Competenza degli amministratori per la determinazione degli effetti della fusione


Massima

All’organo amministrativo, in sede di attuazione della fusione e di stipula del relativo atto:
a) è sottratta la possibilità di decidere in ordine alla possibile retrodatazione degli effetti contabili (art. 2501-ter, nn. 5 e 6);
b) è rimessa (nella s.r.l. in assenza di diversa indicazione nel progetto o nella decisione dei soci) una completa autonomia in ordine alla possibile postdatazione di tutti gli effetti (art. 2504-bis, comma 2);
c) è rimessa (nella s,r,l, in assenza di diversa indicazione nel progetto o nella decisione dei soci) una completa autonomia in ordine alla possibile retrodatazione degli effetti fiscali (art. 172, comma 9, T.U.I.R.).

Motivazione

1) La fattispecie ed il quesito

Nella prassi operativa delle operazioni di fusione viene frequentemente richiesto di rimettere all’organo amministrativo, o meglio al legale rappresentante delegato alla sottoscrizione dell’atto, la decisione in ordine agli effetti della fusione. Poiché l’efficacia dell’operazione di fusione è in larga parte sottratta alla disponibilità delle società interessate e fissata dalla legge (cfr. art. 2504-bis, comma 2, c.c.) , in questa sede si vuole verificare quando l’organo amministrativo (e non i soci, ossia l’assemblea) possa disciplinarne alcune applicazioni, e precisamente:
a) la retrodatazione ex artt. 2501-ter, nn. 5 e 6;
b) la postdatazione ex art. 2504-bis, comma 2;
c) la retrodatazione “fiscale”, ex art. 172, comma 9, T.U.I.R..

2) La soluzione

Si ritiene che ai quesiti sopra posti possa darsi:
sub a) una risposta negativa;
sub b) una risposta positiva;
sub c) una risposta positiva.

3) Ragioni della competenza dei soci in ordine alla retrodatazione (parziale)

La regola generale, secondo cui l’efficacia della fusione deriva dall’“ultima delle iscrizioni prescritte dall’articolo 2504”, soffre una prima eccezione con riferimento alla possibile retrodatazione di alcuni degli effetti, sancita dallo stesso terzo comma dell’articolo.
Si tratta di una possibilità offerta alle società – riferita alla data dalla quale le azioni/quote partecipano agli utili ed a quella dalla quale le operazioni delle società partecipanti sono imputate al bilancio della risultante/incorporante – per intervenire sugli aspetti contabili e reddituali: non sono cioè coinvolti né l’affidamento né gli interessi dei terzi, ma solo profili “disponibili”, in quanto suscettibili di incidere esclusivamente sui rapporti interni tra i soci delle società interessate all’operazione. Inoltre, le due ipotesi di “retroattività”, contabile e reddituale, per quanto solitamente operanti congiuntamente, sono autonome l’una dall’altra e talvolta il progetto ne contempla una soltanto.

Poiché l’opinione pressoché pacifica di dottrina e giurisprudenza milita a favore della competenza dei soci in materia, in questa sede ci limiteremo a ricordarne, schematicamente, le principali argomentazioni:
a) la possibilità di retrodatare alcuni degli effetti della fusione trova fondamento nella norma (art. 2501-ter) che individua il contenuto “minimo” del progetto e quindi, sotto un profilo formale, non può essere rimessa ad una successiva ed autonoma scelta dell’organo amministrativo;
b) la retrodatazione contabile e/o reddituale è suscettibile di incidere profondamente sugli interessi economici dei soci e sulla loro valutazione della convenienza dell’operazione – risolvendosi nella fissazione del criterio di determinazione e successiva ripartizione degli utili – e quindi, sotto un profilo sostanziale, tale decisione non può essere loro sottratta.
Simili fondanti considerazioni e gli interessi coinvolti spiegano, inoltre, perché:
c) non pare ammissibile, nell’ambito del progetto di fusione, la previsione del conferimento di una delega decisionale in bianco all’organo amministrativo;
d) è ritenuta invalida una retrodatazione assoluta, ossia di tutti gli effetti della fusione, a prescindere dalla circostanza che sia contenuta nel progetto o nella decisione dei soci nota1.

