Intestazione di un bene a nome altrui



Con il termine "intestazione di bene a nome altrui" ci si riferisce descrittivamente ad una serie di situazioni del tutto eterogenea. Si può trattare di ipotesi riconducibili all'interposizione fittizia (vale a dire alla simulazione), ovvero a quella reale (c.d. intestazione fiduciaria). Non è neppure escluso che vengano in considerazione fattispecie criminose, quali ad esempio il reato di intestazione fittizia di cui all'art.12 quinquies della l. 356/1992 (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 24405/2015).
Riservando la trattazione dell'interposizione simulata e fiduciaria ad altro ambito, limiteremo l'ambito dell'indagine a quello dell'acquisto di un bene in capo ad un figlio con i denari dei genitori.
Il caso paradigmatico è quello del papà e della mamma che procedono all'acquisto di un immobile, pagandone il prezzo, ma si possono dare innumerevoli varianti (si pensi alla cointestazione di buoni postali: cfr. Cass. Civ., Sez. II, 10991/13, oppure l'impiego del denaro ricavato quale prezzo dalla vendita dissimulante donazione allo scopo di estinguere il mutuo acceso proprio per pagare tale prezzo: CTR Lazio, Sez. II, 1142/2018). Su questa base si innestano diverse problematiche. Solitamente vengono in esame situazioni riconducibili a sistemazioni familiari intergenerazionali:

  1. il genitore si accorda con il figlio nel senso che l'immobile sarà goduto da esso genitore medesimo vita natural durante e che, nell'ipotesi in cui ve ne fosse bisogno, il ricavato dell'eventuale vendita profitterebbe sempre al genitore;
  2. il genitore intende che ogni utilità ritraibile dal bene profitti a vantaggio del figlio, senza nulla pretendere.

Nella prima eventualità si può giungere alla conclusione che vi sia tra genitore e figlio un accordo di natura fiduciaria. Che non si tratti di interposizione fittizia, ossia di simulazione, è dimostrato dall'inesistenza di un accordo trilatere, coinvolgente anche l'alienante nota1. Questi sarà di regola estraneo alla vicenda. Siamo di fronte ad un atto di investitura reale e ad un patto con il quale questa situazione viene variamente ristretta.

Nel secondo caso si avrà adempimento del terzo (art. 1180 cod.civ.), atto causalmente neutro. Poichè indubbiamente nell'esempio fatto non si darà surrogazione (art. 1201 cod.civ.), detto adempimento verrà a concretare una donazione indiretta in favore del figlio (cfr., in relazione ai profili fiscali, Cass. Civ. Sez. V, ord. 17424/2023). Dubbi sono sorti circa l'oggetto di essa: se cioè il medesimo consista nella somma di denaro occorrente per procedere all'acquisto oppure nell'immobile stesso (Cass. Civ. Sez. II, 1257/94) nota2. Le conseguenze sono ben diverse in sede di collazione (art. 737 cod.civ.), riunione fittizia (art. 556 cod.civ.) ed imputazione ex se (art. 564 cod.civ.). Talvolta ulteriori perplessità possono sorgere in relazione alla natura della negoziazione che presenti alcuni aspetti di affinità rispetto all'interposizione fiduciaria o reale. Si pensi al caso del padre che acquista con patto di riservato dominio un'azienda di ristorazione in capo alla figlia, tuttavia rimanendo nella gestione del ristorante (Cass. Civ., Sez. II, 3134/12). Cosa riferire dell'ipotesi in cui il padre provveda ad intestare al figlio la quota di una cooperativa edilizia che dia successivamente diritto all'assegnazione di un immobile? Secondo la S.C. anche in questa situazione, sostanzialmente riconducibile ad una donazione indiretta, ciò che conta è il bene ultimo oggetto della liberalità, vale a dire il bene concreto che sarà oggetto di assegnazione (Cass. Civ., Sez. II, 56/2014). Da notare come sia stato deciso, in relazione al pagamento operato dal coniuge del defunto con denari appartenenti alla comunione legale dei beni, nel senso della inoperatività della collazione (Cass. Civ., Sez. VI-II, 1506/2018).

