Esecuzione della fusione e mancato rispetto del termine di 60 giorni ai fini dell'opposizione dei creditori




Circa la validità di un procedimento di fusione attuato malgrado il mancato decorso del termine di sessanta giorni concesso ai creditori per impugnare la delibera di fusione, si segnalano due opposte teorie.

Una parte della giurisprudenza ritiene che la stipulazione dell'atto di fusione in violazione dell'art. 2503 cod. civ. non comporti l'invalidità di quest'ultimo, bensì il venir meno della sua efficacia erga omnes. In particolare "l'atto di fusione non potrà essere opposto ai creditori opponenti, con conseguente improduttività di effetti dell'estinzione delle società partecipanti alla fusione o incorporate" (Tribunale di Velletri, 23/07/1994 e 10/08/1994 ). Più in particolare si reputa che la fusione stipulata prima della scadenza del termine, pur producendo un effetto definitivo tra le parti (nel senso di vincolarle alla fusione che diverrà automaticamente efficace dopo l'inutile decorso del termine per l'opposizione), tuttavia non consente loro di attuare concretamente la fusione ante diem. Ne segue che l'atto di fusione, temporaneamente inefficace per quanto attiene all'esecuzione della fusione fra le stesse parti è a fortiori inefficace erga omnes e non solo nei confronti dei creditori.

La ratio della norma è infatti quella di impedire la concreta attuazione della fusione, con danno eventualmente irreparabile per i creditori, prima che il termine per la loro opposizione sia decorso. Il che spiega agevolmente perché la stipulazione ante diem dell'atto formale possa ritenersi comunque valida esecuzione della fusione, ma non già a far tempo dalla mera stipulazione del negozio, rimanendo comunque l'efficacia condizionata alla mancata opposizione entro il termine di legge (Cass. Civ., 5076/81 ).

Secondo parte della dottrina, invece, la fusione attuata prima della scadenza del termine rimarrebbe comunque valida ed efficace. Ciò sia in considerazione del modo di disporre dell'art. 2504 quater cod. civ. , sia in considerazione della difficoltà, a fusione attuata, di individuare nell'ambito del nuovo patrimonio unificato, la parte di cui era titolare la società chiamata in giudizio. Ne seguirebbe, in tale ipotesi, che il pregiudizio per i creditori non potrebbe trovare altro rimedio diverso dall'azione di risarcimento del danno nei confronti della società sorta dalla fusione. A ciò potrebbe aggiungersi lo strumento di cui all'art. 2629 cod. civ. , che sancisce la responsabilità degli amministratori di società per le operazioni compiute in violazione delle disposizioni di legge a tutela dei creditori.

E' necessario sottolineare che l'efficacia erga omnes dell'atto di fusione non implica automaticamente la sua opponibilità a tutti i creditori. Ai sensi del V comma dell'art. 2504 bis cod. civ. nell'ambito di una fusione eterogenea, alla quale abbiano partecipato una o più società di persone, i soci di queste rimangono illimitatamente responsabili per le obbligazioni assunte nel tempo che precede l'iscrizione nel registro delle imprese della deliberazione di fusione, a meno che non sia stato attivato il procedimento ex art. 2500 quinquies cod. civ. ed i creditori abbiano dato il loro consenso.

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