4) Ragioni della competenza degli amministratori in ordine alla postdatazione (assoluta)

La possibile postdatazione degli effetti della procedura di fusione si atteggia, invece, in modo radicalmente differente: in primo luogo la legge – art. 2504-bis, comma 2 – offre unicamente la possibilità di postdatare tutti gli – e non alcuni degli – effetti dell’operazione, sottraendo cioè alle società interessate la possibilità di intervenire selettivamente su alcuni specifici aspetti della disciplina e confermando così indirettamente l’eccezionalità della previsione in materia di retrodatazione “obbligatoria”.

La competenza decisionale degli amministratori non trova una specifica norma legittimante, tanto che parte della dottrina ritiene ancora oggi che tale possibilità sia loro preclusa: in perfetto parallelismo con la retrodatazione “obbligatoria e parziale”, sarebbe cioè necessaria una previsione nel progetto di fusione ed una deliberazione/decisione dei soci, espressa anche mediante la generale approvazione dell’operazione nota2.

L’argomento letterale appare in realtà assolutamente reversibile. Se manca una norma espressa che attribuisca tale competenza agli amministratori, infatti, è altrettanto vero che nessuna indicazione del legislatore depone in senso contrario: non l’art. 2504-bis, che introduce la postdatazione con un generico “può tuttavia essere stabilita una data successiva”, senza cioè radicare una competenza in capo ad uno specifico organo sociale; non l’art. 2501-ter, che non annovera alcun elemento inerente la postdatazione degli effetti tra quelli che devono risultare dal progetto (a differenza, appunto, della retrodatazione); non l’art. 2502, che dettando il contenuto della decisione dei soci inerente alla fusione non formula alcuna prescrizione in ordine ad eventuali postdatazioni.
Ma è l’analisi “sostanziale” della vicenda che permette di cogliere l’assoluta valenza gestionale della scelta e conseguentemente di giustificare la competenza dell’organo amministrativo, poiché “rimandare” ad una precisa scadenza successiva – ad esempio la fine del mese in corso alla data di sottoscrizione dell’atto – l’efficacia dell’operazione risolve molti problemi concreti, analogamente a quanto viene abitualmente stabilito nelle operazioni di cessione e/o di conferimento di complessi aziendali nota3.

A tale risultato, del resto, già si perviene constatando come il sistema rimetta, di fatto, agli amministratori la scelta dell’esatto momento dal quale far decorrere gli effetti della fusione. Essi non possono determinare un giorno preciso, in quanto alla sottoscrizione dell’atto seguiranno i tempi necessari al notaio per svolgere il suo controllo ed inviare la pratica al Registro Imprese e quelli –5 giorni, ma il termine è ordinatorio – di quest’ultimo ufficio per procedere alla definitiva iscrizione; ma l’avvio di questa fase finale del procedimento è rimesso indubbiamente al loro impulso. Tale “impulso finale” non è disciplinato da alcuna norma specifica che imponga agli amministratori di sottoscrivere l’atto di fusione entro termini precisi, ma ciò che governa la scelta è il normale parametro di diligenza che informa tutta la loro attività; essi godono pertanto di una discrezionalità tecnica, squisitamente gestoria, che permette un certo arbitraggio indiretto sulla decorrenza degli effetti dell’operazione senza necessità di concordare sulla loro competenza specifica in materia di postdatazione, potendo semplicemente ricorrere ad un ragionato “ritardo” del momento in cui perfezionare l’atto nota4.

Proprio da una riflessione su questi ultimi profili, volta a sottrarre la decisione sugli effetti della fusione ad un possibile comportamento scorretto degli amministratori, nasce una proposta interpretativa intermedia nota5.

Secondo l’Autore che l’ha avanzata, infatti, per quanto vi siano elementi nel sistema idonei a suggerire una competenza degli amministratori, non è ammissibile una incontrollabile attribuzione di poteri: per evitare gli inconvenienti di una simile “indeterminatezza” sarebbe pertanto necessario che le società – rectius i soci in sede di decisione – delegassero espressamente l’organo amministrativo, fissando un termine massimo entro il quale gli effetti devono prodursi; oppure i soci potrebbero demandare agli amministratori la scelta se avvalersi o meno di tale possibilità, ma sempre entro un termine massimo fissato; od ancora potrebbero individuare più termini tra loro alternativi, lasciando agli amministratori l'opzione finale nota6.

