Il legato di usufrutto successivo


Il problema dell'ammissibilità della disposizione mortis causa dell'usufrutto successivo viene affrontata dall'art. 698 cod.civ. , ai sensi del quale la disposizione con la quale è lasciato a più persone successivamente l'usufrutto, una rendita o un'annualità, ha valore soltanto a favore di quelli che alla morte del testatore si trovano primi chiamati a goderne. Secondo un'opinione minoritaria, nota1 la detta norma dovrebbe essere interpretata nel senso della validità dell'usufrutto successivo, purchè tutti i soggetti beneficiari siano egualmente capaci all'apertura della successione. In tale modo non verrebbe superata dall'usufrutto la durata normale della vita umana. Il prevalente parere nota2 è tuttavia nel senso che il legato di usufrutto possa andare solo a favore del primo chiamato e non anche dei successivi, ancorchè capaci a succedere ex art.462 cod.civ. (Cass. Civ. Sez. II, 604/76 ). L'art. 979 cod.civ. prevede infatti che l'usufrutto si estingue alla morte dell'usufruttuario: qualora fosse ammissibile la successione mortis causa nel diritto, si avrebbe palese violazione della norma. Il divieto non si applica, invece, all'usufrutto congiuntivo con patto di reciproco accrescimento (art.678 cod.civ. ). In questa ipotesi, infatti, si riscontra una pluralità di diritti tutti contemporaneamente sussistenti (e sin dall'inizio potenzialmente esplicantesi sull'intero), a differenza di quanto si verifica nell'usufrutto successivo, contrassegnato dall'avvicendarsi di un diritto di usufrutto dopo l'altro nota3.

Svolte queste premesse, è il caso di osservare come il nodo consista nella interpretazione della locuzione "successivo" o "successivamente". Di per sè il termine è ambiguo. Esso può alludere sia al mero avvicendarsi cronologico di un diritto ad un altro (senza che si dia derivazione di un diritto dall'altro), sia designare una catena derivativa di acquisti l'uno dipendente dall'altro, ciò che evoca il fenomeno della successione in senso tecnico, vale a dire il subingresso nel diritto a titolo derivativo. Chi ammette la praticabilità di una disposizione conformata in modo tale da contemplare una pluralità di beneficiari del lascito dell'usufrutto l'uno dopo l'altro alla semplice condizione che si tratti di soggetti capaci al tempo dell'apertura della successione, implicitamente interpreta l'art. 698 cod.civ. annettendo al termine "successivamente" il secondo più ristretto significato. In tal senso, sulla scorta della inammissibilità di un usufrutto che sorga derivativamente da altro usufrutto, viene tuttavia reputata pienamente valida la disposizione di una pluralità di diritti, pur sempre provenienti dallo stesso disponente. Unico limite sarebbe costituito dalla temporaneità del diritto di usufrutto. Non v'è tuttavia chi non veda come questa limitazione sia rispettata qualora ciascuno dei beneficiari del lascito sia vivente. In altri termini in nessun caso potrà capitare che la durata dell'usufrutto ecceda quella della vita del più longevo tra i beneficiari nota4. Diversamente va per i fautori della tesi che esclude la possibilità del testatore di disporre una pluralità di usufrutti l'uno successivo all'altro, i quali per lo più implicitamente sposano una assai più vasta ed atecnica accezione dell'avverbio "successivamente" di cui all'art. 698 cod.civ.. Come risolvere il dilemma? Dal punto di vista logico appare preferibile accogliere la predetta tesi minoritaria, sulla scorta della prospettata interpretazione restrittiva e tecnica del modo di disporre della norma in esame. Al riguardo non è indifferente osservare come non poca contraddizione si rinvenga nella contraria opinione che, pur negando ingresso alla disposizione che preveda una pluralità di usufrutti destinati a vigere l'uno dopo l'altro (purchè a favore di soggetti contemporaneamente viventi), poi ammette che una siffatta dinamica possa validamente esplicarsi in relazione ad una pluralità di diritti di usufrutto sottoposti a termine l'uno dei quali succeda cronologicamente all'altro. Si pensi all'esempio di Tizio il quale lega un usufrutto a favore di Primo, Secondo e Terzo in modo che Primo ne goda per dieci anni, Secondo per i successivi dieci e Terzo per gli altri dieci nota5. Non giova osservare, ai fini della validità della disposizione, come in questo caso la durata dell'usufrutto non supererebbe termini certi, mentre altrettanto non si potrebbe dire qualora nell'usufrutto successivo i termini fossero incerti, dipendendo dalla morte di ciascuno degli usufruttuari successivi nota6. In primo luogo entrambe le ipotesi sono contrassegnate in senso cronologico dalla successività: un usufrutto segue l'altro secondo un andamento diacronico. Il fatto che la scansione temporale sia legata ad un termine certo (la data stabilita per la durata di ciascun diritto), piuttosto che ad un termine incerto (la morte di uno dei titolari dell'usufrutto), non appare per nulla rilevante, una volta chiarito che ciascun usufruttuario non è avente causa dall'usufruttuario precedente, bensì dall'originario disponente. Ciò che conta è unicamente il fatto che tutti i beneficiati siano viventi. A questa condizione appare del tutto praticabile lasciare ad una pluralità di soggetti un diritto di usufrutto la cui durata può indifferentemente essere predeterminata dal disponente quale termine fisso ovvero parametrata alla vita di ciascun beneficiario nota7.

