Comunione tacita familiare




L'art. 2140 cod.civ. nota1 come previgente alla legge di riforma del diritto di famiglia, prevedeva la figura della comunione tacita familiare. Essa consisteva in una struttura associativa caratterizzata dalla comunanza di tetto e di mensa, dal vincolo di parentela o di affinità tra i partecipanti, dallo svolgimento di un'attività lavorativa comune diretta alla formazione di un unico peculio (ma si veda Cass. Civ., Sez. Lavoro, sent. n. 18201/13 nonchè Cass. Civ., Sez. Lavoro, 9579/2014 sulla sorte degli acquisti effettuati dal singolo componente) gestito senza particolari formalità e destinato alla esigenze della famiglia (Cass. Civ. Sez. I, 1688/87). Sembra arduo ipotizzare una soggettività della figura distinta rispetto a quella delle singole persone fisiche legate tra loro dai particolari vincoli di cui alla norma riferita, la quale si limitava a disporre alcune prescrizioni specifiche intese a dar conto della specifica modalità di gestione di elementi patrimoniali.

Incombe al coniuge che rivendica la pari appartenenza di un bene, nonostante la formale intestazione di esso all'altro coniuge, l'onere di dar conto della sussistenza di tutti i requisiti propri della figura (Cass. Civ. Sez. II, 7872/2021). Trattandosi di beni immobili sarà conseguentemente escluso il ricorso alla prova testimoniale (Cass. Civ. Sez. VI-II, ord. 33844/2021).

Note

nota1

Il testo originario era così formulato: "le comunioni tacite familiari nell'esercizio dell'agricoltura sono regolate dagli usi".
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