Le ragioni che fanno preferire la tesi più permissiva muovono dalla considerazione che la preoccupazione espressa coglie in realtà un problema trasversale, presente in ogni procedimento di fusione a prescindere dalla possibilità di postdatazione. Anche nell’ipotesi tipica, come visto in precedenza, gli amministratori possono ritardare, potenzialmente sine die, l’attuazione della fusione, postdatandone “di fatto” gli effetti, ma non per questo si ritiene che l’assemblea debba sempre e necessariamente fissare un termine massimo di attuazione dell’operazione. La possibile responsabilità degli amministratori per condotte non conformi alla diligenza che deve ispirare l’esecuzione di deliberazioni assembleari, non può tradursi nell’enucleazione di un limite alla loro competenza che il legislatore non delinea affatto: né esiste, come rilevato da un recente studio nota7, alcun termine massimo per la conclusione del procedimento di fusione, in perfetta coerenza con quanto qui si sostiene in ordine alla competenza degli amministratori in tema di postdatazione. Nel caso di una fusione in cui la stipula dell’atto sia slittata molto tempo dopo il decorso del termine per l’opposizione, infatti, gli amministratori dovranno valutare se sia necessario un aggiornamento dei dati, se si debba interrompere il procedimento ed eventualmente riavviarlo, o se più semplicemente si possa procedere, rispondendone ove la loro libera valutazione si riveli successivamente errata nota8; gli stessi principi ed un’analoga potenziale responsabilità costituiscono i termini di riferimento per la loro scelta sulla postdatazione dell’operazione.

Una posticipazione di pochi giorni, che è quanto la prassi normalmente richiede, non pare violare alcun interesse particolare dei soci e sembra invece rispondere a comprensibili esigenze gestionali di predeterminazione degli effetti, possibilmente ad una data che minimizzi i problemi operativi conseguenti alla fusione stessa; una posticipazione di durata superiore, invece, può sollevare interrogativi che trovano risposta ed adeguata garanzia nei principi sopra ricordati.
Il radicamento in capo agli amministratori della valutazione sull’eventuale postdatazione produce un ulteriore effetto positivo, perché permette di individuare una data certa dalla quale l’operazione produrrà i suoi effetti, senza scontare quel – pur minimo – margine di incertezza legato alla tempistica degli adempimenti finali, di competenza del notaio e del Registro delle Imprese nota9.

5) La disciplina della possibilità di postdatazione degli effetti rimessa agli amministratori

Individuata nel sistema la competenza dell’organo amministrativo, resta da stabilire quanto essa sia ampia in relazione alla tipologia di fusione posta in essere e se possano essere introdotti dei limiti al suo esercizio.
Partendo da quest’ultimo punto, si ritiene che anche ove il progetto di fusione – nel suo contenuto facoltativo – fissi alcuni principi in ordine all’efficacia dell’operazione, almeno nella s.p.a. permanga per gli amministratori uno spazio autonomo d'intervento. Il riparto di competenze interno alla s.p.a. che emerge dai nuovi indici normativi - cfr. artt. 2364 n. 5 e 2380 bis - e la già ribadita natura squisitamente gestionale delle scelte in ordine alla postdatazione degli effetti, indicano infatti che la mera circostanza dell'inserimento di indicazioni al riguardo nel progetto, approvato dai soci, o la loro formulazione direttamente nel corpo della delibera di approvazione della fusione, non costituiscono elementi tali da rendere queste "istruzioni" vincolanti per gli amministratori, che manterranno intatta la loro autonomia decisionale.
La soluzione è invece diversa per la s.r.l., per la quale il progetto approvato dai soci o la decisione di fusione, contenenti indicazioni in ordine alla postdatazione degli effetti, assumono il carattere di direttiva vincolante, che gli amministratori non possono disattendere in sede di attuazione dell'operazione.
L’impatto operativo della soluzione proposta è poi destinato ad ampliarsi ove si ritenga di smentire l’assunto, letteralmente indiscutibile, della seconda parte del secondo comma dell’art. 2504-bis, secondo cui solo “nella fusione mediante incorporazione può tuttavia essere stabilita una data successiva”.
La considerazione che sarebbe “davvero arduo, anche dal punto di vista logico, concepire un soggetto giuridico (la società risultante dalla fusione) esistente (in quanto la fusione è stata regolarmente stipulata e resa pubblica), ma privo di patrimonio (in quanto la fusione non ha prodotto i suoi effetti) e dunque incapace di fungere da centro di imputazione di responsabilità” nota10, trovava sino ad anni recenti numerosi supporti in dottrina nota11, ma ad un più attento esame appare superabile e forse fondata su un equivoco di fondo nota12.

