La posizione giuridica del sostituito nella sostituzione fedecommissaria



Ai sensi dell'art. 696 cod.civ. l'eredità si devolve al sostituito al momento della morte dell'istituito.

La dottrina distingue, con riferimento al sostituito, la situazione successiva all'apertura della successione dell'ereditando antecedente alla morte dell'istituito da quella che si determina all'esito del decesso di quest'ultimo nota1. Nella prima fase il sostituito non può vantare una delazione attuale. Questo tuttavia non significa che non sia titolare di una vera e propria aspettativa tutelata dal diritto nota2. Conformemente a questa configurazione è stata prospettata la possibilità che il sostituito faccia alienazione della propria posizione giuridica, anche nel tempo che precede la morte dell'istituito. In senso negativo è stato osservato come il sostituito non possa vantare alcuna delazione attuale a proprio favore nota3 . Non potendo egli ancora esprimere con l'accettazione dell'eredità la propria volontà di conseguire il lascito, l'eventuale atto dispositivo di esso prima del decesso dell'istituito si risolverebbe addirittura in un patto successorio di natura traslativa, come tale nullo ex art.458 cod.civ. nota4. Non manca tuttavia chi prospetta una soluzione diametralmente opposta: la configurazione della delazione in favore del sostituito come sospensivamente condizionata consentirebbe sia l'intervento di un atto di accettazione dell'eredità ora per allora, sia un atto di disposizione dei beni di cui al fedecommesso nota5. La soluzione della questione deve essere ricercata nella configurazione della delazione in favore del sostituito. Costui succede all'ereditando o all'istituito? Se la risposta corretta è la prima, consistendo la sostituzione fedecommissaria semplicemente in un ordine successivo, che tuttavia lascia integra la derivazione della vocazione dall'originario disponente, appare in tutta la propria evidenza l'inconsistenza dell'argomento secondo il quale una cessione del diritto prima della morte dell'istituito configurerebbe un patto successorio. Non è infatti alla morte dell'istituito che occorre guardare, bensì alla morte di colui che concepì la sostituzione fedecommissaria nota6. Ciò premesso, non si può non fare rinvio, per quanto attiene alla praticabilità per il sostituito di accettare immediatamente l'eredità, al più generale problema della delazione condizionale. Se, come è stato sostenuto, è possibile per il chiamato sotto condizione sospensiva, validamente (sia pure con efficacia differita) accettare l'eredità, analogamente si può concludere per il sostituito. Quanto invece alla possibilità di vendere o comunque cedere i diritti sui beni ereditari, la questione è più complessa. Sottoposto a condizione sospensiva è infatti il diritto di accettare e non già il diritto di cui si vorrebbe fare cessione, diritto che rimane ben distinto rispetto al primo e che viene conseguito in esito all'accettazione. Non si può dunque risolvere il problema semplicemente evocando l'art.1357 cod.civ. apri, ciò che varrebbe a fondare in astratto la cedibilità separata dell'aspettativa e del diritto condizionato.

Per quanto attiene alla situazione giuridica che si determina in esito alla morte dell'istituito, si dà una duplice eventualità. In quel tempo infatti il sostituito può essere in vita o meno.

