Il deposito: nozione ed elemento causale



Il deposito viene definito all'art. 1766 cod.civ. nei termini del contratto col quale una parte riceve dall'altra una cosa mobile con l'obbligo di custodirla e di restituirla in natura.

Appare immediatamente un aspetto strutturale della figura in esame che viene confermato dal modo di disporre della norma seguente. Ai sensi dell'art. 1767 cod.civ. infatti il deposito si presume gratuito, salvo che dalla qualità professionale del depositario o da altre circostanze si debba desumere una diversa volontà delle parti: emerge dunque l'imperfetta bilateralità del contratto, contrassegnato dalla prestazione di una sola delle parti, almeno per quanto attiene alla variante gratuita del medesimo. Si badi al fatto che la gratuità non viene fatta venir meno dall'eventuale obbligazione a carico del depositante relativamente agli obblighi di rimborso delle spese di conservazione nonché delle perdite subite dal depositario (art. 1781 cod.civ. ) poiché la corresponsione di queste somme non è funzionale alla remunerazione del depositario, bensì ad evitare per costui una perdita.

Secondo l'opinione prevalente l'elemento causale del deposito dovrebbe essere rinvenuto nella custodia nota1.

Il modo di intendere quest'ultima è vario: la custodia infatti può essere concepita come semplice messa a disposizione di uno spazio fisicamente determinatonota2 ovvero sostanziarsi in una vera e propria prestazione dalle complesse connotazioni (predisposizione di appositi locali dotati di particolari dispositivi, fattiva attività del depositario consistente nel mantenimento di determinate condizioni di umidità, temperatura, predisposizione di un'attività volta a vigilare e sorvegliare quanto oggetto di custodia)nota3.

E' chiaro che la prima modalità costituisce anche la forma più rudimentale e primitiva di deposito, in relazione alla quale la gratuità appare più razionalmente giustificabile proprio perché in buona sostanza al depositario viene chiesto poco di più della semplice occupazione di uno spazio fisicamente determinato (ovviamente uno spazio "privo di rischi"), sostanziandosi l'obbligazione che gli fa capo alla mera restituzione della res depositata.

Il grado di crescente complessità del contenuto del deposito, in relazione al quale la custodia intesa come attività volta a conservare, preservare e ad assicurare la integrità delle cose depositate assume una rilevanza sempre maggiore e rende palese il potenziale venir meno della presunzione di gratuità del contratto. Si pensi non soltanto a quella specie particolare di deposito che consiste nel servizio di cassetta di sicurezza svolto dagli istituti bancari, ma anche ad ipotesi speciali quali il deposito di combustibile nucleare esaurito, che con tutta evidenza pone problematiche e costi di gestione del tutto incompatibili con una presunta gratuità del contratto.Il deposito oneroso deve, secondo l'opinione preferibile nota4, essere qualificato non più come contratto bilaterale imperfetto, caratterizzato dalla mera obbligazione restitutoria del depositario, bensì come contratto a prestazioni corrispettive.

Note

nota1

Torrente-Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 1985, p.616. Questa affermazione non è smentita dal fatto che, come notano alcuni autori (Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1966, p.265), la custodia non sia elemento esclusivo del deposito, ponendosi come elemento strumentale ed accessorio in altri contratti quali il mandato, il trasporto od il comodato.
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nota2

Fiorentino, Del deposito, in Comm.cod.civ. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1970, p.70.
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nota3

Così De Martini, voce Deposito, in N.sso DI, V, 1960, 513. 
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nota4

Bigliazzi-Geri, Istituzioni di diritto civile, vol.III, Genova, 1980, p.482.
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Bibliografia

  • DE MARTINI, Deposito, N.mo Dig. It.
  • FIORENTINO, Del deposito, Bologna-Roma, Comm. Scialoja-Branca, 1970

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