La sostituzione e la cooptazione degli amministratori (società per azioni)




Ai sensi dell'art. 2386 cod.civ. , "se nel corso dell'esercizio vengono a mancare uno o più amministratori, gli altri provvedono a sostituirli con deliberazione approvata dal collegio sindacale, purché la maggioranza sia sempre costituita da amministratori nominati dall'assemblea. Gli amministratori così nominati restano in carica fino alla prossima assemblea.

Se viene meno la maggioranza degli amministratori nominati dall'assemblea, quelli rimasti in carica devono convocare l'assemblea perché provveda alla sostituzione dei mancanti. Salvo diversa disposizione dello statuto o dell'assemblea, gli amministratori nominati ai sensi del comma precedente scadono insieme con quelli in carica all'atto della loro nomina.

Se particolari disposizioni dello statuto prevedono che a seguito della cessazione di taluni amministratori cessi l'intero consiglio, l'assemblea per la nomina del nuovo consiglio è convocata d'urgenza dagli amministratori rimasti in carica; lo statuto può tuttavia prevedere l'applicazione in tal caso di quanto disposto nel successivo comma.

Se vengono a cessare l'amministratore unico o tutti gli amministratori, l'assemblea per la nomina dell'amministratore o dell'intero consiglio deve essere convocata d'urgenza dal collegio sindacale, il quale può compiere nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione".

Ai sensi del predetto articolo quindi, se uno o più consiglieri cessano dal loro incarico per decadenza, dimissioni o morte e rimane in carica la maggioranza degli amministratori, questi ultimi possono sostituire i mancanti tramite il procedimento di cooptazione. La maggioranza degli amministratori che deve rimanere in carica perché si possa procedere alla cooptazione, deve essere composta da soggetti nominati dall'assemblea. Se tale maggioranza viene meno, gli amministratori rimasti in carica devono convocare l'assemblea perché provveda alla sostituzione dei mancanti.

La nomina per cooptazione non è ammessa quando:

- l'amministratore cessi per scadenza naturale dell'incarico per revoca;

- l'amministratore già cooptato non sia stato confermato in carica dall'assemblea;

- l'assemblea abbia nominato un numero di consiglieri inferiore a quello massimo stabilito dall'atto costitutivo, ed il consiglio voglia successivamente auto completarsi.

La delibera consiliare di nomina deve essere successivamente approvata dal collegio sindacale.

Salvo diversa disposizione dello statuto o dell'assemblea, gli amministratori così nominati rimangono in carica fino alla successiva assemblea dei soci che non deve però essere espressamente convocata e che può confermare il cooptato o nominare un'altra persona. La conferma, ad opera dell'assemblea, può essere anche implicita, se fatta attraverso formale delibera con oggetto diverso ma avente come presupposto il conferimento della carica sociale.

Il consiglio può rinunciare alla facoltà di cooptazione dei nuovi consiglieri convocando direttamente l'assemblea affinché provveda alla sostituzione degli amministratori mancanti. Il meccanismo della cooptazione è derogabile dall'atto costitutivo, il quale può prevedere che i consiglieri rimanenti convochino l'assemblea per sostituire i mancanti, oppure può contenere la clausola " simul stabunt, simul cadent " che, sostanzialmente, limita l'istituto della cooptazione e riafferma la competenza assembleare nella nomina degli amministratori.

L'ultimo comma del predetto articolo prevede la competenza gestoria del collegio sindacale, limitata esclusivamente alle ipotesi di mancanza assoluta dell'organo amministrativo. In tali casi, ossia quando il collegio sindacale esercita compiti di amministrazione attiva, le sue deliberazioni devono ritenersi impugnabili a norma degli artt.2388 e 2391 cod.civ..

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