IV - Questioni in tema di conversione del capitale sociale in euro


Massima

13 marzo 2001

Nelle società a responsabilità limitata con capitale di 100.000 euro la nomina del collegio sindacale non è obbligatoria.

La modifica del primo comma dell'art. 17 d.lgs. 213/1998 introdotta dall'art. 2 d.lgs. 206/1999 consente all'assemblea straordinaria di convertire il capitale in euro riducendolo in misura "non superiore al cinque per cento del relativo ammontare" anche in presenza di riserve.

In sede di conversione del capitale in euro - anche ove questa avvenga a cura degli amministratori - e comunque entro il termine ultimo di legge è necessario anche "convertire" in euro gli importi degli aumenti di capitale deliberati, non ancora sottoscritti o comunque ad esecuzione differita, e quelli relativi alle deleghe conferite ex art. 2443 cod. civ..

In relazione al problema del valore unitario minimo delle quote di s.r.l., tra le varie tesi proposte, appare più rispettosa del dettato legislativo e più idonea a prevenire inestricabili problemi futuri la tesi per la quale, dal 1° gennaio 2002, anche le società costituite con capitale in lire, poi convertito in euro, dovranno avere quote di un euro o suoi multipli.

Motivazione

Nomina del collegio sindacale nelle s.r.l.

Com'è noto, il d.lgs. 213/1998 non ha provveduto a modificare l'art. 2488 cod. civ., che, per le s.r.l., tuttora prevede (e continuerà a prevedere anche dopo il 1° gennaio 2002, se non interverranno modifiche) l'obbligo di nomina del collegio sindacale solo "se il capitale sociale non è inferiore a duecento milioni di lire".

Secondo quanto disposto dall'art. 4, comma 1, del citato d.lgs. gli importi in lire, e specificamente in migliaia di lire, contenuti in norme vigenti si convertono in euro utilizzando due cifre decimali.

Ne consegue che l'importo di L. 200.000.000 contenuto nell'art. 2488 cod. civ. si converte in 103.291,38 euro e che solo le società a responsabilità limitata il cui capitale "non sia inferiore" a detto importo sono tenute alla nomina del collegio sindacale.

Neppure con "un'interpretazione logica" delle norme è possibile giungere al risultato di equiparare le s.r.l. con un capitale di 100.000 euro alle s.p.a., in quanto l'art. 2488 cod. civ. è norma autonoma, che non opera tramite rinvio alla disciplina delle s.p.a., e non potendosi ritenere abrogate, neppure implicitamente, le norme recanti valori in lire non espressamente "ridenominate" in euro, ove proprio l'art. 4 sopracitato (nella nuova formulazione recata dal d.lgs. 206/1999) esprime il concetto della convertibilità automatica dei valori in lire.

Conversione in euro con riduzione del capitale sociale

Il primo comma dell'art. 17 d.lgs. 213/1998 consente alle società di avvalersi, "in alternativa" alla procedura semplificata di conversione prevista dal quinto comma dello stesso articolo, di quanto disposto dal sesto comma.

Tale rinvio ha una serie di conseguenze:
  • conferma la legittimità di procedimenti "alternativi" di conversione rispetto a quello puramente "matematico" disciplinato dai commi da uno a cinque del medesimo articolo;
  • in tali ipotesi, e sempre in forza della "alternatività" rispetto al quinto comma, implica il ritorno alle regole ordinarie per le modifiche statutarie e quindi la competenza esclusiva dell'assemblea straordinaria;
  • deroga in parte alle norme generali che si occupano delle variazioni del capitale; in particolare, stabilisce:

a) che una riduzione del capitale fino al 5 per cento del suo ammontare con accredito del relativo importo alla riserva legale si può attuare senza applicare l'art. 2445, comma 3 cod. civ. e senza i presupposti del primo comma dello stesso articolo, inquadrandosi comunque tra le modalità "tipiche" di conversione disciplinate dall'art. 17 che, secondo la Relazione al d.lgs. 213/1998, "configurano una fattispecie diversa rispetto a quelle canoniche disciplinate dall'art. 2445 cod. civ.";

b) che le riserve possono essere "movimentate" come previsto dai commi 2 e 4 (il riferimento risulta rilevante in particolare per quanto riguarda l'utilizzo della riserva legale).

