La scelta della tipologia di mutuo ipotecario finalizzato all’acquisto immobiliare

La scelta della banca mutuante e del tipo di mutuo da stipulare può essere molto difficile, soprattutto per chi non ha abitualmente l’occasione di occuparsi di contratti bancari.
Un primo criterio di scelta consiste, come è ovvio, nell’importo che la banca è disposta ad accordare al mutuatario: a tale riguardo si ricorda come, in base alla legislazioni vigente, il mutuo non possa essere di importo superiore all’80% del valore di mercato del bene immobile che, come vedremo, sarà costituito in ipoteca a favore della Banca.
Ciò non toglie che nella prassi si stiano diffondendo offerte di mutui “al 100%”, di fatto resi possibili da una sopravvalutazione degli immobili in sede di perizia commissionata dalla banca.

Un secondo elemento in base al quale orientare la propria scelta è rappresentato dal tasso di interesse applicato: è prassi di quasi tutte le banche sottoporre all’aspirante mutuatario alcune simulazioni di ammortamento, con rate di rimborso il cui ammontare ovviamente varia in base alla durata del contratto e all’importo del capitale inizialmente erogato e, appunto, al tasso di interesse applicato.
A tale riguardo, è frequente che il mutuatario non sappia bene come scegliere tra un mutuo a tasso fisso e un mutuo a tasso variabile.
Nel primo caso, l’interesse viene pattuito tra banca e cliente una volta per tutte: per tutta la durata del mutuo, l’interesse sarà dovuto sempre nella stessa misura (è un tipo di mutuo che tiene il cliente al riparo da eventuali incrementi del tasso di interesse, ma che può essere penalizzante qualora i tassi di interessi praticati sul mercato scendano).
La pattuizione di un tasso di interesse variabile fa sì che il calcolo dell’interesse in concreto applicato sia la somma di due valori: un parametro variabile ed uno fisso.
Nella prassi, il parametro variabile è rappresentato dal tasso EURIBOR, che viene tempo per tempo aggiornato dalla Federazione Bancaria Europea – Comitato di Gestione dell’Euribor; il parametro fisso è rappresentato dalla maggiorazione (“spread”) che la Banca applica sull’Euribor a proprio vantaggio.
(In alternativa, potrebbe essere adottato quale parametro variabile il c.d. “tasso BCE”).
Con estrema semplificazione, si può affermare che l’Euribor corrisponde al tasso che una banca paga ad un’altra sul prestito di denaro; lo spread rappresenta invece il vero utile della banca mutuante.
Sul mercato si incontrano oggi molti mutui a tasso annuo variabile che prevedono l’applicazione dell’Euribor (oggi pari a circa 1% annuo) maggiorato dello spread che – nella prassi dei mutui concessi a privati – varia tra l’1% e il 2%.
Esempio: Tizio stipula con la Banca Alfa un mutuo decennale al tasso variabile dell’Euribor maggiorato di uno spread di due punti percentuali all’anno. La Banca Alfa chiede a sua volta in prestito il denaro alla Banca Beta: la Banca Beta applicherà alla Banca Alfa il tasso Euribor. Quindi la Banca Alfa ha utili solo derivanti dallo spread, dal momento che l’Euribor viene pagato dal mutuatario alla Alfa e da questa pagato alla Banca Beta che le ha prestato il denaro.
E’ praticamente impossibile sapere a priori se convenga stipulare un mutuo a tasso fisso o a tasso variabile: il tasso fisso (solitamente più elevato del tasso variabile applicato all’inizio dell’ammortamento di un mutuo) può essere ritenuto preferibile per i mutui di lunghissima durata (oltre i 20 anni), in quanto tiene il mutuatario al riparo da eventuali mutamenti del mercato dei valori mobiliari che potrebbero fare alzare anche sensibilmente gli elementi di calcolo dei tassi variabili. Tuttavia, si deve osservare come l’introduzione della moneta unica europea abbia favorito (e sia destinata a favorire anche in futuro) una notevole stabilità dei tassi.
Sul mercato esistono anche contratti di mutuo che consentono al mutuatario, per favorire le valutazioni di convenienza del cliente, di scegliere con una periodicità prevista contrattualmente tra tasso fisso e tasso variabile, anche più volte durante il rapporto di mutuo.
Altri contratti consentono al mutuatario di rimborsare il capitale non mediante rate predeterminate, ma secondo le modalità preferite dal cliente: in questi casi si impone però al mutuatario di restituire quote minime del capitale erogato entro un certo numero di rate (es. il 30% entro due anni; il 20% entro tre anni; ecc.).
Ancora, esistono mutui che prevedono il versamento di una rata che resta comunque costante, in modo che la variazione del tasso incida sulla durata del contratto: se il tasso scende, il mutuatario potrà finire di rimborsare il mutuo in un periodo più breve; se sale, il mutuatario sarà tenuto al versamento di una o più rate aggiuntive, dopo la scadenza inizialmente prevista.

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