Tornando all'intestazione di immobile a nome altrui, occorre rilevare che per lungo tempo ha prevalso l'opinione secondo la quale in siffatte ipotesi si fosse di fronte ad una donazione del denaro (Cass. Civ., 1255/73; cfr. anche Cass. Civ., Sez. VI-II, sent. n. 18541/2014 sia pure riferita ad ipotesi in cui il denaro elargito fosse stato impiegato soltanto successivamente per l'acquisto dell'immobile) nota3. Si sosteneva, in particolare, che il depauperamento del patrimonio del genitore avrebbe riguardato direttamente le liquidità versate da costui, dovendo l'acquisizione dell'immobile essere considerata soltanto un risultato economico indiretto, configurabile come impiego della somma ricevuta irrilevante ai fini dell'individuazione dell'oggetto della liberalità. Mettendo a fuoco piuttosto l'arricchimento del beneficato questo sarebbe stato individuato nel mancato esborso del denaro, non già nell'immobile in sé e per sé considerato. La discussione verteva più che altro sulla natura diretta o indiretta della donazione del denaro. Questa impostazione è stata assoggettata ad una stringente critica dalla giurisprudenza. La S.C. ha infatti successivamente rivisto in senso opposto la propria posizione (cfr. Cass. Civ., 6581/84; Cass. Civ., 596/89 nonchè Cass. Civ. Sez. Unite, 9282/92. In particolare si è deciso nel senso che, nella fattispecie, si configura una vera e propria donazione indiretta dell'immobile. (cfr., tuttavia, in senso contrario, nell'ipotesi in cui la somma di denaro sia soltanto una parte del prezzo, Cass. Civ., Sez. II, 2149/2014, nella quale però il tema dell'assenza della forma della donazione non viene nemmeno sfiorato).
La conseguenza del ragionamento condotto dalle SSUU (successivamente confermato: cfr. Cass. Civ., Sez. II, 13619/2017) è che, una volta apertasi la successione del donante, tale bene (vale a dire l'immobile e non il denaro) sarà oggetto di riunione fittizia, di collazione, di imputazione ex se. Tale decisione si fondò in primo luogo sull'impossibilità di configurare una valida donazione diretta del denaro, stante il difetto dei requisiti formali di cui all'art. 782 cod.civ. (non potendo evidentemente neppure parlarsi di donazione di modico valore ex art. 783 cod.civ.). Secondariamente non si sarebbe potuto neppure parlare di donazione indiretta del denaro: il beneficiario di essa che acquista l'immobile non assume infatti alcun impegno con il venditore, che tratta esclusivamente con il donante: se ne è desunta una sostanziale somiglianza tra la fattispecie e la dinamica relativa al contratto a favore di terzo avente ad oggetto l'immobile, il quale pertanto verrebbe a costituire l'oggetto della donazione. E' appena il caso di rilevare come questa impostazione renda salve le ragioni degli altri soggetti coeredi i quali verrebbero pregiudicati, qualora si reputasse che l'oggetto della donazione sia il denaro, dalla manifestazione del fenomeno inflattivo che ben può giungere a svuotare l'importanza economica di quanto il donatario deve conferire alla massa in sede di imputazione ex se o di collazione, stante il principio nominalistico nota4.

Da ultimo è stato affermato in giurisprudenza un orientamento assai elastico: quello che conta è lo scopo perseguito dal disponente e dal beneficiario. Se il fine è quello di permettere che quest'ultimo possa acquisire un bene determinato, la liberalità avrà ad oggetto propriamente il detto bene, indipendentemente dallo strumento giuridico utilizzato (erogazione del denaro nelle mani del beneficiario che successivamente provveda all'acquisto del bene dal terzo, stipulazione di preliminare di vendita a nome del disponente con erogazione di somme da parte di costui e successivo perfezionamento del contratto definitivo a nome del beneficiario, etc.). Soltanto se i denari venissero versati al beneficiario e l'acquisto del bene costituisse autonoma e distinta determinazione di quest'ultimo si potrà concludere propriamente nel senso che la liberalità abbia ad oggetto il denaro e non quanto con esso acquistato (Cass. Civ. Sez. II, 3642/04; cfr., complementarmente, anche Tribunale di Tivoli, 23 febbraio 2006 che fa espresso riferimento alla natura indiretta della donazione, tuttavia avente ad oggetto, nella fattispecie, l'immobile acquistato con il denaro erogato allo scopo). In questo senso si è deciso che, onde poter ritenere che l'oggetto della liberalità (indiretta) sia costituito dall'immobile, sarebbe necessaria o la corresponsione del denaro dal donante direttamente all'alienante o la previsione esplicita della destinazione della somma erogata (Cass. Civ., Sez.II, 26746/08).

