Legittimazione processuale (obblighi del curatore dell'eredità giacente)



Fonte della legittimazione processuale attiva e passiva del curatore dell'eredità giacente è l'art. 529 cod.civ. , a mente del quale il curatore è tenuto ad esercitare e promuovere le ragioni dell'eredità, dovendo inoltre rispondere alle istanze proposte contro la stessa nota1 .E' chiaro come l'attivazione del curatore dal punto di vista processuale non possa se non seguire le regole della prudenza e della convenienza. Egli infatti potrebbe addirittura essere ritenuto personalmente responsabile in ordine alle spese derivanti dall'improvvida assunzione di iniziative processuali (come d'altronde dall'inopportuna resistenza con riferimento ad avverse domande giudiziali ictu oculi fondate) ai sensi dell'art. 94 c.p.c. .

La funzione in esame pone due distinte problematiche. Sotto un primo profilo è possibile che venga contestata la legitimatio ad causam, vale a dire l'astratta possibilità per il curatore di intervenire in un determinato giudizio. Si pensi all'ipotesi in cui costui agisse in petitio hereditatis (azione che compete soltanto all'erede) contro il possessore di beni ereditari. L'eccezione di quest'ultimo in ordine al difetto di legittimazione attiva coglierebbe nel segno nota2. Una differente soluzione potrebbe essere prospettata nell'ipotesi di resistenza del curatore all'azione di petizione intrapresa contro di lui nota3 . Ancora potrebbe essere contestata la legitimatio ad processum del curatore, ogniqualvolta venisse fatta questione relativamente alla di lui carica. Si ponga mente all'eccezione basata sul difetto di una regolare nomina da parte dell'autorità giudiziaria. Da un ulteriore punto di vista occorre poi che l'attività processuale attiva o passiva del curatore inerisca temi attinenti alla amministrazione dell'asse ereditario, intesa sia come di tipo ordinario, sia come straordinaria. Nella prima ipotesi il curatore potrà partecipare al giudizio senza preventivamente avere richiesto ed ottenuto alcuna autorizzazione giudiziale, ciò che invece sarà indispensabile nel secondo caso nota4 . A mero titolo esemplificativo è possibile riferire che il curatore ha dunque la possibilità di promuovere domande intese a riscuotere somme relative a debiti scaduti, far valere diritti reali in re aliena, interrompere la prescrizione, agire mediante azioni possessorie o petitorie (es.:rivendicare la proprietà di beni appartenenti all'asse). Egli ben potrebbe poi promuovere azioni che nascono in dipendenza diretta della propria gestione (es. l'azione di rescissione per lesione di cui all'art. 1448 cod.civ. : cfr. Cass. Civ. Sez. II, 2166/86 ). Dubbi sono stati espressi per quanto attiene alla possibilità di fare dichiarare nullo il testamento nota5. Dal lato passivo al curatore andrebbe invece riconosciuta legittimazione processuale in ordine a tutte quelle azioni che fossero proponibili contro l'erede. Problematica è l'eventualità in cui il curatore sia convenuto in giudizio da chi agisca in petitio hereditatis, vantando cioè la qualità di erede. E' preferibile ritenere che il curatore, come tale, debba compiere ogni atto finalizzato alla conservazione del compendio ereditario allo scopo di consentire a chi ne ha il diritto di conseguirne, quale erede, tutte le relative utilità nota6 . Ben potrà pertanto il curatore resistere in giudizio ogniqualvolta sia convinto dell'infondatezza del titolo ereditario fatto valere (si pensi a chi faccia derivare la propria qualità ereditaria da testamento falso) nota7. Altrimenti il curatore potrà addirittura ritenere esaurita la propria funzione, dal momento che chi, sulla scorta della propria qualità di erede, fondatamente agisce in petitio rende del tutto superflua la prosecuzione della curatela.

Per quanto attiene ai rapporti processuali pendenti, è stato deciso che il curatore vi subentri, a tutela dell'eredità, per lo meno fino al momento in cui il chiamato all'eredità, non possessore dei beni ereditari, dichiari di accettarla (Cass. Civ. Sez. I, 7076/90 ).

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Note

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Prestipino, Delle successioni in generale (Artt.456-535), in Comm. cod. civ., diretto da De Martino, Novara-Roma, 1981, pp. 528 e ss.; contra Schlesinger, La petizione di eredità, Torino, 1956, pp. 28 e ss., la cui differente opinione si fonda sulla distinzione tra funzione di mera ricognizione del titolo di erede e funzione recuperatoria dei beni ereditari.
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nota2

Così è stato deciso che il curatore può resistere nel giudizio di petizione dell'eredità riguardanti beni che non si trovino nell'asse in quanto alienati da parte del de cuius in vita (Cass.Civ. Sez.II, 5889/82 ).
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nota3

La soluzione prevalente in dottrina distingue infatti tra azioni di straordinaria ed ordinaria amministrazione e ritiene debbano essere autorizzate solo le prime, ossia quelle azioni tendenti alla conservazione ed amministrazione dei beni stessi, come ad esempio le azioni volte ad interrompere il corso delle prescrizioni e la resistenza in giudizio contro le pretese avanzate nei confronti dei beni amministrati (Natoli, L'amministrazione nel periodo successivo all'accettazione, in L'amministrazione di beni ereditari, vol. II, Milano, 1969, p.280).
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nota4

Mentre a parere del Natoli, op.cit., p.279, il curatore ben potrebbe far valere la nullità o l'inefficacia del testamento, invece a giudizio del Ferri, Disposizioni generali sulle successioni (Artt.456-511), in Comm. cod. civ., diretto da Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1980, p. 177, ciò non sarebbe possibile: il curatore potrebbe unicamente fornire al giudicante indicazioni volte a consentire una pronunzia di nullità ex officio.
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nota5

Si tratta di una legittimazione tanto processuale, quanto stragiudiziale, diretta alla tutela delle aspettative del chiamato sull'eredità delata. In essa rientrerebbe perciò anche il potere di transigere sulle liti che il curatore dovesse promuovere o sostenere (Lipari, L'eredità giacente, in Successioni e donazioni a cura di Rescigno, vol.I, Padova, 1994, p. 362).
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nota6

Da ciò deriva che l'eventuale riconoscimento, in contraddittorio con il curatore, della qualità di erede in capo all'attore, non viene a pregiudicare le ragioni di altri chiamati. A questi è infatti sempre consentito proporre l'azione di petizione dell'eredità. Il curatore non rappresenta né gli eredi né i chiamati, in quanto è semplicemente amministratore dei beni (Prestipino, op.cit., p. 503).
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nota7

Cfr. Natoli, op.cit., p. 268; contra Ferri, op.cit., p. 177, secondo cui l'intervento del curatore, che non potrebbe giungere a contestare la posizione dell'attore, sarebbe limitato alla messa a disposizione di tutti gli elementi utili per la decisione rimessa al giudice adito.
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Bibliografia

  • LIPARI, L'eredità giacente, Padova, Successioni e donazioni, I°, 1994
  • NATOLI, L'amministrazione dei beni ereditari, Milano, I, 1968
  • PRESTIPINO, Delle successioni in generale, Novara-Roma, Comm.cod.civ., dir. da De Martino, 1981
  • SCHLESINGER, La petizione di eredità, Torino, 1956

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