L'art.
2036 cod.civ. prevede la figura dell'indebito soggettivo (ex latere solventis). La norma prescrive che colui che ha pagato un debito altrui, reputandosi il vero debitore in base ad un errore scusabile, può ripetere ciò che ha pagato, a condizione che il creditore non si sia privato in buona fede del titolo o delle garanzie del credito. A differenza di quanto si riscontra nell'ipotesi di indebito soggettivo
ex latere accipientis,
dal punto di vista del creditore che si vede pagare il debito, quest'ultimo esiste realmente nota1.Ecco perché, a differenza di quanto accade nel caso dell'indebito oggettivo e di quello soggettivo
ex latere accipientis, l'azione per la ripetizione è condizionata all'accertamento di
due requisiti concorrenti:- La scusabilità dell'errore di chi ha pagato;
- Il fatto che il creditore non si sia privato in buona fede del titolo o delle garanzie del credito. L'errore scusabile è fatto costitutivo del diritto ad ottenere la ripetizione e deve essere provato dal debitore nota2. Più dubbio è se incomba parimenti al debitore provare la eventuale mala fede del creditore nello spogliarsi del titolo o delle garanzie del credito nota3 .
Giova rilevare che la
buona o la mala fede del creditore deve essere riferita, come è evidenziato dal tenore letterale della disposizione,
alla perdita del titolo o delle garanzie del credito e non al fatto in sé considerato del pagamento eseguito dal solvens. Secondo un'opinione
nota4, al contrario, dovrebbe negarsi la buona fede del creditore quando costui avrebbe potuto rendersi conto che colui che provvedeva al pagamento riteneva erroneamente di adempiere ad un debito proprio, non volendo pagare il debito altrui. Questo significherebbe sottoporre la condotta del
solvens, relativamente all'elemento soggettivo di essa, ad un giudizio di
riconoscibilità dell'eventuale errore, che sarebbe così riferito al punto di vista del creditore. L'art.
2036 cod.civ. fa tuttavia menzione unicamente del requisito della
scusabilità dell'errore nota5, evocando un giudizio valutativo angolato dal solo punto di vista del solvens nota6 ("colui che ha pagato...credendosi debitore in base ad errore scusabile"). Non si può dire che l'errore è scusabile (in capo al
solvens) quando è riconoscibile (dall' accipiens). Vi sono errori scusabili e non riconoscibili ed inversamente errori riconoscibilissimi, ma assolutamente inescusabili: muta l'angolo visuale soggettivo della valutazione.
In ogni caso la riconoscibilità dell'errore è al di fuori dei requisiti di cui all'art.
2036 cod.civ. . Così non è sostenibile che il creditore debba restituire al debitore quanto pagato, soltanto perché l'errore in cui è caduto il debitore era, ancorchè inescusabile, comunque riconoscibile.
V'è addirittura chi ritiene
nota7 che la mala fede, intesa come consapevolezza del creditore che il
solvens paghi un debito che non fa capo al medesimo, sia intrinsecamente sussistente: se Tizio paga a Caio il debito che Sempronio ha verso Caio senza specificare che paga per Sempronio, anzi in un contesto in cui è chiaro che ritiene di pagare un debito proprio, il creditore Caio può anche immaginare che il
solvens si sia sbagliato.
La mala fede del creditore intesa come consapevolezza dell'errore del
solvens non già rileva ai fini di rendere possibile la ripetizione bensì, ai sensi del II comma dell'art.
2036 cod.civ. , ai fini della quantificazione dell'obbligo di rimborso.
La norma infatti prevede che colui che ha ricevuto l'indebito è anche tenuto alla restituzione dei frutti e degli interessi dal giorno del pagamento se era in mala fede, ovvero dal giorno della domanda se era in buona fede. Secondo la giurisprudenza si può in questo caso fare applicazione della presunzione di buona fede di cui all'art.
1147 cod.civ. (Cass.Civ. Sez.III,
1025/82 ).
Che cosa significa ciò?
Invero il tenore letterale della disposizione di cui all'art.
2036 cod.civ. è illuminante: lo stato soggettivo di buona o mala fede qui è sicuramente riferito alla consapevolezza o meno nell' accipiens del fatto che il
solvens si rendesse conto o meno di pagare un debito che non gli faceva capo, in quanto convinto di adempiere un debito proprio. Tuttavia, come è evidente, l'insorgenza dell'obbligazione di restituire l'indebito è del tutto indipendente dalla buona o mala fede (così intesa) dell'
accipiens, proprio perché la nascita di essa dipende esclusivamente dai requisiti posti dal I comma dell'art.
2036 cod.civ. , vale a dire dalla scusabilità dell'errore del
solvens e dal non essersi l' accipiens medesimo spogliato in buona fede del titolo o delle garanzie del credito.
Rimane da domandarsi se possa da un lato ipotizzarsi la buona fede del creditore nell'essersi privato del titolo o delle garanzie del credito e dall'altro la parallela mala fede del creditore stesso, intesa come consapevolezza che il solvens non si rendesse conto di pagare un debito altrui.In definitiva si tratta di verificare in che cosa esattamente consista la buona fede di cui al I comma dell'articolo in esame.