In esito a queste osservazioni è possibile affermare una stretta connessione tra il tema del divieto della disposizione dell'usufrutto successivo e quello della sostituzione fedecommissaria di cui all'art. 692 cod.civ. . Si è notato come vi sia una differenza strutturale tra le due figure: mentre nel fedecommesso dall'istituito al sostituito viene trasferito il medesimo diritto, nell'usufrutto successivo farebbe difetto questo passaggio. I due diritti avrebbero una consistenza autonoma, dato che il secondo avrebbe inizio nel tempo dell'estinzione del primo nota8 . Invero questa osservazione non pare cogliere nel segno. Il problema è piuttosto costituito dall'ordine successivo che appare contraddistinguere entrambe le figure, accomunandole. E' pur vero che fa difetto nella prima il c.d. obbligo di conservare per restituire, tuttavia un analogo limite è riscontrabile nell'essenza stessa del diritto di usufrutto. Neppure è decisiva l'osservazione secondo la quale nel fedecommesso mancherebbe una situazione di nuda proprietà attuale in capo al disponente, palesandosi inoltre come impossibile la trasmissione mortis causa dell'usufrutto dall'istituito al sostituito nota9. Il sostituito non può infatti essere considerato come avente causa in senso tecnico dell'istituito, stante la peculiare struttura della delazione successiva propria della sostituzione fedecommissaria.

Note

nota1

Si veda Pugliese, Usufrutto, uso e abitazione, in Tratt.dir.civ. it., diretto da Vassalli, vol.IV, t.5, Torino, 1972, p.213.
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nota

nota2

nota2

Cfr. Talamanca, Successioni testamentarie. Della revocazione delle disposizioni testamentarie. Delle sostituzioni. Degli esecutori testamentari (Arttt. 679-712) , in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1965, p.418; Azzariti, Le successioni e le donazioni. Libro II del Codice civile, Napoli, 1982, p.561; Caramazza, Delle successioni testamentarie (Artt.587-712), in Comm.cod.civ. diretto da De Martino, Novara-Roma, 1982, p.534.
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nota3

Azzariti, op.cit., p.561; Caramazza, op.cit., p.548.
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nota4

Sarebbe in questo modo rispettata la finalità di questa norma che è quella di evitare l'imposizione di vincoli di lunga durata che costituiscano ostacoli ingenti alla libera circolazione dei beni (Caramazza, op.cit. ).
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nota5

Secondo questa opinione il divieto posto dalla norma sarebbe di stretta interpretazione e si applicherebbe solo per l'ipotesi di istituzione (successiva) di una pluralità di soggetti, per i quali il termine iniziale del diritto del secondo titolare corrisponde con la morte del primo chiamato. Sarebbe perciò pienamente ammissibile una istituzione successiva, nella quale il diritto di usufrutto sia concesso dal disponente per un termine determinato: Cannizzo, Successioni testamentarie, interpretazione sistematica della normativa vigente e orientamenti giurisprudenziali, Roma, 2004, p.312.
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nota6

Talamanca, op.cit., p.416; Azzariti, op.cit., p.561.
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nota7

Si rifletta d'altronde a quanto accadrebbe nell'ipotesi in cui il primo usufruttario a termine finale venisse meno nel tempo che precede la scadenza del termine. Si verificherebbe la consolidazione con la nuda proprietà fino al momento in cui, scadendo il termine, il nuovo usufrutto in favore di altro beneficiario si dovesse reputare efficace, oppure quest'ultimo diritto sorgerebbe automaticamente?
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nota8

Ricca, voce Fedecommesso, in Enc.dir., p.140 ed Azzariti, op.cit., p.379.
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nota9

Talamanca, op.cit., p.413.
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Bibliografia

  • AZZARITI, Le successioni e le donazioni: Libro secondo del Codice Civile, Padova, 1982
  • CANNIZZO, Successioni testamentarie, Roma, 1996
  • CARAMAZZA, Delle successioni testamentarie, Novara-Roma, Comm. teor.-prat. cod.civ. dir. De Martino, 1982
  • PUGLIESE, Usufrutto, uso e abitazione, Torino, Trattato dir. civ. it. diretto da Vassalli, 1972
  • RICCA, Fedecommesso, Enc. dir., XVII, 1968
  • TALAMANCA, Successioni testamentarie, Bologna - Roma, Comm.cod.civ. a cura di Scialoja e Branca, 1978

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