La multiproprietà immobiliare: natura giuridica, schemi proposti



Nel tempo antecedente l'emanazione della specifica normativa di cui meglio si dirà, gli istituti utilizzati per qualificare la multiproprietà immobiliare si risolvevano nel riferimento alla comunione-condominio o direttamente al diritto di proprietà, concepita da taluno come temporanea e turnaria, da altri come diritto avente ad oggetto un bene inteso in maniera particolare nota1.
Il quadro può dirsi notevolmente mutato in esito all'entrata in vigore del Codice del consumo (D.Lgs. 206 del 2005) il cui capo I del titolo IV è stato novellato dal Codice del turismo (D. Lgs. 79 del 2011). La definizione del diritto attribuito al consumatore dall'art. 69 infatti, all'esito delle modificazioni introdotte nel 2011, fa menzione semplicemente ad una situazione soggettiva che assicura per una durata superiore ad un anno il godimento su uno o più alloggi per il pernottamento per più di un periodo di occupazione.
Non si può più riferire della multiproprietà come di un diritto necessariamente collocabile nell'ambito dei diritti reali, bensì di una sorta di "prodotto" che, nell'ambito dei contratti turistici destinati al consumatore, può attribuire diritti variamente ambientabili nel novero dei diritti reali, dei diritti personali di godimento ovvero ancora riconducibili ad altri scenari (ad esempio collegati variamente all'acquiszione di partecipazioni societarie).

Ciò premesso, è il caso comunque di verificare quale possa essere la configurazione del diritto del multiproprietario ogniqualvolta il contratto sia inteso a garantire a costui una posizione qualificata dalla realità.
Il relativo dibattito sul tema è datato. V'è in dottrina chi ha considerato in via preliminare che la nozione di bene non è connessa unicamente alla dimensione spaziale, bensì anche a quella temporale, la quale, lungi dall'incidere sul mero contenuto del diritto, ne segnerebbe l'oggetto stesso. Immaginando l'andamento della scansione temporale come un susseguirsi di cicli circolari (di durata annuale) è allora possibile configurare la coesistenza di una pluralità di diritti coesistenti sullo stesso bene, ciascuno temporalmente limitato ma, allo stesso tempo, perpetuo nota2. Il problema diviene allora quello dell'atto di individuazione del bene, onde consentire la formulazione di una disciplina finalizzata alla circolazione ed al trasferimento del diritto: in questo senso l'individuazione stessa determinerebbe l'insorgenza di un bene nuovo dal punto di vista giuridico.

Si è sostenuto da altri che la multiproprietà è riconducibile alla proprietà temporanea nota3. Il principio di autonomia negoziale consentirebbe la creazione di figure di proprietà temporanea, conoscendo già l'ordinamento rilevanti forme di limitazione della proprietà, quali l'usufrutto e l'enfiteusi. E' appena il caso di considerare che la proprietà temporanea, concepita in tal modo, verrebbe sostanzialmente a dar vita ad un nuovo diritto reale, contrastando con i principi di tipicità e del numerus clausus nota4, problema che viene affrontato esaminando la categoria dei diritti reali parziari in generale. Sembrano convincenti le osservazioni svolte in merito da chi ha rilevato, nel corso dell'analisi delle ipotesi riconducibili alla proprietà temporanea, che le stesse si caratterizzano per la presenza di un termine iniziale e di un termine finale e da una clausola che prescrive questa limitazione temporale del diritto nota5. La multiproprietà si atteggia invece quale diritto perpetuo, ancorchè ciclico e turnario: donde la non assimilabilità con le ipotesi di proprietà temporanea.
Decisiva è infine l'osservazione in base alla quale non può dirsi che il diritto sia del tutto quiescente al di fuori del turno assegnato al singolo, dal momento che, pur essendo escluse le facoltà di godimento, sarebbero pur sempre presenti quelle di disposizione. Rimane così la qualificazione del fenomeno forse più "banale", ma anche più aderente a schemi noti: la multiproprietà quale comunione sulla singola unità e condominio con riferimento alle parti comuni, configurazione alla quale corrisponde, nella pratica, l'adozione di un regolamento di condominio ed uno relativo alla comunione nota6. Merita attenzione il fatto che questa interpretazione del fenomeno è l'unica che risulta essere, sia pure nel passato, esplicitamente recepita in giurisprudenza.

