Legge del 1970 numero 898 art. 5


Il tribunale adito, in contraddittorio delle parti e con l'intervento obbligatorio del pubblico ministero, accertata la sussistenza di uno dei casi di cui all'art. 3, pronuncia con sentenza lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed ordina all'ufficiale dello stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere alla annotazione della sentenza.
La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio (Gli attuali commi secondo, terzo e quarto così sostituiscono l'originario comma secondo per effetto dell'art. 9, L. 6 marzo 1987, n. 74).
Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela (Gli attuali commi secondo, terzo e quarto così sostituiscono l'originario comma secondo per effetto dell'art. 9, L. 6 marzo 1987, n. 74).
La decisione di cui al comma precedente può essere modificata con successiva sentenza, per motivi di particolare gravità, su istanza di una delle parti (Gli attuali commi secondo, terzo e quarto così sostituiscono l'originario comma secondo per effetto dell'art. 9, L. 6 marzo 1987, n. 74).
La sentenza è impugnabile da ciascuna delle parti. Il pubblico ministero può ai sensi dell'art. 72 del codice di procedura civile, proporre impugnazione limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci.
Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive (Gli attuali commi sesto, settimo, ottavo e nono così sostituiscono l'originario comma quarto per effetto dell'art. 10, L. 6 marzo 1987, n. 74).
La sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell'assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione (Gli attuali commi sesto, settimo, ottavo e nono così sostituiscono l'originario comma quarto per effetto dell'art. 10, L. 6 marzo 1987).
Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico (Gli attuali commi sesto, settimo, ottavo e nono così sostituiscono l'originario comma quarto per effetto dell'art. 10, L. 6 marzo 1987, n. 74).
I coniugi devono presentare all'udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria (Gli attuali commi sesto, settimo, ottavo e nono così sostituiscono l'originario comma quarto per effetto dell'art. 10, L. 6 marzo 1987, n. 74).
L'obbligo di corresponsione dell'assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze.
Il coniuge, al quale non spetti l'assistenza sanitaria per nessun altro titolo, conserva il diritto nei confronti dell'ente mutualistico da cui sia assistito l'altro coniuge. Il diritto si estingue se egli passa a nuove nozze (Comma aggiunto dall'art. 1, L. 1° agosto 1978, n. 436).

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