Errore ed accettazione d'eredità



Ai sensi dell'art. 483 cod.civ. l'accettazione dell'eredità non è impugnabile per errore. Se Tizio ha accettato puramente e semplicemente l'eredità lasciatagli da Caio perchè convinto che questa presentasse un largo attivo e, successivamente, scopre di essersi sbagliato, esistendo notevoli passività, egli non può a causa di ciò domandare l'annullamento del relativo atto. Sono dunque irrilevanti l'errore sulla consistenza del compendio ereditario, sulle qualità personali del defunto, etc.. L'errore del quale stiamo discutendo è l'errore vizio nota1: l'errore ostativo sarebbe, con tutta evidenza, sempre rilevante, eliminando in radice la volontà di accettare nota2. Si pensi al caso di Primo che accetti, per errore nella dichiarazione, l'eredità di Caio invece dell'eredità di Sempronio.

Questo principio è peraltro temperato dal modo di disporre del II comma della norma in esame, che riguarda il rinvenimento di un testamento posteriore. Se dunque viene scoperto un testamento del quale non si aveva notizia al tempo dell'accettazione, qualunque sia il tempo trascorso dalla apertura della successione (Cass. Civ. Sez. II, 5666/88 ), l'erede non è obbligato a far fronte ai legati in esso previsti oltre il valore dell'eredità o con pregiudizio della porzione legittima che gli è dovuta. Qualora i beni ereditari non siano sufficienti a soddisfare detti legati, si riducono proporzionalmente anche i legati scritti in altri testamenti. Se alcuni legatari sono stati già soddisfatti interamente, contro di loro è data azione di regresso.

In sostanza, pur non essendo ammissibile l'impugnativa per errore, viene concesso all'erede che ha accettato senza sapere dell'esistenza di un testamento che viene rinvenuto soltanto in un tempo successivo a quello dell'accettazione, di poter fruire di una situazione assimilabile a quella del beneficio di inventario. Ciò tuttavia limitatamente ai legati, rimanendo esclusa ogni limitazione per i debiti ereditari. A ben vedere più che di errore si tratta di ignoranza, di mancanza di conoscenza di una situazione spesso oggettivamente non conoscibile e non già di errore, falsa rappresentazione della realtà nota3.

Ai sensi del III comma dell'art. 483 cod.civ. l'onere di provare il valore dell'eredità incombe all'erede.

Note

nota1

Cfr. Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2002, p.167.
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nota2

Sul punto si registrano concordi opinioni. Cfr. Azzariti, Le successioni e le donazioni. Libro II del Codice civile, Napoli, 1982, p.84; Schlesinger, Successioni, in N.mo Dig. it., p.760; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1972, p.379.
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nota3

Tale distinzione concettuale viene rimarcata, tra gli altri, da Prestipino, Delle successioni in generale (Artt. 456-535), in Comm. teorico-pratico cod. civ., diretto da De Martino, Novara-Roma, 1981, p.249. Cfr. anche Saporito, L'accettazione dell'eredità, in Successioni e donazioni a cura di Rescigno, vol.I, Padova, 1994, p.237.
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Bibliografia

  • AZZARITI, Le successioni e le donazioni: Libro secondo del Codice Civile, Padova, 1982
  • CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 1983
  • PRESTIPINO, Delle successioni in generale, Novara-Roma, Comm.cod.civ., dir. da De Martino, 1981
  • SAPORITO, L'accettazione dell'eredità, Padova, Successioni e donazioni, a cura di Rescigno, I, 1994
  • SCHLESINGER, Successioni, NDI, XVIII, 1971

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