La scelta tra le varie ipotesi proposte deve confrontarsi con gli aspetti problematici che sorgono dall'accostamento del fenomeno alla normativa positiva riguardante il vincolo di indivisibilità perpetua e la vincolatività di esso per gli aventi causa dai titolari, il regime di amministrazione dei beni comuni e delle parti comuni, gli effetti della rinunzia del diritto da parte di un multiproprietario, la possibilità di costituire diritti reali parziari e di garanzia sulla singola quota. L'art. 1111 cod.civ. prevede la regola generale della possibilità per ogni singolo partecipante di chiedere in ogni tempo lo scioglimento della comunione. La norma è limitatamente derogabile dai privati poichè, ai sensi del II comma "il patto di rimanere in comunione per un tempo non maggiore di dieci anni è valido ed ha effetto anche per gli aventi causa dai partecipanti" ed è prevista la riduzione automatica a dieci anni del termine di più ampia durata eventualmente pattuito. L'articolo successivo tuttavia dispone che non possa esser richiesto lo scioglimento della comunione "quando si tratta di cose che, se divise, cesserebbero di servire all'uso a cui sono destinate". Secondo l'interpretazione del tutto prevalente nota7, l'indivisibilità della cosa comune attiene ad un dato intrinseco, oggettivo e come tale riguarderebbe soltanto due categorie di beni:
  1. cose personalmente utili soltanto ai comunisti (es.:registri familiari);
  2. cose permanentemente ed essenzialmente poste a servizio di altre cose comuni (con buona approssimazione assimilabili agli enti necessariamente comuni nel condominio). La permanenza del regime multiproprietario di ciascuna unità abitativa deve confrontarsi con le conseguenze di queste prescrizioni.Indubbiamente l'appartamento in godimento turnario non costituisce un'entità indivisibile dal punto di vista oggettivo. In pratica nell'atto di acquisto dell'unità immobiliare e nei regolamenti sono contenuti il riferimento all'obbligo dell'acquirente di rispettare la condizione di indivisibilità perpetua e di farla rispettare anche ai propri aventi causa, nonchè il rinvio all'art. 1112 cod.civ. quale fonte di dette prescrizioni.

In primo luogo non si può fare a meno di rilevare la contraddittorietà tra la previsione dell'obbligo pattizio imposto all'acquirente di far rispettare la condizione di indivisibilità del bene agli aventi causa (dunque a riprodurre la clausola nel successivo atto di disposizione) ed il rinvio all'indivisibilità di cui all'art. 1112 cod.civ.. Che bisogno vi sarebbe di riprodurre il patto di non divisione se il bene non è ex se soggetto a divisione? Se la cosa non è divisibile, non si vede come il terzo subacquirente potrebbe pretendere lo scioglimento della comunione. In realtà si tratta di una cautela più che giustificata: si desidera con ogni mezzo assicurare l'inscindibilità del bene, esigenza nella fattispecie tanto essenziale quanto scarsamente assicurabile con certezza. Secondo la prassi riferita, l'art. 1112 cod.civ. verrebbe infatti interpretato in modo del tutto divergente dall'usuale, essendo strumentalmente richiamato per sancire un'indivisibilità meramente soggettiva, attinente al modo in cui il bene è stato inteso dalle parti.

V'è chi si è acutamente cimentato nella giustificazione teorica di questa tesi, richiamando l'art. 1316 cod.civ. e suggerendo la possibilità che, analogamente, l'art. 1112 cod.civ. , possa riguardare anche l'indivisibilità "per il modo in cui (il diritto) è stato considerato dalle parti contraenti" nota8 (art. 1316 cod.civ.). L'operazione non pare ammissibile nota9. L'art. 1316 cod.civ. espressamente menziona, accanto ad un'indivisibilità oggettiva dell'obbligazione, un' indivisibilità soggettiva, voluta dalle parti, laddove invece l'art. 1112 cod.civ. parla di cose che, se divise, perderebbero irrimediabilmente l'attitudine a fornire l'utilità che è ad esse propria. Non si tratta di una lacuna casuale: la prima norma riguarda il rapporto obbligatorio, regola interna ai contraenti, la seconda attiene al modo di essere di un diritto reale, regola rilevante anche all'esterno. Applicare la regola della rilevanza soggettiva propria dell'obbligazione al diritto reale equivarrebbe a stravolgerlo, connotandolo degli aspetti peculiari dei rapporti relativi. In definitiva il problema è sempre quello connesso alla necessaria connotazione reale del diritto del multiproprietario ed all'impossibilità di collocare la figura nell'ambito di quelle tipiche.

