Fusione di società: la tutela dei soci




Nel corso delle operazioni di fusione anche i soci possono subire pregiudizi rappresentati essenzialmente da un'errata determinazione del rapporto di concambio che leda il loro interesse al mantenimento di un costante valore della quota di partecipazione detenuta. Al riguardo giove osservare come i soci siano protetti dalla necessaria enunciazione di una cospicua serie di informazioni, tali da consentire loro di effettuare una concreta valutazione della congruità della rapporto di cambio e della convenienza economica dell'operazione. La principale di queste garanzie è rappresentata dalla relazione degli esperti all'uopo nominati.

A fronte di una serie di garanzie preventive, tuttavia il legislatore non ha previsto a favore dei soci, strumenti effettivamente atti a permettere di far valere in modo incisivo tali diritti. A seguito della riforma del 2003, è stata infatti abolita la possibilità per i soci di recedere dalla società (a meno che non si tratti di società a base personale: cfr. l'art. 2502 cod. civ. ), evitando così di subire il pregiudizio economico rappresentato da una svalutazione del valore della loro partecipazione nella nuova società rispetto a quello della partecipazione nella originaria società partecipante alla fusione.

Ai soci può dirsi riconosciuta esclusivamente la possibilità, in base ai principi generali in materia di impugnazione delle deliberazioni assembleari, di opporsi all'operazione di fusione. Costoro potranno infatti al più far valere l'incongruità del rapporto di cambio fondato sulla prova dell'illogicità della determinazione operata dagli amministratori, appositamente operata al fine di ledere i loro diritti: fatto di difficile dimostrazione il cui onere probatorio grava esclusivamente sul socio impugnante.

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