Diritti ed obblighi degli amministratori (società a base personale)



L'art. 2260 cod. civ. prevede al I comma che i diritti e gli obblighi facenti capo agli amministratori della società semplice siano disciplinati dalla normativa afferente al contratto di mandato.

I diritti di chi svolge la funzione si sostanziano anzitutto nel diritto alla remunerazione per l'attività svolta. Il punto sollevava un tempo interrogativi. In particolare v'era chi sosteneva che dovesse distinguersi tra amministratore nominato con il contratto sociale ed amministratore nominato con atto separato. Nella prima ipotesi non sarebbe spettato alcun compenso, stante l'intrinseca connessione tra la funzione e la qualità di socio. Quest'ultima infatti avrebbe già rinvenuto compiuta disciplina nella pattuizione afferente alla ripartizione degli utili tra i soci. Nel secondo caso invece il riferimento al contratto di mandato e la conseguente insorgenza della presunzione di onerosità del munus (art. 1709 cod. civ. ), avrebbe condotto all'opposto esito interpretativo nota1. La giurisprudenza si è tuttavia orientata diversamente. In ogni caso infatti è parso logico stabilire l'onerosità dell'operato di chi rivesta la qualità di amministratore, a meno che diversamente risulti da apposita previsione pattizia ovvero che si sia tenuto conto della carica in sede di determinazione della quota di utili da assegnare (cfr. Cass. Civ. Sez. I, 5747/84 ; Cass. Civ. Sez. I, 3236/85 ).

Quanto agli obblighi, essi sono strettamente connessi all'esplicazione dell'attività di gestione della società. Così gli amministratori non solo possono, ma devono attivarsi ai fini della gestione degli affari sociali, con il solo limite costituito dall'oggetto sociale. Essi dovranno così predisporre e presentare i conti della gestione sociale, distribuire utili soltanto nella misura in cui essi si siano effettivamente prodotti, non porre in essere attività concorrenti, insomma compiere ogni atto che sia funzionale alla migliore amministrazione della società.

E' proprio nell'esplicazione di tali condotte che viene in considerazione il disposto di cui al II comma dell'art. 2260 cod. civ. , ai sensi del quale gli amministratori "sono solidalmente responsabili verso la società per l'adempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale". La responsabilità si evidenzia non soltanto in relazione al compimento di comportamenti attivi, ma anche di contegni omissivi (Tribunale di Roma, 09/10/1987). Si pensi all'amministratore che, avvedutosi della azione dannosa di altri, non abbia impedito che la stessa venisse portata a compimento, avvalendosi del diritto di veto (art. 2257 cod. civ.). L'art.2260 cod.civ. individua nella società, quale autonomo centro di imputazione di diritti soggettivi, il soggetto legittimato attivamente ad agire nei confronti del danneggiante (escludendosi pertanto che il singolo socio possa agire per i danni derivanti dalla mala gestio dell'amministratore: cfr. Tribunale di Milano, 2/2/2006 ) . Ciò tuttavia non esclude che i singoli soci possano concorrentemente agire in difesa dei propri diritti (Cass. Civ. Sez. I, 12772/95 ; cfr. anche Tribunale di Milano, 20/10/1997 che si riferisce al principio generale di cui all'art. 2043 cod. civ.). Al riguardo è stata evocata l'analogia rispetto al modo di disporre dell'art. 2395 cod. civ. (Tribunale di Alba, 10/02/1995, ritenuto applicabile anche all'ambito delle società a base personale, tuttavia in relazione al danno diretto patito dal socio, non a quello indiretto: cfr Cass. Civ. Sez. I, ord. 11223/2021). Quando la società si trovasse in liquidazione il promuovimento dell'azione sarebbe invece riservato al liquidatore, ferma peraltro la predetta applicazione analogica (Cass. Civ. Sez. I, 2872/92 ). Può la relativa controversia essere validamente devoluta ad un collegio arbitrale? Al quesito è stata data dalla giurisprudenza risposta affermativa (cfr. Tribunale di Napoli, 17/04/1998 ).

E' il caso infine di rilevare come il cumulo tra la qualità di amministratore e quella di socio può palesarsi non irrilevante. Così è possibile promuovere verso colui che abbia violato i propri doveri non soltanto l'azione di responsabilità in parola, bensì anche il procedimento volto ad ottenerne, quale socio, l'esclusione dalla società ai sensi dell'art. 2286 cod. civ. (Cass. Civ. Sez. I, 2736/95 ).

Note

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Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1987, p. 120.
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Bibliografia

  • DI SABATO, Manuale delle società, Torino, 1987

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