Il paradigma afferente alla prima ipotesi è costituito dal I comma dell'art. 696 cod.civ., ai sensi del quale "l'eredità si devolve al sostituito al momento della morte dell'istituito". La proposizione ben compendia la caratteristica propria della sostituzione fedecommissaria, vale a dire l'ordine successivo. Il sostituito infatti subentra nel lascito soltanto alla morte dell'istituito. Occorre soltanto chiarire che la devoluzione è successiva in una eccezione meramente cronologica. Il sostituito deve infatti essere considerato erede del de cuius e non già dell'istituito. Il subingresso del sostituito all'istituito interviene sotto un profilo meramente temporale, non dandosi successione del primo al secondo. Da questo punto di vista bisogna rilevare l'equivocità della prospettazione di chi tra gli interpreti ha fatto menzione di uno sdoppiamento tra erede e successore nota7. Non è vero infatti che il sostituito sia ad un tempo erede del testatore e successore dell'istituito. Ordinariamente con la locuzione "successore" si designa infatti l'avente causa da un soggetto, il che non è nel caso in esame. Altro sarebbe parlare di "successore" nel senso meramente cronologico di "soggetto che segue nel tempo un altro soggetto", ciò che si attaglia all'ipotesi considerata, in relazione alla quale è tuttavia possibile fare uso di termini meno anfibi. In definitiva il sostituito è erede (o legatario) del de cuius, ancorchè tale qualità si manifesti nel tempo che segue la morte dell'istituito ed a condizione della premorienza di costui. A riprova di quanto si sostiene, si rifletta sul fatto che il sostituito deve essere capace e degno rispetto al de cuius e non all'istituito. Venuto meno quest'ultimo il sostituito potrà essere considerato "chiamato" in senso tecnico. Come tale gli competeranno sia il diritto di fare accettazione (soggetto al termine prescrizionale decennale di cui all'art.480 cod.civ.) sia, indipendentemente dalla materiale apprensione dei beni ereditari, i poteri di cui all'art. 460 cod.civ.. Cosa accade nell'ipotesi di premorienza dell'istituito rispetto al de cuius ? E' chiaro che in una siffatta ipotesi l'istituto non svolgerebbe la propria funzione assistenziale. Tuttavia è stato deciso nel senso che, in ogni caso, la delazione ben potrebbe operare direttamente a favore del sostituito. Nella sostituzione fedecommissaria infatti si dovrebbe sempre reputare implicitamente contenuta una sostituzione volgare. Da questa considerazione se ne è dedotta addirittura la possibilità di ritenere efficace ed operativa la sostituzione a prescindere dalla sussistenza dei relativi requisiti (Cass. Civ. Sez. II, 11968/04).

Veniamo al secondo caso: quello cioè in cui si verifichi la premorienza (o, trattandosi di un ente, l'estinzione) del sostituito rispetto all'istituito. Il II comma dell'art. 696 cod.civ. prevede al riguardo che il lascito sia devoluto ai successori legittimi dell'incapace. In altri termini la sostituzione non ha modo di operare e la disposizione in favore dell'istituito si considera semplice. La norma parla degli eredi legittimi dell'istituito, ma non può essere esclusa l'ipotesi in cui vengano alla successione di costui eredi testamentari (si pensi al testamento effettuato nel tempo in cui l'istituito fosse stato pienamente capace precedentemente all'intervenuta interdizione) nota8 . Cosa riferire del sostituito che, sopravvissuto alla morte dell'istituito, rinunzi all'eredità (del de cuius ), venga dichiarato indegno ovvero sia assente, non potendone essere dimostrata l'esistenza in vita? Secondo il parere dominante l'eredità si devolverebbe, analogamente a quanto già riferito, agli eredi dell'istituito, salvi gli effetti dell'accrescimento, della sostituzione ordinaria e della rappresentazione in favore dei discendenti del sostituito nota9. E' stato tuttavia osservato come nè la sostituzione nè l'accrescimento possano operare nota10. Quanto al primo istituto sarebbe posto fuori gioco dalle stesse finalità assistenziali della sostituzione fedecommissaria. Non avrebbe infatti senso sostituire al sostituito, gravato dagli obblighi di cura e di assistenza dell'incapace, altro soggetto non analogamente obbligato nota11. Quanto poi alla concorrente designazione di più soggetti tutti parimenti onerati dell'obbligo predetto, soggetti in favore dei quali fosse stata disposto l'accrescimento reciproco, si è invece fatto notare come il III comma dell'art. 692 cod.civ. apri disponga secondo un differente criterio. Nell'ipotesi di designazione di più soggetti infatti "i beni vengono attribuiti proporzionalmente al tempo durante il quale gli stessi hanno avuto cura dell'interdetto" nota12.