Queste considerazioni ovviamente devono cedere il passo alla conformazione della figura di cui si è fatto cenno all'esordio, quale scaturisce dall'esame dell'art. 69 del Codice del consumo. Attualmente infatti il diritto assicurato al consumatore ben può assumere una configurazione differente da quella reale, ben potendo essere collocabile nel novero dei diritti relativi. E' pertanto immaginabile che la prassi contrattuale dia vita a figure ibride, rispetto alle quali caso mai ci si sarebbe potuti interrogare circa l'opportunità di utilizzare un termine, come quello di "multiproprietà", evocativo, quantomeno per i non addetti ai lavori, della figura precipua tra i diritti reali, vale a dire della proprietà.

Note

nota1

A sostegno delle varie teorie si confrontino: Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, pp.271 e ss; Alpa-Iasello, La multiproprietà, Padova, 1993; Petrone, Multiproprietà. Individuazione dell'oggetto e schemi reali tipici, Milano, 1985; Calliano, La proprietà in generale. La multiproprietà, in Tratt.dir.priv., diretto da Rescigno, Torino, 1982, p.236 e ss; Caselli, La multiproprietà, Milano, 1984; Pelosi, La multiproprietà tra comunione e proprietà temporanea, in Riv. dir. civ., 1983, II; Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.474.
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nota2

V. Confortini, La multiproprietà, Padova, 1983.
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nota3

Cfr. Allara, La proprietà temporanea, in Il circolo giuridico, 1930; Barbero, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, vol.I, Torino, 1962; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, vol.II, Milano, 1965; Natoli, La proprietà, I, Milano, 1965.
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nota4

Di tale opinione è Granelli, Le cosiddette vendite in multiproprietà, in Riv. dir. civ., 1979, II, p.699.
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nota5

Si veda p.es. Allara, Le nozioni fondamentali del diritto civile, Torino, 1958, p.620.
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nota6

Cfr. Branca, Comunione- Condominio di edifici, in Commentario del cod. civ., Bologna-Roma, 1972; Granelli, op.cit., p.689.
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nota7

Fedele, La comunione, in Tratt.dir.civ., Milano, 1967, p.360.
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nota8

Benacchio, Comunione e Condominio, in Collana di studi notarili, Torino, 1976, p.76.
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nota9

Anche il Sangiorgi è dell'opinione che l'indivisibilità perpetua non possa essere stabilita dalle parti (Sangiorgi, Multiproprietà immobiliare, Napoli, 1983, p.27).
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Bibliografia

  • ALLARA, La proprietà temporanea, Palermo, Il circolo giuridico palermitano, 1930
  • ALLARA, Le nozioni fondamentali del diritto civile, Torino, I, 1958
  • ALPA - IASELLO, La multiproprietà, Padova, 1993
  • BENACCHIO, Comunione e condominio, Torino, 1976
  • BRANCA, Comunione - Condominio di edifici, Bologna-Roma, Commentario del cod. civ, 1972
  • CALLIANO, La proprietà in generale. La multiproprietà, Torino, Trattato di diritto privato, 1982
  • CASELLI, La multiproprietà, Milano, 1984
  • CONFORTINI, La multiproprietà, Padova, 1983
  • FEDELE, La comunione, Milano, Tratt.dir.civ. Grosso e Passarelli, 1967
  • GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006
  • GRANELLI, Le cosiddette vendite in multiproprietà, Riv.dir.civ., II, 1979
  • LEZZA E SELVAROLO, Un modello di proprietà: la multiproprietà, Riv.giur.edil., 1977
  • NATOLI, La proprietà, Milano, I, 1965
  • PELOSI, La multiproprietà tra comunione e proprietà temporanea, Riv. dir. civ., II, 1983
  • PETRONE, Multiproprietà. Individuazione dell’oggetto e schemi reali tipici, Milano, 1985
  • SANGIORGI, Multiproprietà immobiliare, Napoli, 1983


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