La postilla



L'atto pubblico non può essere alterato o modificato, dopo la sua chiusura, in alcuna maniera (cioè dopo la firma del notaio Cass. Civ. Sez. III, 2138/00 ).

Per questo motivo è fatto obbligo al notaio di non lasciare spazi vuoti che non siano, sin dal momento della redazione del documento, riempiti a mezzo idonea interlineatura (Cass. Civ. Sez. I, 912/73 ).; è necessario inoltre che lo stesso non presenti correzioni, alterazioni o addizioni e che non contenga raschiature nel testo.

Ecco perché le correzioni dell'atto pubblico, tutte, devono obbligatoriamente seguire la procedura stabilita dallo stesso art. 53 l.n., con la grave conseguenza, nel caso di mancato rispetto del precetto, che "le cancellature, aggiunte e variazioni fatte e non approvate nei modi sopra stabiliti si reputano non avvenute", come impone l'ultimo comma dell'art. 53 l.n..



Il principio della facile lettura e comprensione del contenuto del documento, é sancito anche dall'obbligo di non usare "abbreviature" che rendano, a distanza di tempo, incomprensibile il contenuto del documento (l'art. 13, I comma , Legge 15/68 relativo alla stesura degli atti pubblici, come sostituito dal II comma dell'art. 7 del "T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa" emanato con D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 , che precisa: "Il testo degli atti pubblici comunque redatti non deve contenere lacune, aggiunte, abbreviazioni, correzioni, alterazioni o abrasioni. Sono ammesse abbreviazioni, acronimi, ed espressioni in lingua straniera, di uso comune. Qualora risulti necessario apportare variazioni al testo, si provvede in modo che la precedente stesura resti leggibile").

Sono ammesse le abbreviazioni di comune dominio, che di fatto non ingenerino confusione.

La correzione del testo dell'atto pubblico notarile é sempre possibile, sino a che il notaio non abbia apposto la sua sottoscrizione.Tale interpretazione è avvalorata anche da quanto affermato nel quarto comma dell'art. 53 l.n.. L'operazione prevista è quella che viene comunemente indicata come apposizione della o delle postillenota1.

Quanto riportato all'inizio del II comma dell'art. 53 l.n. non può essere inteso come limite quantitativo alla possibilità di variazione del testo dell'atto pubblico ("occorrendo togliere, variare o aggiungere qualche parola").

Tecnicamente la postilla, che riguarderà unicamente il contenuto dell'atto pubblico, deve essere eseguita individuando le parole da cancellare; generalmente si procede ad evidenziarle con un incasellamento, in maniera che comunque sia sempre possibile leggerle.

Dal che è evidente che è vietata qualsiasi operazione di sovrascrittura o abrasione del testo.

La postilla come indicata dall'art. 53 l.n. serve a togliere, variare o aggiungere e a niente altro.



In fine dell'atto riportare la variazione, mediante il sistema del "dele" "adde" (sembra quindi non ammissibile la postilla ad es. "leggasi"), individuando le diverse postille, con un richiamo nel corpo dell'atto (lettera o numero).

Dovendo correggersi più volte la stessa parola in punti diversi dell'atto, si procederà ad autonoma postilla per ogni correzione nota2.

Nella fase conclusiva dell'operazione, e sempre "in fine dell'atto" deve essere fatta menzione tanto del numero delle parole cancellate, quanto quello complessivo delle postille eseguite.

E' ammesso che in sede di postilla vengano riportate in calce tutte le parole cancellate.

Nel rispetto dell'art. 69 reg. not., ove si eliminino con la postilla più parole, è necessario riportare la prima e l'ultima delle parole cancellate.

Raccordando le due norme e col presupposto che sia assolutamente necessario procedere all'indicazione sia del numero complessivo delle postille eseguite che del totale delle parole cancellate, sembra ammissibile che, per non appesantire l'operazione formale di correzione del testo con una duplicazione formale dell'adempimento richiesto nota3, il notaio proceda alle correzioni indicando una volta soltanto il numero complessivo delle parole cancellate oggetto delle postille.

