Forma ad substantiam convenzionale



Ai sensi dell'art.1352 cod.civ. qualora le parti abbiano stabilito per iscritto "di adottare una determinata forma per la futura conclusione del contratto, si presume che la forma sia stata voluta per la validità di questo". In applicazione del detto principio è stato deciso nel senso dell'invalidità dell'ordine di acquisto di titoli conferito verbalmente dal cliente all'istituto bancario nella vigenza di un contratto "quadro" con il quale era stato pattuito che detti ordini dovessero essere impartiti per iscritto oppure per telefono e, in tal caso, registrati (Tribunale di Milano, 11 aprile 2008). Allo stesso modo non sono state considerate come effettuate validamente le comunicazioni (relative al trasferimento del diritto ed alla conoscenza delle regole specifiche da parte del cessionario) che dovevano essere date alla stregua di un regolamento contrattuale afferente ad una multiproprietà con modalità formali minuziosamente descritte (Cass. Civ., Sez. II, 10845/2019).

La legge pone una presunzione semplice, interpretando cioè la volontà delle parti nel senso che il requisito formale dalle stesse previsto, lo sia a pena di nullità della pattuizione, salva la prova contraria, la quale tuttavia deve emergere chiaramente dalla valutazione dell'intento delle parti (Cass.Civ., 4347/98 ) nota1.

Solitamente il requisito formale assunto in considerazione dalle parti consisterà nell'adozione della forma scritta in relazione ad un contratto che potrebbe essere stipulato anche verbalmente. Non è tuttavia escluso che vengano in esame ulteriori differenti e speciali vesti (es.: segnali visivi o adozione di messaggi scambiati telematicamente, con l'adozione di speciali protocolli).

Problema di non poca rilevanza è quello della forma della successiva rinunzia al requisito formale volontario, in relazione alle eventuali condotte concludenti incompatibili con la volontà di mantenerlo .

Note

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Si tratta dell'interpretazione pressoché costante in giurisprudenza. La dottrina è divisa tra chi ritiene che la presunzione cui fa riferimento la norma rappresenti una presunzione iuris tantum (Di Giovanni, La forma, in I contratti in generale, t.2, a cura di Gabrielli, Torino, 1999, p.805) e chi preferisce parlare di presunzione interpretativa, giacché essa servirebbe solo a ricostruire il significato del patto sulla forma (in tal senso Genovese, Le forme volontarie nella teoria dei contratti, Padova, 1949, p.33): si tratterebbe più precisamente di una norma interpretativa speciale, che prevale sulle regole ermeneutiche generali in tema di contratti (così Mirabelli, Dei contratti in generale, in Comm.cod.civ., Torino, 1980, p.158), nonché di una regola interpretativa di natura oggettiva perché operante sol quando l'interpretazione soggettiva del patto non accerta una diversa volontà delle parti (Bianca, Diritto civile, vol.III, Milano, 2000, p.298).
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Bibliografia

  • DI GIOVANNI, La forma, Torino, I contratti in generale, a cura di Gabrielli, 2, 1999
  • GENOVESE, Le forme volontarie nella teoria dei contratti, Padova, 1949
  • MIRABELLI, Dei contratti in generale, Torino, Comm. cod. civ., vol. IV, 1967

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