Esercizio in generale delle servitù



L'esercizio delle servitù è regolato dal titolo (convenzione, testamento, sentenza se si tratta di servitù coattiva o legale); se manca il titolo, dalla legge (art. 1063 cod. civ.).
Sotto questo profilo detta norma stabilisce una graduatoria delle fonti che disciplinano l'esercizio della servitù, mentre le disposizioni dettate dagli articoli successivi (artt. 1064 e 1065 cod. civ.) hanno natura sussidiaria (Cass. Civ. Sez. II, 13724/99; Cass. Civ. Sez. II, 2893/87).Esse sono dunque applicabili quando il titolo risulti omissivo sul punto (Cass. Civ. Sez. II, 5228/83; Cass. Civ., Sez. II, 216/2015) nota1.
Il principale tra i criteri sussidiari è quello in base al quale il diritto di servitù comprende tutto ciò che è necessario per usarne ai sensi dell'art. 1064 cod. civ. ). (Cass. Civ. Sez. II, 6603/82).
Si tratta dei cosiddetti adminicula servitutis nota2, facoltà accessorie, tuttavia necessarie per l'esercizio della servitù: così il diritto di attingere acqua comprende anche quello di passare sul fondo in cui si trova il pozzo (Cass. Civ. Sez. II, 5983/79 e Cass. Civ. Sez. II, 1497/94).
Le facoltà ricomprese nei c.d. adminicula possono avere in concreto notevole rilevanza. Nell'esempio effettuato infatti di per sè la servitù non sarebbe da qualificarsi apparente, dunque non potrebbe essere acquistata per usucapione. Quando tuttavia essa fosse accompagnata dalla facoltà accessoria consistente nel passaggio sul fondo ove si trova la sorgente o il pozzo ed a tal fine venissero predisposte opere di natura tale da manifestare il contenuto della servitù, la soluzione sarebbe nel senso opposto (Cass. Civ. Sez. II, 5983/79).
Viene chiamato modo o modalità di esercizio della servitù, la specificazione determinativa del concreto esercizio della servitù. Il passaggio può infatti essere esercitato a piedi, con mezzi agricoli, con autocarri, a cavallo.
La discussione relativa all' usucapibilità del modo di una servitù va risolta negativamente, dal momento che esso, non possedendo consistenza autonoma, non è null'altro se non il riflesso del diritto reale. Nel caso in cui la servitù non fosse apparente essa non sarebbe usucapibile. Altrettanto deve dunque concludersi per il modo. Qualora invece la servitù fosse apparente, secondo l'opinione tradizionalenota3 dovrebbe distinguersi tra due casi distinti:
  1. quando il titolo specifica il modo non vi sarebbe la possibilità di usucapire un modo difforme;
  2. nell'ipotesi di indeterminatezza del modo, l'usucapione sarebbe invece ammissibile.
Questo parere deve essere verificato alla stregua del riferito principio generale in base al quale il modo, come tale, non gode di nessuna autonomia rispetto al diritto. Se le cose dette sono vere occorre chiarire, con riferimento alla seconda ipotesi (indeterminatezza del modo) che il modo, come tale, non può essere comunque usucapito. Una cosa è dire che possa essere usucapita la servitù, in quanto apparente, un'altra concludere, con riferimento ad una servitù costituita negozialmente, in relazione alla quale esista dunque un titolo che non specifichi nulla circa il modo, che esso possa usucapirsi.
Probabilmente il riferito comune parere della dottrinanota4 può essere inteso nel senso che la prassi insorta sul modo vale a integrare il contenuto dell'accordo costitutivo della servitù nota5: d'altronde la condotta dei contraenti anche successiva alla stipulazione di un contratto vale a fornire validi criteri ermeneutici della portata dell'accordo stesso (cfr. art. 1362 cod. civ.) nota6.
Occorre comunque rilevare che, ai sensi dell'art. 1066 cod. civ. sembrerebbe che il possesso del modo abbia riconoscimento legale, avendosi, nelle questioni relative al possesso delle servitù, riguardo alla pratica dell' anno antecedente e, trattandosi di servitù esercitate a intervalli maggiori di un anno, riguardo alla pratica dell'ultimo godimento nota7. All'inverso non pare che si estingua per non uso il modo, inteso come minore utilizzazione della servitù rispetto a quella ammessa dal titolo. Così se il fondo è gravato da servitù di passo pedonale e carraio, la mancata fruizione per il passaggio di veicoli quando continuino a transitare pedoni non fa venir meno, ancorchè parzialmente, il contenuto del diritto (Cass. Civ., Sez. II, 8427/2014).