Note

nota1

Caramazza, Delle successioni testamentarie (Artt.587-712), in Comm.teorico-pratico al cod.civ., diretto da De Martino, Novara-Roma, 1982, p.543.
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nota2

Ciò anche dopo l'abrogazione dell'ultimo comma dell'art.693 cod.civ. ad opera della legge di riforma del diritto di famiglia del 1975. La norma infatti prevedeva la possibilità di far luogo alla nomina di un amministratore giudiziario nell'ipotesi di violazione degli obblighi di amministrazione dei beni fedecommessi da parte dell'istituito. E' stato tuttavia rilevato (Capozzi, Successioni e donazioni , Milano, 2002, p.581) come ancor oggi una protezione per il sostituito scaturisca sia dall'indispensabile sindacato dell'autorità giudiziaria alla quale venga richiesta l'autorizzazione per la vendita del bene ex art. 694 cod.civ. , sia dal fatto stesso della cura e dell'amministrazione affidata all'ufficio tutelare.
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nota3

Amato-Marinaro, La nuova sostituzione fedecommissaria, Napoli, 1979, p.88.
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nota4

Così Talamanca, Successioni testamentarie. Della revocazione delle disposizioni testamentarie. Delle sostituzioni. Degli esecutori testamentari (Arttt. 679-712), in Comm.cod.civ., diretto da Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1965, p.390
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nota5

Gli effetti di questi atti resterebbero cioè sospesi fino al momento in ci si verifichi la delazione a favore del sostituito: cfr. Caramazza, op.cit., p.543, Barbero, Sistema istituzionale di diritto privato, Torino, 1993, p.1156.
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nota6

E' inoltre in relazione al de cuius che rilevano eventuali cause di incapacità o di indegnità a succedere tanto per il soggetto istituito quanto per il sostituito: Caramazza, op.cit., p.529.
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nota7

Così Talamanca, Aggiornamento sulla base della riforma del diritto di famiglia, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1975, p.387 e Capozzi, op.cit., p.582, secondo iquali invece non si tratterebbe semplicemente di una vicenda di avvicendamento cronologico. Gli AA. traggono argomento dal modo di disporre di cui al II comma dell'art. 696 cod.civ., ai sensi del quale nel caso di premorienza del sostituito, la ulteriore devoluzione interviene in favore degli eredi legittimi dell'istituito. Ciò scolpirebbe l'essenzialità del momento di determinazione dei soggetti beneficiari del lascito. La qualità in capo al sostituito di "successore dell'istituito" sarebbe palesata dal fatto che il primo acquisterebbe il lascito nella consistenza in cui lo lascia l'istituito con la propria attività di amministrazione. Invero tutti questi argomenti non pare apportino elementi utili ai fini della qualificazione del sostituito in chiave di successore (inteso come avente causa) dell'istituito. La dinamica evidenzia piuttosto il funzionamento del meccanismo condizionale proprio della sostituzione, con tutto quanto segue in relazione alla necessaria irretroattività degli atti di amministrazione.
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nota8

Benedetti, in Comm. alla riforma del dir. di fam., vol.I, Padova, 1977, p.899; Bernardi, La sostituzione fedecommissaria, in Le successioni testamentarie (cod.civ.624-712), a cura di Bianca, in Giur. sist.civ. e comm., Torino, 1983, p.415.
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nota9

Talamanca, Successioni testamentarie, cit., p.387 e Capozzi, op.cit., p.584.
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nota10

Caramazza, op.cit., p.544.
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nota11

Terzi, Sostituzione semplice e sostituzione fedecommissaria, in Successioni e donazioni, a cura di Rescigno, vol.I, Padova, 1994, p.1172.
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nota12

Caramazza, op.cit., p.545.
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Bibliografia

  • AMATO-MARINARO, La nuova sostituzione fedecommissaria, Napoli, 1979
  • BARBERO, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, Torino, 1993
  • BENEDETTI, Padova, Comm. alla riforma del diritto di famiglia, I, 1977
  • BERNARDI, La sostituzione fedecommissaria, Torino, Giur. sist. di dir. civ. e comm., 1983
  • CARAMAZZA, Delle successioni testamentarie, Novara-Roma, Comm. teor.-prat. cod.civ. dir. De Martino, 1982
  • TALAMANCA, Aggionamento sulla base della legge di riforma del diritto di famiglia, Bologna-Roma, Comm. cod.civ., 1976
  • TALAMANCA, Successioni testamentarie, Bologna - Roma, Comm.cod.civ. a cura di Scialoja e Branca, 1978
  • TERZI, Sostituzione semplice e sostituzione fedecommissaria, Padova, Succ. e Donaz., I, 1994

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