La modifica legislativa importa superamento della massima del Tribunale di Milano per la quale l'arrotondamento "deve" avvenire per eccesso, fatta solo eccezione per il caso di mancanza o insufficienza delle riserve: l'arrotondamento avviene per difetto "automaticamente", sia per mancanza o insufficienza delle riserve che nel caso di troncamento quando il terzo decimale sia inferiore a 5, ma anche "volontariamente", nella fattispecie sopra considerata.

Conversione in euro del capitale sociale c.d. "autorizzato" o "condizionato"

Una volta convertito in euro il capitale sociale, è necessario intervenire anche sugli importi contenuti in tutte quelle delibere che possono successivamente determinare una variazione del capitale stesso (dalla semplice delibera di aumento fine a se stessa, a quella legata a fusioni, emissioni di obbligazioni convertibili ecc., fino alla delega ex art. 2443 cod. civ.).

È quindi necessario operarne la conversione, utilizzando il medesimo sistema usato col capitale e quindi, per le s.p.a., convertendo il valore nominale delle azioni emittende o "delegate", moltiplicandolo per il numero delle stesse e modificando conseguentemente l'importo massimo del capitale "delegato" o deliberato.

Nell'esecuzione della conversione collegata all'aumento di capitale a servizio del prestito obbligazionario è necessario verificare che le risultanze della conversione in euro delle azioni e della ridenominazione del prestito (che ha luogo con proprie regole, indipendentemente dalla deliberazione relativa alla conversione del capitale sociale) non importino violazione dell'art. 2436 cod. civ..

Valore unitario delle quote di s.r.l.

Il secondo comma dell'art. 4 d.lgs. 213/1998 infatti, modificando l'art. 2474 cod. civ. ed imponendo, come nuova unità di misura minima delle quote di s.r.l., un euro, non ha previsto, come per le s.p.a., che la nuova disposizione valga solo per le società di nuova costituzione.

D'altra parte, l'esistenza di s.r.l. con quote decimali crea problemi di coordinamento con la nuova normativa a regime in caso di aumento e di riduzione del capitale, di cessione delle quote e per l'esercizio del diritto di voto.

Le modalità di conversione in euro del capitale delle s.r.l. che sono state ipotizzate sono sostanzialmente tre:
  • conversione del capitale globale e successiva determinazione proporzionale delle singole quote;
  • conversione di ogni "unità di misura" da L. 1.000 e successiva conseguente determinazione del capitale globale e delle singole quote;
  • conversione delle singole quote (procedimento, quest'ultimo, di dubbia legittimità, potendo determinare l'applicazione di criteri di arrotondamento diversi alle singole quote).

Qualsiasi sia il metodo prescelto, analogamente a quello che avviene nelle s.p.a. è possibile che si determini, pur seguendo una procedura di conversione di per sé legittima, un risultato "rotto" sia della singola quota che del capitale nel suo complesso.

Secondo la tesi ritenuta preferibile bisogna, al contrario, che già in sede di conversione si raggiunga un risultato finale conforme al nuovo testo dell'art. 2474 cod. civ..

Tale risultato non è sempre ottenibile con delibera degli amministratori.

L'assemblea straordinaria, al contrario, può:

  • sempre avvalersi della procedura del sesto comma dell'art. 17 d.lgs. 213/1998 e, quindi, ridurre il capitale (magari attraverso la conversione di ogni L. 1.000 in 0,5 euro) in modo da eliminare decimali e centesimi;
  • col consenso di tutti i soci, adottare qualsiasi metodo di arrotondamento (aumento gratuito o a pagamento o riduzione, nei limiti del sesto comma dell'art. 17, della singola quota);
  • nei casi limite, imporre al socio con quota "rotta" il versamento di quanto necessario per raggiungere l'unità di euro, tenendo conto che: (i) non può che trattarsi di un importo minimo (sempre inferiore alle 1.936,27 lire); (ii) il nostro ordinamento ha già conosciuto il caso in cui ai soci è stato imposto un obbligo di versamento al fine di adeguare il capitale ai nuovi minimi di legge e, (iii) anche fattispecie in cui il singolo socio è tenuto ad integrare la propria quota per mantenere la propria posizione (ad esempio per realizzare il concambio da fusione) non sono ritenute illegittime.

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