Fusione: l'incorporazione di società interamente possedute



L'art. 2505 cod. civ. stabilisce che alla fusione per incorporazione di una società in un'altra che possiede tutte le azioni o le quote della prima non si applicanol'art. 2501 ter, I comma, cod. civ., numeri 3), 4) e l'art. 2501 quinquies cod. civ. , nonchè l'art. 2501 sexies cod. civ. .

L'atto costitutivo o lo statuto può prevedere che la fusione per incorporazione di una società in un'altra che possiede tutte le azioni o le quote della prima sia decisa, con deliberazione risultante da atto pubblico, dai rispettivi organi amministrativi, sempre che siano rispettate, con riferimento a ciascuna delle società partecipanti alla fusione, le disposizioni di cui al III e IV comma dell'art. 2501 ter cod. civ. e, quanto alla società incorporante, anche quelle dell'art. 2501 septies, I comma, numeri 1) e 2501 septies cod. civ. .
I soci della società incorporante che rappresentano almeno il 5% del capitale sociale possono in ogni caso, con domanda indirizzata alla società, entro otto giorni dal deposito o dalla pubblicazione sul sito internet di cui al III comma dell'art. 2501 ter cod. civ. , chiedere che la decisione di approvazione della fusione da parte dell'incorporante medesima sia adottata a norma del I comma dell'art. 2502 cod. civ. (quindi secondo le normali procedure).

L'art. 2505 cod. civ. prevede una disciplina nettamente semplificata (anche se occorre riferire che, per effetto della novellazione dell'art. 2501 sexies cod.civ., una cospicua parte delle formalità è divenuta rinunziabile con il consenso unanime di tutti i soci anche nelle altre ipotesi di fusione, ai sensi dell'VIII comma della detta norma) per quelle operazioni di fusione che intervengono tra due società di cui l'una sia interamente posseduta dall'altra, rispetto alle procedure ordinariamente previste per le operazioni di fusione per incorporazione.

La norma in commento è dunque ispirata al principio di economia del procedimento che permea l'intera riforma del 2003 (D.Lgs. 6/03), soprattutto laddove l'applicazione di certe regole risulta inutile se non addirittura impossibile. Nel caso di specie, in particolare, a seguito della fusione non si verifica alcuna modificazione nella compagine sociale e nel valore delle partecipazioni dei soci delle società partecipanti, con conseguente venir meno della necessità di operare un rapporto di cambio delle predette partecipazioni.

Il legislatore del 2003 ha quindi previsto che nel progetto di fusione non debbano essere indicati:- il rapporto di concambio e l'eventuale conguaglio in denaro (art. 2501 ter, n.3, cod. civ. );

- la modalità di assegnazione delle azioni o quote della società incorporante (art. 2501 ter, n.4, cod. civ. );

- la data a decorrere dalla quale le azioni o quote assegnate a seguito della fusione partecipano agli utili (art. 2501 ter, n.5, cod. civ. ).

Conseguentemente, viene meno anche la necessità di predisporre le relazioni degli amministratori delle società partecipanti alla fusione, nonché quelle degli esperti.

Nell'ipotesi di fusione per incorporazione di società interamente posseduta, infatti, al posto del concambio, andrà operato l'annullamento delle partecipazioni detenute dall'incorporante nell'incorporata, che verranno sostituite dal patrimonio di quest'ultima.

In pratica, se analizzata dal punto di vista economico, l'operazione di fusione non andrà ad incidere sull'unicità del soggetto operante la fusione, il quale rimarrà sostanzialmente lo stesso, sebbene giuridicamente non più composto da più entità soggettive, stante l'unificazione nella società incorporante. La presa d'atto che la fusione, in caso di società interamente possedute, non è idonea a mutare l'unicità economica del soggetto che procede all'operazione, aveva in precedenza spinto parte della dottrina e della giurisprudenza a ritenere, pur in assenza di un'espressa previsione, che in ipotesi di fusione per incorporazione di società detenute al 100% non fosse necessaria la determinazione del rapporto di cambio né l'applicazione delle norme ad esso relative nota1.
Coerentemente con la ratio ispiratrice della norma, è stata ritenuta possibile l'applicazione analogica dell'art. 2505 cod. civ. anche ad altre ipotesi, non espressamente previste dal legislatore, in cui la fusione non era idonea ad incidere sull'unicità economica del soggetto partecipante all'operazione, venendo conseguentemente meno la necessità di determinare il rapporto di cambio.
In particolare vengono in esame fattispecie nelle quali manca il pericolo che un eventuale abuso operato dall'organo amministrativo venga ad incidere sul diritto dei soci al mantenimento del valore della loro partecipazione. Si pensi anzitutto all'ipotesi della c.d. fusione inversa (nella quale cioè è la controllata ad incorporare la controllante), in relazione alla quale si reputa legittima l'adozione del procedimento semplificato. Anche in questo caso infatti la compagine sociale resta immutata a seguito dell'operazione. La società incorporante-controllata, acquisirà le azioni proprie detenute dalla società incorporata-controllante in base al costo fiscale indicato nel bilancio di quest'ultima. A seguito dell'acquisizione delle proprie azioni, la società risultante dalla fusione dovrà poi decidere la destinazione di tali azioni e, in particolare, dovrà decidere se venderle a terzi, annullarle otenerle in portafoglio (nei limiti di quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 2357 e 2357 bis cod. civ. ).