Se infatti si parte dalla premessa che la postdatazione incide su tutti gli effetti giuridici della fusione, non può assolutamente verificarsi alcun “vuoto” di responsabilità o di imputabilità di rapporti: la nascita della società risultante e la confusione dei patrimoni delle società partecipanti alla fusione, infatti, si producono nello stesso momento, siano esse postdatate rispetto alla iscrizione dell’atto nel registro delle imprese oppure ad essa contestuali.
La ormai raggiunta identità di vedute circa la ricostruzione teorica delle tipologie di fusione – per incorporazione e propria –, entrambe ascrivibili alla categoria delle modificazioni statutarie delle società partecipanti nota13, rende la soluzione più agevole e coerente e porta a concludere che “non vi è alcuna ragione pratica, logica o giuridica per negare la possibilità di introdurre nell’atto di fusione clausole di postdatazione degli effetti della fusione anche laddove si tratti di fusione propria e non per incorporazione” nota14.

6) La retrodatazione "fiscale"

Un ulteriore esempio di dissociazione di alcuni effetti della fusione, anche se di rilievo non civilistico, emerge dall’esame della normativa fiscale e conferma che, nella poliedricità di questa operazione, sussistono alcune valutazioni, di natura squisitamente gestionale, che ritagliano per l’organo amministrativo un autonomo spazio decisionale.

L’art. 172, comma 9, del T.U.I.R., prevede che “l’atto di fusione può stabilire che ai fini delle imposte sui redditi gli effetti della fusione decorrano da una data non anteriore a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella, se più prossima, in cui si è chiuso l’ultimo esercizio della società incorporante”: in continuità con il precedente art. 123, comma 7, la norma fiscale affida tale scelta ad una opzione espressa nell’atto e quindi, pacificamente, per la dottrina commercialistica e tributaria, agli amministratori che lo pongono in essere. Nessun dubbio viene manifestato sul fatto che il limite legale espresso sia inderogabile, al punto che l’interpretazione è di tipo meramente formalistico: l’opponibilità “fiscale” della retrodatazione dipende esclusivamente dalla opzione espressa in atto dagli amministratori, a nulla valendo che sia disposta dal progetto o dalla delibera e sia semplicemente richiamata nell’atto nota15.

Detto “formalismo” trova peraltro sostegno nell’esame degli interessi concreti sottesi alla scelta nota16 e già un’attenta dottrina concordava, in anni non più recentissimi, con tale valutazione: esaminando la possibilità per gli amministratori di apportare modifiche al progetto di fusione – prima dell’attuale e più permissivo art. 2502, comma 2 – ne ammetteva la sussistenza quando “esse si riferiscano ad una sfera di esclusiva competenza degli amministratori, come appunto è a dirsi della clausola di retroattività fiscale, la quale concerne una materia, quella della politica appunto fiscale dell’impresa, come tale riservata, in via di principio, alle competenze degli amministratori” nota17.

La tendenziale coincidenza pratica della scelta in ordine agli aspetti contabili (art. 2501-ter, nn. 5 e 6) e fiscali (art. 172, comma 9, T.U.I.R.), infine, non esclude che la loro disciplina rimanga profondamente differente:
a) la scelta sui primi è anticipata alla fase della redazione del progetto e presuppone un’approvazione dei soci, mentre per i secondi l’organo competente è quello amministrativo;
b) essi possono anche risultare disallineati (ad esempio retrodatati i primi e non i secondi), per una serie di valutazioni concrete relative alla singola operazione di fusione;
c) il limite legale della retrodatazione “civilistico-contabile” è desunto dal sistema e coincide con l’approvazione del bilancio di esercizio delle società partecipanti alla fusione; quello della retrodatazione “fiscale” è esplicito e fissato dal legislatore con la chiusura dell’ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella data, se più prossima, in cui si è chiuso l’ultimo esercizio della società incorporante.

Note

nota1

Per un inquadramento generale della retrodatazione, per il suo ambito “obbligatorio” e per la necessità di prevedere nel progetto, e quindi sottoporre alla decisione dei soci, tali opzioni, vedi in generale: C. Santagata, Le fusioni, in Tratt. delle soc. per azioni, diretto da G. E. Colombo e G. B. Portale, vol. 7**1, Torino, 2004, p. 224 ss.; G. Ferri jr., Modificabilità e modificazioni del progetto di fusione, Milano, 1998, p. 138 ss.; F. Magliulo, La fusione delle società, Milano, 2005, p. 314. In particolare, sulla possibilità di retrodatare solo alcuni degli effetti e quindi sulla reciproca autonomia delle previsioni di cui ai nn. 5 e 6 dell’articolo, vedi, ex multis, M. Di Sarli, Commento sub art. 2504-bis, commi 2 e 3, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L. A. Bianchi, F. Ghezzi e M. Notari, Milano, 2006, vol. Trasformazione - Fusione - Scissione, p. 843 ed ivi p. 847; A. Serra e M. S. Spolidoro, Fusione e scissione, Torino, 1994, p. 144; G. Ferri jr, op. cit., p. 153 ss.; C. Santagata, op. cit., p. 232.
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nota2

