Competenze gestionali delegabili al direttore generale, ad altri dipendenti oppure ai terzi (società per azioni)



Tra i poteri degli amministratori, rientra quello di attribuire (a dipendenti o a terzi) determinate funzioni, finanche i poteri di rappresentanza idonei ad obbligare la società nei confronti di terzi. Tra i dipendenti, un ruolo primario è svolto dai direttori generali, che svolgono attività di alta gestione. Ad essi, il legislatore ha dedicato l'art. 2396 cod.civ. , ai sensi del quale "le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori si applicano anche ai direttori generali nominati dall'assemblea o per disposizione dello statuto, in relazione ai compiti loro affidati, salve le azioni esercitabili in base alla rapporto di lavoro con la società".

I direttori generali sono al vertice della gerarchia dei lavoratori subordinati dell'impresa, sono investiti di ampi poteri decisionali e danno esecuzione alle direttive loro impartite dagli amministratori. Appare evidente che ai direttori generali non possano essere delegate tutte le funzioni inerenti la direzione dell'attività sociale. Ciò infatti comporterebbe uno svuotamento dei poteri gestori in capo agli amministratori che invece devono mantenere, oltre ai poteri organizzativi della società loro riservati per legge (potere di convocare l'assemblea, cooptazione, redazione dei progetti di bilancio ecc.), anche il potere di direzione e di supremazia gerarchica che si sostanzia nella possibilità di revocare la nomina del direttore generale, di impartire direttive e avocare a sé le operazioni rientranti nella delega.

I direttori generali a loro volta possono subdelegare, generalmente ai dirigenti di rango inferiore, i compiti loro attribuiti, mantenendo sugli stessi i poteri di direzione e supremazia gerarchica.

Appare opportuno sottolineare che nulla osta a che uno stesso soggetto rivesta la qualifica sia di amministratore, sia di direttore generale. La figura di amministratore di società e di direttore generale, pur essendo concettualmente diverse, l'una consistendo nella gestione dell'impresa, l'altra nell'esecuzione (sia pure al più elevato livello) delle disposizioni generali impartite dal consiglio di amministrazione, sono infatti cumulabili, purché il cumulo non sia tale da snaturare il vincolo di subordinazione (Cfr. Cass. Civ. Sez. Lavoro, 894/98 ).

La nomina dei direttori generali può essere effettuata:
  • dalla assemblea ordinaria dei soci;
  • dal consiglio di amministrazione, dal comitato esecutivo o dall'amministratore delegato in base a disposizioni dello statuto;

e, secondo un'opinione,
  • dal consiglio di amministrazione e, nei limiti delle rispettive deleghe, dal comitato esecutivo o dall'amministratore delegato, anche mancanza di disposizione dello statuto;
  • tacitamente con nomina desunta dall'esercizio di fatto delle funzioni svolte nota1.

Circa la responsabilità del direttore generale, quest'ultimo, se nominato dall'assemblea o a seguito di espressa previsione statutaria, oltre a subire l'applicazione della normativa disciplinante il rapporto di lavoro subordinato, sarà altresì soggetto alle norme che regolano la responsabilità civile degli amministratori in relazione compiti loro affidati.

È controverso se gli amministratori possano nominare direttori generali in assenza di espressa previsione statutaria nota2 e, in caso di risposta affermativa, quale sia il regime di responsabilità applicabile direttori generali comunque nominati. In tale ipotesi si ritiene che dovrebbe essere possibile applicare, per analogia, il regime di responsabilità dei direttori generali nominati ex art. 2396 cod.civ. , alla stregua dell'equiparazione, ormai pacifica (Cfr. Cass. Civ. Sez. I, 1925/99 e Cass. Civ. Sez. I, 9795/99), degli amministratori di fatto agli amministratori legalmente nominati.

Fatta eccezione per i direttori generali, tutte le altre strutture della società saranno nominate dal consiglio di amministrazione o, nei limiti delle rispettive deleghe, dagli amministratori delegati, dal direttore generale, o anche da eventuali preposti a quest'ultimo subordinati.

Più difficile, invece, appare ammettere la possibilità di operare una delega di funzioni gestorie a soggetti terzi, estranei alla società, legati a quest'ultima esclusivamente da un rapporto di lavoro autonomo. La difficoltà nel caso di specie consiste non tanto nell'ipotizzare che un soggetto terzo, estraneo alla società, contribuisca a curarne la gestione, quanto nel fatto che, nei confronti del soggetto terzo, difficilmente l'organo amministrativo della società potrà mantenere il potere di direzione e supremazia che gli compete. Ne segue che in tali ipotesi, non potendosi ammettere una abdicazione da parte degli amministratori del loro potere di gestione, dovrà giocoforza ritenersi sussistente un rapporto di lavoro subordinato, formalmente qualificato come mandato o lavoro autonomo.

Note

nota1

Cfr. Cass. Civ. Sez. I, 9795/99 , in Giur. It. 2000, p.1434, secondo cui la qualifica di direttore generale era stata attribuita ad un soggetto il quale, pur privo di qualsiasi qualificazione formale, si era ingerito in modo sistematico nella gestione sociale e si era qualificato come direttore generale della società e firmava per la società.
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nota2

Per la soluzione affermativa, vedi Borgioli, I direttori generali di società per azioni, Giuffrè, Milano, 1975, p.166; Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1999, p. 286. Contra Abbadessa, Il direttore generale, in Tratt. delle società per azioni, diretto da Colombo-Portale, Torino, 1999, p. 499.
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