Tornando alle regole generali in tema di esercizio della servitù, fondamentale è il principio (c.d. del minimo mezzo nota8) secondo il quale il titolare del diritto diritto lo deve esercitare civiliter, vale a dire arrecando utilità al fondo dominante con il minor aggravio possibile per il fondo servente (art. 1065 cod. civ. ).
Specificazione di tale principio è il divieto imposto da un lato al proprietario del fondo dominante di aggravare (Cass. Civ., Sez.II, 11747/09; Cass. Civ. Sez. II, 27194/07; Cass. Civ. Sez. II, 2842/97; Cass. Civ. Sez. II, 7034/95), dall'altro a quello servente di diminuire l'esercizio della servitù (Cass. Civ. Sez. II, 3804/95; Cass. Civ. Sez. II, 4585/93 ) (art. 1067 cod. civ. ) nota9. In tema di servitù coattiva di passaggio, si veda Cass. Civ. Sez. II, 8779/2020; per quanto invece attiene alla nozione di "aggravamento" dell'esercizio della servitù, cfr. Cass. Civ. Sez. VI-II, ord. 40319/2021.
Le innovazioni che il proprietario del fondo servente può introdurre sul fondo servente debbono rispettare questa regola (Cass. Civ. Sez. II, 3843/85 ; Cass. Civ. Sez. II, 8945/90 ; Cass. Civ. Sez. II, 4532/03).

Ordinariamente il proprietario del fondo servente non potrà neppure trasferire l'esercizio della servitù in luogo diverso da quello in cui essa è sorta (art. 1068 cod. civ.).
Un simile effetto non potrebbe non richiedere un accordo tra i proprietari dei fondi (Cass. Civ. Sez. II, 17394/04; cfr. anche Cass. Civ., Sez. II, 6130/12 nel senso che tale accordo non soltanto debba indispensabilmente risultare da atto scritto, bensì anche debba riguardare ciascuno dei fondi dominanti anche se il titolare del fondo servente abbia concesso a taluno di essi l'esercizio). Nel caso in cui tuttavia l'originario esercizio fosse divenuto troppo gravoso per il fondo servente o impedisse al proprietario l'esecuzione di lavori, riparazioni o miglioramenti nell'ipotesi in cui costui offrisse al proprietario del fondo dominante un luogo ugualmente comodo per l'esercizio della servitù, quest'ultimo non potrebbe opporre un rifiuto. Inversamente, non potrebbe il proprietario del fondo servente rifiutare un mutamento domandato dal proprietario del fondo dominante che risultasse a questo di notevole vantaggio e non recasse danno al fondo servente nota10.
V'è da osservare inoltre come la sussistenza del diritto di servitù non esclude che il titolare del fondo servente possa fruire delle opere funzionali a rendere praticabile l'esercizio del diritto. Ciò potrebbe essere escluso soltanto in relazione al titolo costitutivo ovvero dal fatto che la detta utilizzazione venga a concretamente pregiudicare il diritto del titolare del fondo dominante (Cass. Civ. sez. II, 4952/04 ).
Ai sensi del II comma dell'art. 1069 cod. civ. infine, le spese necessarie per l'uso e per la conservazione della servitù sono a carico del proprietario del fondo dominante. E' comunque ammessa una diversa disposizione tra le parti, in forza della quale venga pattuita, unitamente al distinto diritto di servitù un'obbligazione propter rem a carico del proprietario del fondo servente.
Costui potrebbe ottenere la liberazione rinunziando alla proprietà del fondo servente a favore del proprietario del fondo dominante (c.d. abbandono del fondo servente: cfr. art. 1070 cod. civ. ).

