Differenza tra la retroattività obbligatoria della risoluzione e retroattività reale propria dell'annullamento



Per comprendere appieno l'efficacia meramente obbligatoria ed interna della retroattività della risoluzione (art. 1458 cod.civ. ) occorre porre in luce l'indifferenza della sussistenza o meno del requisito della buona fede in capo al terzo subacquirente avente causa da colui che ha acquistato un diritto in forza di un contratto risolubile, ai fini della definitiva sicurezza dei diritti acquistati nota1.

Si palesa a questo proposito una fondamentale differenza dell'operatività della risoluzione rispetto a quella propria dell'invalidità del contratto (nullità ed annullabilità).

E' possibile avvicinare la risoluzione, quanto agli effetti nei confronti dei terzi, all'annullamento che non dipenda da incapacità legale. Infatti, come meglio si evidenzia altrove, l'art. 1445 cod.civ. prevede che l'annullamento che non dipenda da incapacità legale, non pregiudica i diritti dei terzi di buona fede a titolo oneroso.

Questa somiglianza attiene tuttavia soltanto ed esclusivamente all'aspetto cronologico: vale a dire che, ovviamente solo per quanto attiene ai casi in cui entri in gioco l'istituto della trascrizione, è operativo sia per il caso di cui all'art. 1445 cod.civ. , sia per quello di cui all'art. 1458 cod.civ. , il principio in base al quale, per non subire pregiudizio, l'acquisto del terzo avente causa da colui che ha acquistato in base ad un atto viziato, deve esser trascritto anteriormente alla domanda giudiziale rispettivamente di annullamento ovvero di risoluzione, altrimenti prevalendo l'interesse del soggetto che ha proposto l'impugnativa.

Per tutto il resto invece il discorso si pone assai diversamente.

La tutela di cui all'art. 1445 cod.civ. è subordinata ai seguenti presupposti:

  1. che il terzo abbia acquistato il diritto in buona fede;
  2. che tale acquisto sia intervenuto a titolo oneroso.

L'art. 1458 cod.civ. fa invece menzione del diritto dei terzi non distinguendo nè tra quanti siano in buona fede e quanti non lo siano, nè il titolo dell'acquisto (se cioè esso intervenga onerosamente ovvero gratuitamente) nota2.

L'art. 1445 cod.civ. configura un caso di acquisto a non domino, mentre altrettanto non si può riferire per l'acquisto che interviene da colui che ha acquistato un diritto in forza di un contratto soggetto a risoluzione.

L'art. 1458 cod.civ.  prevede che il terzo subacquirente acquisti dunque a domino nota3. L'unica possibilità di un pregiudizio per il terzo (in base ai principi in tema di trascrizione) si riscontra in relazione all'eventuale ignoranza non scusabile del terzo medesimo, per non essersi avveduto della anteriore trascrizione della domanda giudiziale intesa ad ottenere la risoluzione del titolo del proprio dante causa (ovvero della domanda giudiziale intesa a far accertare l'intervenuta risoluzione dello stesso titolo acquisitivo in esito alla verificazione di un'ipotesi di risoluzione di diritto).

Note

nota1

Si veda Costanza, in Comm. cod. civ., diretto da Cendon, vol. IV, Torino, 1999, p.845.
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nota2

Tra gli altri Bianca, Diritto civile, vol. V, Milano, 1997, p.301;

nota3

Tamponi, La risoluzione per inadempimento, in I contratti in generale, a cura di Gabrielli, Torino, 1999, p.1525.
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Cfr. Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, vol. III, Milano, 1959, p.685; Mengoni, Gli acquisti a non domino, Milano, 1975, p.9.
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Bibliografia

  • BIANCA, Diritto civile, Milano, V, 1997
  • COSTANZA, Torino, Comm.cod.civ. diretto da Cendon, IV, 1999
  • MENGONI, Gli acquisti a non domino, Milano, 1975
  • TAMPONI, La risoluzione per inadempimento, Torino, I contratti in generale, II, 1999


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