In questa maniera il documento dimostrerà che le correzioni sono state eseguite in modo che non risulti minato il contenuto e il valore dell'atto pubblico.

Se l'esecuzione della postilla é avvenuta prima della lettura dell'atto, la lettura e l'approvazione dello stesso varranno anche per le correzioni eseguite. Altrimenti sarà necessario riportare la lettura e l'approvazione delle postille eseguite.

Se la correzione avviene dopo la sottoscrizione degli intervenuti, sarà necessario procedere a nuova sottoscrizione degli stessi.

Nel caso in cui l'operazione di variazione del testo, eseguita a mezzo postilla, venga eseguita dopo la menzione prevista dall'art. 51, n. 9, l.n., e sia stata modificata la consistenza del documento, sarà necessario procedere alla correzione del numero dei fogli e delle pagine utilizzate.

I fidefacienti che consentono al notaio di maturare la necessaria certezza sull'identità delle parti, possono, ai sensi dell'art. 51, n. 10, l.n., allontanarsi dal luogo di redazione dell'atto pubblico, dopo aver eseguito il proprio incarico.

Oltre ad essere formalizzato il loro intervento ed il loro allontanamento, essi dovranno apporre la loro sottoscrizione, salva sempre la possibilità di un impedimento a tale operazione.

Nel caso del loro allontanamento dopo l'identificazione delle parti, nessuna correzione, neanche per postilla, potrà essere eseguita nei confronti degli elementi identificativi dell'identità dei soggetti parte, che siano stati costituiti grazie all'intervento dei fidefacienti.

L'ultimo comma dall'art. 53 l.n. precisa che le aggiunte, variazioni e cancellature eseguite senza il rispetto dell'art. 53 l.n., "si reputano non avvenute" (Cass. Civ. Sez. II, 2743/66 ).

In tema di procedura per la correzione dell'atto pubblico va richiamato anche l'art. 13, II comma , della Legge n. 15 del 1968, che genericamente obbliga all'esecuzione di chiamate in calce all'atto, senza peraltro modificare gli obblighi posti dalle norme della legge e del regolamento notarile.

In tema di procedura per la correzione dell'atto pubblico va richiamato anche l'art. 7, II comma del T.U. sulla documentazione amministrativa emanato con D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 , che ha sostituito l'art. 13, II comma , della Legge n. 15 del 1968, che genericamente obbligava all'esecuzione di chiamate in calce all'atto.

Anche nei confronti dell'ultima norma, come peraltro già affermato nei riguardi dell'art. 13 dell'abrogata Legge n. 15 del 1968 , si può affermare che non modifichi sostanzialmente gli obblighi posti dalla legge e dal regolamento notarile.

Note

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Per la definizione di postilla vedi Casu, L'atto notarile tra forma e sostanza, Milano, 1996, p. 311 in cui giustamente l'autore afferma che "la postilla non è un atto (autonomo e) compiuto, ma una clausola di completamento dell'atto notarile".Se è dunque vero che le aggiunte o le modificazioni ad un atto pubblico che, in esito alla sottoscrizione del pubblico ufficiale, deve reputarsi definitivamente formato ed intangibile, integrano un falso, si deve notare come sia stato deciso che, ai fini della punibilità di tale falso, occorra che dette immutazioni (apportate con postilla) non si identifichino in mere correzioni ed integrazioni intese semplicemente a completare il procedimento di formazione dell'atto, senza che ne modifichino il contenuto (Cass. Civ. Sez. V, 23327/04 ).
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nota2

Cfr. Santarcangelo, La Forma degli atti notarili, Roma, 1981, nota 22, p. 189 (Cass. Civ. 2905/60 ).
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nota3

In tal senso vedi Casu, L'atto notarile tra forma e sostanza, Milano, 1996, p. 322.
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Bibliografia

  • CASU, L'atto notarile tra forma e sostanza, Milano, 1996
  • SANTARCANGELO, La forma degli atti notarili, Roma, 1981

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