L'azione diretta a far dichiarare l'indegnità



L'esito della ricognizione circa la natura giuridica dell'azione volta a far valere l'indegnità (art.463 cod. civ. ) di un successibile è strettamente dipendente dalla configurazione degli effetti del fenomeno. Accogliendo la prevalente opinione secondo la quale la delazione in favore dell'indegno è comunque immediatamente operativa al tempo dell'apertura della successione, è giocoforza attribuire natura costitutiva alla relativa pronunzia. Soltanto se i soggetti interessati assumeranno l'iniziativa di adire le vie del giudizio sarà possibile eliminare gli effetti dell'acquisto dell'eredità da parte dell'indegno.

Discussa è la necessità o meno che tutti i chiamati in subordine debbano intervenire nel giudizio. Dal punto di vista logico la necessità del litisconsorzio è stata sostenuta sulla scorta dell'incompatibilità tra la ricognizione di una situazione qualificabile in chiave di indegnità e mantenimento pro quota da parte dell'indegno dell'attribuzione mortis causa nota1. Qualora infatti si accedesse alla tesi secondo la quale, una volta riconosciuta l'indegnità, il soggetto fosse tenuto a restituire soltanto la porzione d'eredità spettante a coloro che hanno agito, l'indegno verrebbe comunque ad essere attributario di diritti successori nota2. Sulla scorta di siffatte argomentazioni è stata sostenuta la necessità del litisconsorzio (Cass. Civ. Sez. II, 4533/86 ; Cass. Civ. Sez. II, 1860/73 ; si vedano pure, in tema rispettivamente di azione volta a far dichiarare l'incapacità naturale del testatore e di petitio hereditatis Cass. Civ. Sez. II, 3339/80 e Cass. Civ. Sez. II, 1608/75 ). In senso contrario è stato tuttavia obiettato che gli effetti dell'indegnità, una volta dichiarata nota3, sarebbero automaticamente operativi. Non sarebbe necessario ipotizzare la partecipazione di tutti gli interessati al relativo giudizio. Per questa via è possibile ritenere che, accertata la sussistenza dell'indegnità, l'indegno sia comunque privato di qualsiasi diritto successorio. L'attribuzione dei diritti, già facenti capo al de cuius, ai chiamati in subordine ben potrebbe avvenire in base alle norme ordinariamente applicabili. Il tutto con una precisazione. Mentre per coloro che avessero svolto l'azione, quest'ultima varrebbe anche quale accettazione tacita d'eredità (art.476 cod.civ.), per chi non avesse preso parte al giudizio si paleserebbe indispensabile, al fine di adire l'eredità, porre in essere una qualsivoglia attività qualificabile in chiave di accettazione nota4. In difetto dovrà procedersi all'attribuzione delle attività secondo le norme proprie della sostituzione, della rappresentazione, dell'accrescimento, della successione ab intestato.

E' chiaro infine che il promuovimento dell'azione di indegnità nei confronti di un successibile postula che costui abbia compiuto un'attività intesa ad acquisire l'eredità nota5. Se l'indegno fosse rimasto inerte successivamente all'apertura della successione occorrerebbe fargli assegnare un termine sollecitandolo ai sensi dell'art. 481 cod.civ. . Qualora l'inerzia si prolungasse, in tal caso si verificherebbe comunque la decadenza.

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Note

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Coviello, Diritto successorio, Bari, 1962, p.180.
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Sembra questo l'esito interpretativo cui pervengono il Prestipino, Delle successioni in generale (Artt.456-535), in Comm. teorico-pratico al cod.civ., diretto da De Martino, Novara-Roma, 1981, p.120 ed il Salis, L'indegnità a succedere, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1957, p.940, a giudizio dei quali la quota non diverrà vacante, ma resterà all'indegno.
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Ciò potrebbe accadere, secondo un'opinione, anche incidentalmente ed in via di eccezione: Ferri, Disposizioni generali sulle successioni (Artt.456-511), in Comm. cod. civ., diretto da Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1997, pp.142 e 152. Contra D'Avanzo, Delle successioni, Parte generale, Firenze, 1941, p.51.
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Contra Salis, op.cit., p.941; Monosi, L'indegnità a succedere, in Successioni e donazioni a cura di Rescigno, vol.I, Padova, 1994, p.148, Azzariti, Le successioni e le donazioni. Libro II del Codice civile, Napoli, 1982, p.46, secondo i quali se l'esclusione dell'indegno e l'attribuzione della quota non venisse richiesta espressamente da taluno di coloro che se ne potrebbero avvantaggiare, la porzione rimarrebbe all'indegno. Questa soluzione, tuttavia, ripugna con l'intervenuta dichiarazione di indegnità, la quale non può certo sortire effetti relativi e variabili.
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nota5

Salis, op.cit., p.944.
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Bibliografia

  • AZZARITI, Le successioni e le donazioni: Libro secondo del Codice Civile, Padova, 1982
  • COVIELLO, Diritto successorio, Bari, 1962
  • D'AVANZO, Delle successioni, parte generale, Firenze, 1941
  • MONOSI, L' indegnità a succedere, Padova, Successioni e donazioni, I, 1994
  • PRESTIPINO, Delle successioni in generale, Novara-Roma, Comm.cod.civ., dir. da De Martino, 1981
  • SALIS, L' indegnità a succedere, Riv. trim. dir. e proc. civ., 1957

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