Essa deve probabilmente ravvisarsi nella convinzione del fatto che, nonostante la possibile consapevolezza che chi adempie paghi un debito altrui anche senza volerlo, ciò determini comunque l'estinzione del debito senza che questa situazione possa determinare la parallela insorgenza dell'obbligazione di ripetizione di cui all'art. 2036 cod.civ. nota8.
In altri termini, la mala fede dovrebbe ravvisarsi nell'elemento soggettivo insito nella condotta dell'
accipiens, che si fosse scientemente privato del titolo o delle garanzie, al fine di non dover comunque essere soggetto all'azione di ripetizione dell'indebito pur sussistendo la scusabilità dell'errore del solvens
nota9. Diversamente intendendo, la mala fede del creditore si risolverebbe nella mera riconoscibilità dell'errore del
solvens.
Occorre ancora porre attenzione alla questione della mala fede del creditore in relazione alla privazione del titolo o delle garanzie del credito.
Se si dovesse badare alla regola generale in tema di onere della prova posta dall'art.
2697 cod.civ. , dovremmo dire che la scusabilità dell'errore costituisce, come detto, fatto costitutivo della domanda di ripetizione dell'indebito (l'onere della cui prova dunque sarebbe posto a carico di colui che agisce in ripetizione) mentre la buona fede dell'
accipiens nell'essersi spogliato del titolo o delle garanzia costituisce
fatto ostativo all'accoglimento della domanda (l'onere della cui prova pertanto dovrebbe incombere su colui che resiste in giudizio, cioè l' accipiens)
nota10. Tuttavia spesso è dato di osservare che la buona fede si presume, anche se la regola di cui all'art.
1147 cod.civ. è, a rigore, dettata in tema di possesso.
La figura dell'indebito soggettivo
ex latere solventis risulta analoga ad altre ipotesi che possono essere considerate giuridicamente contigue.
Quando il
solvens fosse, infatti,
consapevole del fatto di non essere debitore (Cass.Civ. Sez.II,
195/95 ) (dunque non può dirsi caduto in quell'errore scusabile che vale a connotare l'indebito soggettivo) si riscontrano diverse situazioni:
- Adempimento del terzo (art. 1180 cod.civ. ) (Cass.Civ. Sez.II, 1981/95 ).
- Gestione di affari altrui ( art. 2028 cod.civ. ). Quando la ripetizione non è possibile, l'ultimo comma dell'art. 2036 cod.civ. , prevede che il solvens subentri nei diritti del creditore (surrogazione legale: art. 1203 cod.civ. ).
Note
nota1
Levi,
Il pagamento dell'indebito, Milano, 1989, p. 117.
top1nota2
Bianca,
Diritto civile, vol. V, Milano, 1994, p. 804.
top2nota3
Contra Rescigno, voce
Ripetizione dell'indebito, in N.mo Dig.it., p. 1230. Secondo l'A. la prova della perdita delle garanzie o del titolo appartiene ai fatti impeditivi, la prova dei quali deve essere fornita dall' accipiens.
top3nota4
Così Gazzoni,
Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, p. 666.
top4nota5
De Cupis, La scusabilità dell'errore nel diritto civile, in Giur.it., 1984, vol. IV, p. 70, e Moscati,
Pagamento dell'indebito, in Riv.dir.civ., 1985, vol. II, p. 220 sostengono che si possa parlare di inescusabilità dell'errore solo in caso di colpa grave.
top5nota6
Rescigno, voce
Ripetizione dell'indebito, cit., p.1232, sostiene che i requisiti della scusabilità e della riconoscibilità dell'errore sembrano concorrere, poiché il primo si aggiunge alla condizione della riconoscibilità.
top6nota7
Barbero,
Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.846.
top7nota8
In tal senso Bregoli,
Indebito soggettivo, mala fede del creditore e pagamenti coattivi, Milano, 1988, pp.31 e ss.
top8nota9
Devescovi,
Del pagamento dell'indebito, in Comm.cod.civ., diretto da Cendon, vol. IV, Torino, 1999, p. 1950.
top9nota10
Rescigno, voce
Ripetizione dell'indebito, cit., p. 1231, e Breccia,
Il pagamento dell'indebito, in Tratt.dir.priv. diretto da Rescigno, vol. IX, Torino, 1984, p. 785, ritengono che sia l'accipiens a dover provare la perdita delle garanzie o del titolo, in quanto costituiscono fatti impeditivi.
top10Bibliografia
- BRECCIA, Il pagamento dell'indebito, Torino, Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, IX
- BREGOLI, Indebito soggettivo, mala fede del creditore e pagamenti coattivi, Milano, 1988
- DE CUPIS, La scusabilità dell'errore nel diritto civile, Giur. it., IV, 1984
- DEVESCOVI, Del pagamento dell'indebito, Torino, Comm.cod.civ. diretto da Cendon, IV, 1999
- GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006
- LEVI, Il pagamento dell’indebito, Milano, 1989
- MOSCATI, Pagamento dell'indebito, Riv.dir.civ., II, 1985
- RESCIGNO, Ripetizione dell'indebito, N.sso Dig. it., XV, 1968