Impugnazione della rinunzia all'eredità per violenza o per dolo



L'art. 526 cod.civ. sancisce l'impugnabilità della rinunzia all'eredità che sia stata posta in essere in esito a violenza o a dolo. In relazione a detti vizi della volontà si reputa siano applicabili le norme che il codice civile prescrive in materia di contratto nota1. La legittimazione attiva compete sia al rinunziante, sia ai di lui eredi. Si reputa che la relativa azione possa altresì essere esercitata dai creditori del rinunziante in via surrogatoria (art. 2900 cod.civ. apri) nota2. Legittimati passivamente sono invece i soggetti che hanno profittato della rinunzia e, quando l'azione compulsiva o ingannatrice sia da ricondurre ad altra persona, quest'ultima.

Giova ricordare che la rinunzia all'eredità è pur sempre revocabile ai sensi dell'art. 525 cod.civ. , vale a dire fino a che il diritto di accettare non sia andato prescritto ovvero se l'eredità non sia stata acquisita da ulteriori chiamati in subordine. Per tale motivo si ritiene nota3 che l'impugnativa in esame non possa essere esercitata per difetto di interesse ad agire fino a che il rinunziante abbia la possibilità di "accettare tardivamente", cioè di revocare la rinunzia ai sensi della citata norma. A livello teorico i due aspetti sono tuttavia distinti. Un conto è revocare la rinunzia, ciò che appunto importa accettazione, un altro è impugnare la rinunzia per violenza o dolo. Occorre a questo proposito domandarsi se sia implicito o meno nel promuovimento dell'impugnativa qui in esame un'accettazione tacita d'eredità nota4. In altri termini è possibile concludere nel senso che, una volta esperita vittoriosamente la relativa azione, il chiamato che aveva rinunziato sia divenuto di per sè erede? Se la risposta è negativa, se cioè in esito alla pronunzia si avrà semplicemente il risultato di ripristinare la delazione, essendo ancora libero il chiamato di poter accettare o meno, altrettanto negativa sarà la risposta al quesito. Accogliendo questa impostazione si potrebbe concludere nel senso di non richiedere, quale presupposto per l'azione, l'impraticabilità sopravvenuta della revoca della rinunzia ex art. 525 cod.civ. . Il rinunziante potrebbe vantare il mero interesse di ripristinare la situazione quo ante, cioè la semplice delazione, rimanendo comunque nella condizione soggettiva di delato nota5 .

L'azione si prescrive in cinque anni che decorrono dal giorno in cui è cessata la violenza o è stato scoperto il dolo. Secondo un'opinione nota6 sarebbe applicabile il principio quae temporalia ad agendum, perpetua ad excipiendum di cui all'art. 1442 cod.civ. : ne segue che l'annullabilità della rinunzia potrebbe esser fatta perpetuamente valere in via di eccezione. Occorre peraltro rilevare, come non ha mancato di fare un'attenta dottrina nota7, che un siffatto esito appare precluso dalla natura stessa delle questioni in gioco: non si vede come ipotizzare la concreta esecuzione dell'atto negoziale dal quale trarrebbe linfa la possibilità di opporre in via di eccezione la causa di annullabilità.

Note

nota1

Cfr. Palazzo, in Comm. cod. civ., diretto da Cendon, vol. II, Torino, 1999, p.93. Per quanto riguarda la violenza si ritiene debba trattarsi della violenza morale o vis compulsiva effettuata da un terzo, giacché nella rinunzia, atto unilaterale, non può configurarsi una controparte; per quanto attiene al dolo sarà rilevante solo uno dolo causam dans di cui all'art.1439 cod.civ., non potendo parlarsi di dolo incidente con riguardo alla rinunzia che, in quanto actus legitimus, non tollera condizione alcuna ed i cui effetti sono inderogabilmente determinati dal legislatore (Ferri, Successioni in generale. Artt.456-511, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1980, p.132; Prestipino, Delle successioni in generale, in Comm. teorico-pratico cod. civ., diretto da De Martino, Novara-Roma, 1981, p.459 e Cicu, Successioni per causa di morte. Parte generale: delazione e acquisto dell'eredità. Divisione ereditaria, in Tratt.dir. civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, Milano, 1961, p.213).
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nota2

Si veda Prestipino, op.cit., p.472, il quale sottolinea che la legittimazione dei creditori può essere ammessa solo al limitato fine di eliminare la rinunzia invalida, ma non per provocare una implicita accettazione del rinunziante.
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nota3

Così Azzariti, Le successioni e le donazioni, Padova, 1982, p.155.
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nota4

In senso positivo la dottrina prevalente. Tra gli altri Giannattasio, Delle successioni. Successioni testamentarie, in Comm. cod. civ., Torino, 1978, p.239; Cicu, cit., p.213; Capozzi, op.cit., p.215; Ferrero-Podetti, La rinuncia all'eredità, in Successioni e donazioni, a cura di Rescigno, Padova, 1994, p.385.
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nota5

Di questa opinione Ferri, Successioni in generale. Artt. 512-535, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1968, p.133.
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nota6

Ferri, op.cit., p.132.
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nota7

V. Grosso-Burdese, Le successioni, in Trattato dir. civ. it., diretto da Vassalli, Torino, 1977, p.341; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1962, p.454.
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Bibliografia

  • AZZARITI, Le successioni e le donazioni: Libro secondo del Codice Civile, Padova, 1982
  • CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 1983
  • FERRERO-PODETTI, La rinuncia all'eredità, Padova, Successioni e donazioni, a cura di Rescigno, I, 1994
  • FERRI, Successioni in generale: della separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede, della rinunzia all'eredità, dell'eredità giacente, della petizione di eredità ( Artt.512-535), Bologna Roma, Comm. cod. civ. a cura di Scialoja-Branca, vol. XVIII, 1968
  • GIANNATTASIO, Delle successioni, successioni testamentarie, Torino, Comm.cod.civ., II, 1978
  • GROSSO-BURDESE, Le successioni. Parte generale, Torino, Tratt.dir.civ. it. diretto da Vassalli, XII - t.1, 1977
  • PALAZZO, Torino, Comm.cod.civ.dir.da Cendon, II, 1999
  • PRESTIPINO, Delle successioni in generale, Novara-Roma, Comm.cod.civ., dir. da De Martino, 1981

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