatorie (art. 1341 e ss. cod.civ.) con speciale riferimento a quelle di cui agli artt. 33, 34 e 36 del Codice del consumo (D. Lgs. 206/2005).

La novellazione portata dal D.Lgs. n. 141 del 2010 ha introdotto al riguardo una non banale peculiarità: infatti accanto alla legittimazione relativa, è introdotta anche la rilevabilità d'ufficio da parte del Giudice. Si tratta di un'ipotesi che potremmo definire in chiave di nullità relativa allargata analogamente ad altre ipotesi previste nel Codice del Consumo (D.Lgs. 206/05).

Tutto questo vale in via generale.
Il T.U. in materia bancaria e creditizia contiene tuttavia una disciplina più specifica relativa al credito al consumo. L'art. 121 contiene anzitutto una serie di definizioni in tema di credito ai consumatori (cfr. anche l'art.40 del Codice del consumo portato dal D. Lgs. 206/05, norma tuttavia abrogata dal D.Lgs. 218 del 2010). Con tale espressione si intende la concessione, da parte di un finanziatore, di credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra analoga facilitazione finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (consumatore).

Rilevante è la nozione di contratto di credito collegato, che è quel contratto esclusivamente finalizzato a finanziare la fornitura di un bene o la prestazione di un servizio specifici nella ricorrenza di una serie di presupposti, tra essi in via alternativa: 1) il fatto che il finanziatore si avvalga del fornitore del bene o del prestatore del servizio per promuovere il contratto di finanziamento, 2) ovvero che il bene o il servizio siano esplicitamente individuati nel contratto di credito.

Ai sensi dell'art. 125 bis del t.u. viene espressamente prevista l'applicazione ai contratti di credito ai consumatori della norma di cui all'art. 117 , commi 1 e 3 dello stesso t.u. (in forza dei quali la mancata redazione per iscritto del contratto cagiona la nullità del medesimo). La riferita norma infatti prescrive che "i contratti di credito sono redatti su supporto cartaceo o su altro supporto durevole che soddisfi i requisiti della forma scritta nei casi previsti dalla legge e contengono in modo chiaro e conciso le informazioni e le condizioni stabilite dalla Banca d'Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR. Una copia del contratto è consegnata ai clienti".

Ancora, ai sensi del VI comma della norma in parola, "Sono nulle le clausole del contratto relative a costi a carico del consumatore che, contrariamente a quanto previsto ai sensi dell'art. 121, comma 1, lettera e), non sono stati inclusi o sono stati inclusi in modo non corretto nel TAEG pubblicizzato nella documentazione predisposta secondo quanto previsto dall'art. 124. La nullità della clausola non comporta la nullità del contratto."

Anche qui, come più sopra riferito, è stato previsto un meccanismo di nullità parziale unitamente ad una sostituzione automatica della clausola invalida. Ai sensi del comma susseguente, infatti "Nei casi di assenza o di nullità delle relative clausole contrattuali:
a) il TAEG equivale al tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto. Nessuna altra somma è dovuta dal consumatore a titolo di tassi di interesse, commissioni o altre spese;
b) la durata del credito è di trentasei mesi.

Infine il comma VIII 125 bis prescrive la nullità dell'intero contratto "se non contiene le informazioni essenziali ai sensi del comma 1 su:
a) il tipo di contratto;
b) le parti del contratto;
c) l'importo totale del finanziamento e le condizioni di prelievo e di rimborso"

In caso di nullità del contratto, il consumatore non può essere tenuto a restituire più delle somme utilizzate e ha facoltà di pagare quanto dovuto a rate, con la stessa periodicità prevista nel contratto o, in mancanza, in trentasei rate mensili.

E' appena il caso di rilevare come, in ciascuna delle riferite ipotesi di nullità, sia sempre valevole la regola generale portata dall'art.127 del t.u. riguardante la legittimazione relativa, sia pure rinforzata dalla rilevabilità ex officio.

Note

nota1

A questo proposito si è rilevato (Tidu, Trasparenza delle condizioni dei contratti bancari e finanziari, in Enc. giur. Treccani) che il principio della forma scritta nel credito al consumo costituisce un limite sostanziale allo ius variandi dell'ente creditizio e una tutela maggiore per il consumatore, giustificata soprattutto dalla necessità di un riequilibrio della posizione dei contraenti. Non sono tuttavia mancate critiche a proposito dell'introduzione del formalismo nell'era informatica: cfr. Rescigno, Trasparenza bancaria e diritto comune dei contratti, in Banca, borsa e titoli di credito, vol. I, 1990, p. 305; Schelesinger, Problemi relativi alla c.d. trasparenza bancaria, in Corr.giur., 1989, p. 229. Va rilevato come il testo della norma in esame, nel tempo precedente la novellazione introdotta per effetto del D.Lgs. 169/2012, contemplava al IV comma un'ipotesi di nullità parziale, contestualmente prevedendo la sostituzione automatica della clausola invalida. Il sistema di eterointegrazione riecheggiava quello di cui al combinato disposto degli artt. 1339, 1419 cod.civ.. Il citato comma dell'art. 117 testualmente riferiva che "sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati"
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nota2

Per una critica del concetto stesso di nullità relativa, radicalmente contestato, cfr. Santoro Passarelli, Dottrine generali di diritto civile, Napoli, 1997, p.247. La nullità non potrebbe infatti che privare interamente di efficacia il negozio nei confronti di chiunque. La nullità relativa, invece, postulerebbe una residua efficacia dell'atto contrastante con l'essenza stessa della nullità. Vi è chi (Minervini, La Consob, Napoli, 1989, p. 143) parla di legittimazione ad eccepire il vizio in capo al "soggetto protetto". E' stato anche osservato (Oppo, Presentazione, in La disciplina comunitaria del credito al consumo a cura di Capriglione, in Quaderni di ricerca giuridica della Banca d'Italia, n. 15, Roma, 1987, p.17 ) come il rimedio in questione sarebbe comunque inadeguato, a causa dell'obbligo di restituzione del finanziamento che incombe a carico del cliente danneggiato nel caso in cui costui eccepisse l'invalidità.
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Bibliografia

  • OPPO, Presentazione, Roma, Quaderni di ricerca giuridica della Banca d'Italia, 15, 1987
  • RESCIGNO, Trasparenza bancaria e diritto comune dei contratti, Banca borsa e titoli di credito, I, 1990
  • SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002
  • SCHLESINGER, Problemi relativi alla trasparenza bancaria, Corr.giur., 1989
  • TIDU, Trasparenza delle condizioni dei contratti bancari e finanziari, Roma, Enc.giur.Treccani

Prassi collegate

  • Studio n. 230-2017/C, Breve commento al provvedimento della Banca d'Italia del 30 settembre 2016

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