Le costruzioni di cui sopra sono in ogni caso fortemente marcate dalla temperie economica e normativa entro le quali si inscrivono. E' bastato che mutasse tale quadro (dal punto di vista economico con l'attenuazione delle pressioni inflazionistiche e con il calo del mercato immobiliare evidenziatosi dopo la prima parte della prima decade degli anni 2000; da quello giuridico con l'adozione della normativa antiriciclaggio) perchè cambiassero anche le situazioni concretamente osservabili. Anche in considerazione della legislazione che ha imposto il tracciamento delle operazioni di pagamento (c.d. Legge "Bersani" 248/2006), i flussi economici che servono per provvedere alla corresponsione del prezzo di una vendita immobiliare sono attualmente ben visibili. Così i genitori provvederanno o a donare direttamente le somme di denaro che successivamente il figlio impiegherà per l'acquisto, oppure il pagamento verrà effettuato, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1180 cod. civ.. dal genitore direttamente nelle mani del venditore. Nel primo caso oggetto di collazione sarà la donazione diretta, nel secondo quella indiretta. In ogni caso oggetto della collazione sarà sempre e comunque il denaro e non il bene immobile con esso acquistato.

Il fenomeno in parola non è ovviamente limitato all'ambito degli acquisti immobiliari. Si pensi al caso di chi provveda a versare una somma di denaro su un conto corrente cointestato ad altro soggetto, con facoltà disgiunta di prelievo. Di per sè la fattispecie è neutra. Potrebbe trattarsi di fiducia: Tizio attribuisce a Caio la facoltà di provvedere ad effettuare pagamenti per acquistare beni nell'ambito di un incarico specifico. Tuttavia quando il cointestatario fosse abilitato a spendere o comunque prelevare i denari liberamente per le proprie esigenze, la vicenda non potrebbe non essere definita in chiave di donazione indiretta (Cass. Civ. Sez. II, 26983/08).

Talvolta l'intestazione di un bene a nome altrui assume una connotazione diversa da quella di cui si è fatto cenno, colorandosi di illiceità che travalica gli aspetti civilistici. Si pensi al passaggio di denaro dal genitore, sottoposto ad indagine penale, al figlio ed al conseguente impiego del denaro nell'acquisizione di assets societari o immobiliari (Cass. Pen., Sez. II, 15829/2014).

Note

nota1

Manca sia l'accordo simulatorio, sia la fittizietà: l'acquisto del bene da parte dell'intestatario ha luogo effettivamente (Messineo, Il contratto in genere, in Tratt.dir.civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, vol. XXI, t. 2, Milano, 1972, p. 543).
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nota2

Cfr. Torrente, In tema di acquisto di immobile a favore dell'erede con danaro del testatore, in Foro it., 1946, I, c.716; Carnevali, Le donazioni, in Tratt.dir.priv., diretto da Rescigno, vol.VI, Torino, 1982, p.449; Forchielli, voce Collazione, in Enc.giur.Treccani, p.6; Azzariti, Successioni a causa di morte e donazioni. Libro II del Codice civile, Napoli, 1982, p.771 e in giurisprudenza.
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nota3

Decisioni di questo segno avevano suscitato aspre critiche presso tutta la dottrina (in particolare si veda Di Mauro, Ancora sull'individuazione dell'oggetto della liberalità ai fini della riunione fittizia, dell'imputazione ex se e della collazione in alcune fattispecie particolari, in Giust.civ., 1991, I, p.2981) che ha rilevato la difficoltà di sostenere l'affinità della fattispecie rispetto a quella attinente al contratto a favore di terzo. In quest'ultima il terzo si limita a ricevere gli effetti a lui favorevoli del rapporto contrattuale, mentre nella negoziazione in cui il figlio si intesta il bene pagato dal padre, il primo interviene in atto quale parte sostanziale. Si è così riaffermato (Mengoni, Successione per causa di morte. Parte speciale: successione necessaria, in Tratt.dir.civ. e comm. diretto da Cicu-Messineo e continuato da Mengoni, vol.XLIII, t.2, Milano, 2000, p.205 nota 92) che oggetto della donazione (indiretta) non può che essere il denaro, in quanto unico bene uscito dal patrimonio del donante. Questa conclusione è coerente con le finalità della collazione (far rientrare nel patrimonio del donante il bene effettivamente uscito) e con la funzionalità della riunione fittizia (ricostruire il patrimonio del de cuius).
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nota4

Bianca, Diritto civile, vol.II, Milano, 1985, p.660.
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Bibliografia

  • AZZARITI, Successioni a causa di morte e donazioni, Padova, 1982
  • BIANCA, Diritto civile, Milano, III, 1985
  • CARNEVALI, Le donazioni, Torino, Tratt.dir.priv. dir. Rescigno, VI, 1997
  • DI MAURO, L' individuazione dell' oggetto della liberalità ai fini, Giust. civ., II, 1993
  • MENGONI, Successione necessaria, 1992
  • MESSINEO, Il contratto in genere, Milano, Tratt.dir.civ.e comm.Cicu Messineo, XXI, 1972
  • TORRENTE, In tema di acquisto di immobile a favore dell' erede, Foro ital., I, 1946

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