La petizione di eredità: nozione e fondamento



L'art. 533 cod.civ. prescrive che "l'erede può chiedere il riconoscimento della sua qualità ereditaria contro chiunque possiede tutti o parte dei beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, allo scopo di ottenere la restituzione dei beni medesimi". Si tratta del rimedio della petitio hereditatis che affonda le proprie radici nel diritto romano e che, passato nel diritto intermedio, è giunto fino all'epoca delle codificazioni nota1. L'attuale codice ha dedicato all'istituto una disciplina organica, introducendo addirittura l'intero capo IX del titolo I del libro II.

La petizione d'eredità possiede il fondamentale carattere di essere propria dell'erede, non derivando a costui per effetto del fenomeno successorio, cioè quale derivazione di un diritto già sussistente in capo al de cuius. Si dice significativamente che si tratta di un'azione "nuova", ove la novità consiste appunto nel sorgere dell'azione a titolo originario in capo all'erede. La ratio è facilmente intuibile: alla morte di un soggetto è elevato il rischio della dispersione o della sottrazione dei suoi beni, con la conseguente possibilità dell'insorgenza di situazioni possessorie in capo a terzi nei confronti dei quali più non sia possibile agire, stante i brevi termini prescrizionali dettati in materia nota2.

Si è soliti riferire inoltre dell'azione in parola come universale, assoluta, reale e di condanna. La causa petendi consiste nel titolo ereditario dell'attore, il petitum nella restituzione dei beni ereditari. Sotto il profilo dell'universalità dell'azione, giova osservare che l'erede che agisce in petitio aspira al riconoscimento del proprio titolo d'erede e non semplicemente a che sia proclamata la titolarità su di un singolo bene. Il recupero di quest'ultimo o della quota ereditaria non è che la conseguenza dell'affermazione del titolo ereditario, dell' universum ius defuncti nota3. Ciò incide, come si chiarirà nella sede opportuna, sull'onere probatorio dell'attore (Cass.Civ. Sez. II, 2211/79). Quanto al preteso carattere di assolutezza della petitio, l'espressione è significativa (invero inappropriatamente, data la portata etimologica di absolutus come di sciolto, libero da vincoli) del fatto che essa può essere esercitata contro "chiunque possiede tutti o parte dei beni ereditari a titolo di erede o senza alcun titolo" (art. 533 cod.civ.) nota4. La natura reale della petizione d'eredità discende invece dal fatto che l'erede esercita l'azione direttamente sul bene, sia che esso sia costituito da un unico cespite, sia che venga in esame l'intero asse ereditario. Ciò tuttavia sulla scorta base del riconoscimento della qualità ereditaria in capo all'attore nota5 . La petitio è infine un'azione di condanna: il fine ultimo è infatti quello di recuperare beni ereditari che siano nel possesso altrui, indipendentemente dal titolo. L'accertamento del titolo ereditario non è fine a sé stesso, ma è funzionale ad apprendere i beni dell'asse che siano nella disponibilità di altri nota6. Non viene in considerazione il rimedio in parola ogniqualvolta venga domandata semplicemente l'accertamento della qualità ereditaria in contestazione senza che venga richiesta la restituzione di alcun bene. Ad esempio non risulta praticabile il rimedio allo scopo di attrarre all'asse una somma di denaro portata da un assegno bancario che il de cuius aveva tratto poco prima della morte senza apparente titolo giustificativo (Cass. Civ., Sez. II, 3181/11). In concreto la differenza tra le due azioni può non essere così perspicua. Sotto questo profilo l'azione di petizione possiede costantemente una portata recuperatoria, laddove l'azione di accertamento della qualità ereditaria può al più essere affiancata da una domanda accessoria di condanna, tuttavia avente un oggetto diverso da quello della restituzione dei beni ereditari (es.: domanda di rendiconto della gestione e della corresponsione dei frutti: cfr. Cass. Civ., Sez. II, 2148/2014).

Note

nota1

Nè il Code Napoleon, nè il codice civile del 1865 contemplavano l'azione. Il codice previgente ne faceva menzione indiretta nell'art. 44 .
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nota2

Prestipino, Delle successioni in generale, in Comm.teorico-pratico al cod.civ., diretto da De Martino, Novara-Roma, 1981, p.519; Ferri, Successioni in generale, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1980, p.195.
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nota3

Cariota-Ferrara, Le successioni per causa di morte, Napoli, 1977, p.139; Giannattasio, Delle successioni, in Comm.cod.civ., Libro II, Torino, 1980, p.239.
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nota4

Palazzo, Le successioni, in Tratt.dir.priv., a cura di Iudica-Zatti, Milano, 2000, p.425.
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nota5

Capozzi, Successioni e donazioni, t.1, Milano, 2002, p.242.
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nota6

Sottolinea il carattere di azione di condanna proprio della petitio hereditatis Conti, La petizione di eredità, in Tratt. dir.priv., diretto da Rescigno, Torino, 1984, p.229, per il quale l'accertamento dell'acquisto ereditario sarebbe solo la premessa all'ordine di restituzione in favore dell'erede.
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Bibliografia

  • CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2002
  • CARIOTA FERRARA, Le successioni per causa di morte, Parte generale, Napoli, 1977
  • CONTI, La petizione di eredità, Torino, Tratt. dir. priv. dir. da Rescigno, 1984
  • FERRI, Successioni in generale. Art.456 - 511, Bologna Roma, Comm.cod.civ. Scialoja Branca, 1980
  • GIANATTASIO, Delle successioni testamentarie, Torino, Comm.cod.civ., II, 1980
  • PALAZZO, Le successioni, Milano, Tratt.dir.priv. cura Iudica e Zatti , II, 2000
  • PRESTIPINO, Delle successioni in generale, Novara-Roma, Comm.cod.civ., dir. da De Martino, 1981

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