L'elemento essenziale cardinale nel testamento è indubbiamente costituito dalla volontà del testatore. Essa gode di una valorizzazione speciale, maggiore, in particolare, rispetto agli atti negoziali inter vivos (quand'anche unilaterali). La ragione è facilmente intuibile: stante il fatto che gli atti di ultima volontà sono destinati ad assumere efficacia successivamente alla morte del disponente, è chiaro che sono
irripetibili e
non emendabili da costui. Più stringente e appropriato diviene il riferimento al generale principio di conservazione ( utile per inutile non vitiatur ).
Per questa ragione la legge appronta una serie di regole volte a conferire speciale protezione alla volontà testamentaria. Si pensi anzitutto all'
art.590 cod.civ. che (sia pure sulla scorta di alcuni requisiti che meglio saranno specificamente trattati) consente la
conferma delle disposizioni di ultima volontà quand'anche annullabili o radicalmente nulle. Si può inoltre rammentare la non indispensabilità ex
art.591 cod.civ. , ai fini dell'annullamento del testamento per
incapacità naturale del disponente, del requisito del grave pregiudizio che l'
art.428 cod.civ. richiede, invece, per gli atti tra vivi unilaterali. Si pensi ancora alla peculiare rilevanza dei vizi della volontà che si concreta nella impugnativa per
captazione (
art.624 cod.civ. ), la cui legittimazione attiva compete significativamente a chiunque vanti un interesse giuridicamente rilevante. Nè, da ultimo, la ricerca del reale intento del testatore, quand'anche divergente rispetto al tenore letterale delle espressioni adoperate, è infrenata dal rispetto della
regola dell'affidamento, propria degli atti inter vivos. Mentre in quest'ultimo ambito nell'ipotesi di divergenza tra interno volere e dichiarazione il nodo viene sciolto in base alla regola secondo la quale il primo rileva nei limiti in cui il soggetto al quale la dichiarazione era diretta conosceva o era in grado di conoscere il contrasto (diversamente palesandosi irrilevante, dovendo il dichiarante attenersi alla propria dichiarazione impegnativa), nel campo del negozio testamentario opera invece il principio della prevalenza dell'intento del disponente. D'altronde il testamento possiede una struttura unilaterale non recettizia a fronte della quale non interagiscono altri soggetti: anche gli eredi ed i legatari in favore dei quali fossero state previste le attribuzioni non possono certo fare affidamento non interagendo in alcun modo con l'espressione della volontà testamentaria
nota1.
Notevoli sono le applicazioni del principio della volontà in materia di interpretazione del testamento, ciò che sarà oggetto di separata disamina.
Note
nota1
Cfr. per tutti Betti, Teoria generale del negozio giuridico, in Tratt. dir.civ.it., dir. da Vassalli, Torino, 1960, p.368.
top1