La cosa giudicata sostanziale



Un assai rilevante effetto del decorso del tempo è la formazione del giudicato sostanziale.

Con la locuzione "cosa giudicata" o giudicato, si allude all'indiscutibilità dell'esito di una determinata questione controversa che ha formato oggetto di un giudizio tra soggetti determinati. Questa non ulteriore contestabilità della questione può scaturire o da una decadenza rispetto ad una pur possibile impugnazione, che in concreto non sia stata proposta nei termini di legge (ed allora essa si palesa legata al decorso del tempo), oppure anche dalla impossibilità di attivare ulteriori mezzi di gravame, in esito all'esperimento di tutte le impugnative ammesse dall'ordinamentonota1 .

Danno vita a res iudicata le sentenze non più soggette a regolamento di competenza né ad impugnazione (art. 324 cod.proc.civ., da non confondersi con le sentenze dette definitive ai sensi dell'art. 278 cod.proc.civ., comma II°, in quanto, decidendo interamente il merito della domanda giudiziale o una questione di competenza o altra pregiudiziale, definiscono il giudizio, contrapponendosi alle sentenze c.d. parziali di cui agli artt. 277 e 279 cod.proc.civ., le quali decidono di alcune questioni soltanto, senza definire il giudizio che dovrà quindi proseguire dinanzi allo stesso organo giudiziario, impugnabili tanto separatamente quanto unitamente alla sentenza «definitiva»: art. 340 cod.proc.civ.).

Svolte queste premesse, occorre brevemente fare cenno degli effetti del giudicato.

Ai sensi dell'art. 2909 cod.civ., l'accertamento contenuto nella pronunzia passata in cosa giudicata, fa stato ad ogni effetto fra le parti, i loro eredi o aventi causa: si tratta dei cosiddetti limiti soggettivi del giudicato nota2. A questi si affiancano ulteriori limitazioni, di carattere oggettivo. Si dice a questo proposito che la cosa giudicata copre il dedotto e il deducibile: vale a dire che riguarda tutto quello che, in linea di fatto o di diritto, ancorché erroneamente, ha realmente influito o poteva influire, nella decisione della vertenza. Rimangono esclusi solo quei fatti la cui mancata deduzione è avvenuta in tali circostanze da fondare l'azione di revocazione della sentenzanota3 .

L'identità fra due azioni si stabilisce in base all'identità dei soggetti, dell'oggetto, cioè del petitum, nonché del titolo, la c.d. causa petendi. Questa precisazione è di fondamentale importanza: non risulta infatti proponibile la stessa azione se la prima è sfociata nel giudicatonota4 .

Note

nota1

Cfr.Pugliese, voce Giudicato, in Enc.dir., vol.XVIII, 1969, p.785 e ss.
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nota2

Vocino, Cosa giudicata e suoi limiti soggettivi, in Riv.trim.dir. e proc.civ., 1971, p.481.
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nota3

In questo senso Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.167.
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nota4

L'improponibilità della seconda domanda è dunque preclusa in quanto si è soliti ravvisare in essa gli estremi oggettivi di identificazione con la precedente azione già conclusasi: si veda Chiovenda, Istituzioni di dir.processuale, 1935, p.351 e Consolo, Il cumulo condizionale di domande, Padova, 1985, p.157.
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Bibliografia

  • CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale, 1935
  • CONSOLO, Il cumulo condizionale di domande, Padova, 1985
  • PUGLIESE, Giudicato, Enc.dir., XVIII, 1969
  • VOCINO, Cosa giudicata e suoi limiti soggettivi, Riv.trim.dir. e proc.civ., 1971

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