Una seconda ipotesi in cui è pacificamente ammessa l'adozione del procedimento semplificato può essere individuata nella fusione propria tra due società, una delle quali detenga il 100% delle azioni dell'altra.
Anche nell'eventualità, infatti, sebbene non espressamente prevista dall'art. 2505 cod. civ. (che parla soltanto di "incorporazione"), non muta la compagine sociale. Conseguentemente si può procedere alla distribuzione delle partecipazioni nella società sorta dalla fusione senza dover operare alcun concambio nota2.
La stessa conclusione mantiene la sua validità nel caso in cui le ipotesi sopraesposte si verifichino in presenza di un controllo totalitario detenuto non direttamente, bensì per il tramite di un soggetto interposto nota3.
Un'ulteriore caso in cui è possibile adottare il procedimento semplificato di fusione è quello in cui la fusione intervenga tra società possedute tutte da unico socio ovvero fra società partecipate nella stessa proporzione dagli stessi soci nota4: si tratta comunque di fattispecie in cui viene meno la necessità di operare un rapporto di cambio. La norma in commento nulla dice con riferimento al momento in cui deve sussistere la detenzione del 100% delle azioni dell'incorporata da parte dell'incorporante (e salve le eccezioni sopraesposte) al fine di adottare il procedimento semplificato di fusione.
Vi è unanimità di consensi sul fatto che il procedimento semplificato possa essere adottato nel caso in cui la detenzione della partecipazione totalitaria venga ad esistenza antecedentemente al deposito del progetto di fusione.
Maggiori perplessità desta l'ipotesi in cui il controllo totalitario sorga tra la data di deposito del progetto e l'approvazione della delibera di fusione. Si deve tuttavia ritenere che, a seguito della novella introdotta dal 2003 (D. Lgs. 6/03), secondo cui il progetto di fusione può essere modificato in sede di deliberazione assembleare dai soci, purchè la modifica non arrechi pregiudizi a loro stessi o a terzi, sia possibile comunque utilizzare il procedimento semplificato. L'eventuale rinuncia alla determinazione del rapporto di concambio ed agli adempimenti ad esso conseguenti non pregiudicherebbe infatti l'interesse dei soci ad un'equa valorizzazione della partecipazione da essi detenuta, dal momento che l'operazione di fusione non inciderà sul valore della stessa.
E' invece sicuramente da escludersi la possibilità di utilizzare il procedimento semplificato nel caso in cui la partecipazione totalitaria sorga successivamente alla delibera di fusione, anche se prima della sua attuazione. Una novità introdotta da legislatore della riforma, anch'essa ispirata al principio di semplificazione dei procedimenti voluto dal legislatore del D. Lgs. 6/03, è contenuta nel II comma dell'art. in commento , secondo cui l'atto costitutivo o lo statuto può prevedere che la fusione per incorporazione di una società in un'altra che possiede tutte le azioni o le quote della prima sia decisa, con deliberazione risultante da atto pubblico, dai rispettivi organi amministrativi. A tal fine, tuttavia, la norma in commento impone che, con riferimento a ciascuna delle società partecipanti alla fusione, venga rispettata la previsione di cui all'art. 2501 ter cod. civ. e, quanto alla società incorporante, anche quelle dell'art. 2501 septies, I comma, n.1), cod. civ.. Ai sensi del II comma dell'art. 2505 cod. civ. , pertanto, la deliberazione relativa alla fusione può essere adottata dall'organo amministrativo delle società partecipanti all'operazione, il quale dovrà tuttavia rispettare le prescrizioni dettate in materia di progetto di fusione (con l'ovvia eccezione dei nn. 3), 4), 5) relativi al rapporto di cambio), in special modo in tema di obbligo di deposito presso il registro delle imprese ovvero di pubblicazione nel sito internet della società. L'obbligo di deposito presso la sede sociale (surrogabile, come detto, dalla pubblicazione via web) del progetto di fusione e dei bilanci degli ultimi tre esercizi incombe invece esclusivamente sull'organo amministrativo della società incorporante. E' sufficiente infatti un solo deposito presso una delle sedi sociali (e il legislatore ha scelto quella della società incorporante), stante l'identità dei soci delle società partecipanti all'operazione.
Al fine di tutelare l'eventuale minoranza dissenziente, è stato tuttavia previsto che i soci della società incorporante che rappresentano almeno il 5% del capitale sociale possono in ogni caso, con domanda indirizzata alla società entro otto giorni dal deposito del progetto di fusione o dalla pubblicazione nel sito intert della società, chiedere che la decisione di approvazione della fusione da parte della incorporante medesima sia adottata secondo le normali procedure.

Note

nota1

Cfr. Massime del Tribunale di Milano in tema di omologazione, in Riv. Soc., 1988.
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nota2

Cfr. Santagata, Riflessioni sul fondamento e gli effetti della fusione tra società, in Studi in onore di G. Cottino, Padova, 1997.
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nota3

Cfr. Fimmanò, Presupposti della procedura semplificata di fusione, in Tratt. teorico-pratico delle società, Milano, 1999.
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nota4

Cfr. Tribunale di Roma, 14 agosto 1997 ; Tribunale di Udine, 18 agosto 1997 .
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Bibliografia

  • FIMMANO', Presupposti della procedura semplificata di fusione, Milano, Tratt. teorico-pratico delle società, 1999
  • SANTAGATA, Riflessioni sul fondamento e gli effetti della fusione tra società, Padova, Studi in onore di Gastone Cottino, 1997-

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  • Quesito n. 323-2013/I, Fusione transfrontaliera con società di diritto portoghese ed applicabilità dell’art. 2505
  • Quesito di Impresa n. 104-2012/I, Fusione societaria, acquisto delle proprie partecipazioni ed applicabilità delle semplificazioni ex art. 2505 cc
  • Risoluzione N. 54/E, Fusione di società
  • Quesito n. 66-2011/I, Fusione e sorte del pegno sulla partecipazione della s.r.l. incorporata

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