Note

nota1

Non vi è alcun dubbio circa la natura dispositiva e la relativa derogabilità di tali norme. Cfr. Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.562; Burdese, Servitù prediali, in Tratt.dir.civ., diretto da Grosso-Santoro Passarelli, Milano, 1960, p.33.
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nota2

Sull'argomento si vedano, tra gli altri, Bianca, Diritto civile, vol. VI, Milano, 1999, p.655; Masi, In tema di titolo costitutivo della servitù, in Foro it., vol. I, 1974, p. 1396; Greco, In tema di facoltà accessorie del titolare della servitù, in Giur. agraria it., 1968, p.492.
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nota3

V. Grosso-Deiana, Le servitù prediali, in Tratt.dir.civ.it., diretto da Vassalli, Torino, 1963, p.230.
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nota4

Così Torrente-Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 1985, p. 372.
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nota5

Cfr. Branca, Servitù prediali, in Comm.cod.civ., diretto da Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1987, p. 349; Alvino, La utilità obiettiva nelle servitù acquistate per usucapione, in Giust. civ., vol. I, 1970, pp. 55 e ss..
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nota6

Si veda Comporti, Le servitù prediali, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, Torino, 1982, p. 194. In giurisprudenza Cass. Civ. Sez. II, 8122/91 .
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nota7

Cfr. Barbero, Delle servitù volontarie, in Comm. cod. civ., diretto da D'Amelio-Finzi, Firenze, 1942, p. 827; Biondi, Le servitù, in Tratt. dir. civ., diretto da Cicu-Messineo, Milano, 1967, p. 414.
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nota8

Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Istituzioni di diritto civile, Genova, 1980, pp. 268 e ss..
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nota9

Si confronti Germanò, Sul divieto di aggravare o diminuire l'esercizio della servitù, in Giur. agraria it., 1972, p. 172. Rilevante è il sindacato sull'evoluzione e l'adeguamento dell'esercizio della servitù rispetto alle sopravvenute esigenze del fondo. Si pensi alla servitù di passo per la coltivazione agricola di un fondo sul quale poi si venga ad esercitare un'attività agrituristica: cfr. Cass. Civ., Sez. II, 6637/2015.
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nota10

Si vedano p.es. Viola, Il trasferimento del luogo di esercizio delle servitù, in N.mo Dig. it., 1958, pp. 313 e ss.; Bartolucci, Trasferimento dell'esercizio della servitù in luogo diverso su istanza del proprietario del fondo servente, in Giur. agraria it., 1965, pp. 616 e ss.; Potenza Mastrocola, Sul trasferimento dell'esercizio della servitù in luogo diverso, quando ricorrano le condizioni previste dall'art. 1068 c.c., II comma, in Giur agraria it., 1976, p. 426.
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Bibliografia

  • ALVINO, L'utilità obiettiva nelle servitù acquistate per usucapione, Giust. civ., t. I, 1970
  • BARBERO, Delle servitù volontarie, Firenze, Comm.cod.civ. di D'Amelio-Finzi-Barbera, 1942
  • BARTOLUCCI, Trasferimento dell'esercizio della servitù in luogo diverso su istanza del proprietario del fondo servente, Giur. agr. it., 1965
  • BIANCA, Diritto Civile, Milano, VI, 1999
  • BIGLIAZZI GERI - BRECCIA - BUSNELLI - NATOLI, Istituzioni di diritto civile, Genova, vol. I-III, 1980
  • BIONDI, Le servitù, Milano, Tratt. dir. civ. e comm. dir. da Cicu-Messineo, 1967
  • BRANCA, Servitù prediali (Artt. 1027-1099), Bologna-Roma, Comm. cod. civ. a cura di Scialoja-Branca, 1987
  • BURDESE, Servitù prediali, Milano, Trattato dir.civ., 1960
  • COMPORTI, Le servitù prediali, Torino, Trattato dir.priv. diretto da Rescigno, 1982
  • GERMANO', Sul divieto di aggravare o diminuire l'esercizio della servitù, Giur.agraria it., 1972
  • GRECO, In tema di facoltà accessorie del titolare della servitù, Giur.agraria it., 1968
  • GROSSO DEIANA, Le servitù prediali, Torino, 1963
  • MASI, In tema di titolo costitutivo della servitù, Foro it., I, 1974
  • POTENZA MASTROCOLA, Sul trasferimento dell'esercizio della servitù in luogo diverso, quando ricorrano le condizioni previste dall'art. 1068 c.c., 2° comma, Giur. agraria it., 1976
  • VIOLA, Il trasferimento del luogo di esercizio delle servitù, N.Dig.it., 1958

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