Vedi, per tutti, G. F. Campobasso, Diritto commerciale. 2. Diritto delle società, Torino, 2009, p. 564.
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nota3

Già in questo senso P. Marchetti, Appunti sulla disciplina della fusione, in Riv. Not., 1991, I, 45; concordano oggi su questa ricostruzione, pur con differenti motivazioni, F. Magliulo, op. cit., p. 308 ss.; A. Serra e M. S. Spolidoro, op. cit., p. 142; E. Civerra, Le operazioni di fusione e scissione. L’impatto della riforma e la nuova disciplina di leverage buy out, Milano, 2003, p. 131.
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nota4

Coglie questo aspetto, ad esempio, F. Magliulo, op. cit., p. 309.
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nota5

C. Santagata, op. cit., pp. 567-568. Contrario ad una competenza degli amministratori sul punto, con motivazioni sostanzialmente simili, anche M. Perrino, Commento sub. artt. 2504-2504 ter, in Società di capitali. Commentario, a cura di G. Niccolini e A. Stagno d’Alcontres, Napoli, 2004, vol. III, Napoli, 2004, p. 1974 ed ivi p. 1976, sub nota 14.
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nota6

Secondo C. Santagata, op. cit., 567, “si lascia intendere che la postdatazione potrebbe essere introdotta anche in sede di stipulazione dell’atto di fusione, siccome risulta dalla localizzazione della norma e dalla stessa indicazione della Relazione”; ma proprio per tali ragioni, poiché “potrebbe sostenersi che nessun limite sia imposto all’autonomia della società nello «stabilire» una «data successiva»”, “salvo ipotesi particolari (l’esigenza di un’autorizzazione governativa e simili), deve escludersi l’incontrollata attribuzione ai rappresentanti del potere di introdurre nell’atto di fusione la clausola di postdatazione senza che sia previamente stabilita la «data successiva»”.
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nota7

Studio del CNN n. 154-2007/I , Il "termine massimo" per la conclusione del procedimento di fusione” .
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nota8

Nello studio citato alla nota precedente si legge infatti: “Quando fra le varie fasi del procedimento intercorre un lasso di tempo considerevole, il problema dell'aggiornamento del progetto sottoposto alla approvazione assembleare e della stessa stipulabilità dell'atto di fusione – e, potremmo aggiungere, della postdatabilità della stessa – riguarda non solo le indicazioni relative ai dati contabili ma anche quelle concernenti altri dati. E ciò può obbligare gli amministratori, su cui incombe la relativa responsabilità, a procedere, a seconda dei casi, all'aggiornamento dei dati ovvero ad interrompere ed eventualmente ricominciare la procedura, a prescindere dall'esistenza di un termine ordinamentale massimo, legato agli adempimenti procedurali, da cui poter desumere la correttezza o meno dello stesso procedimento di fusione”.
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nota9

Il pensiero corre a quelle frequenti richieste di decorrenza dell’operazione – atto in dicembre ed effetti dal 1° gennaio dell’anno successivo – realizzabili attraverso una serie di accorgimenti pratici non facilmente gestibili.Tale risultato potrebbe essere raggiunto anche se l’organo competente fosse l’assemblea – i soci –, ma le difficoltà di valutazione del termine idoneo aumenterebbero considerevolmente, vista la distanza tra la deliberazione – decisione – e gli adempimenti finali, determinandosi così il rischio di una postdatazione più ampia del necessario.
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nota10

Così la Relazione di accompagnamento al d. lgs. 22/1991.
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nota11

Vedi G. F. Campobasso, op. cit., p. 654; G. Laurini, Manuale breve della s.r.l. e delle operazioni straordinarie, Padova, 2004, p. 130; L. Salvato, Le operazioni di fusione e scissione, in Aa. Vv., Manuale di volontaria giurisdizione, a cura di V. Salafia, Milano 1999, p. 648; A. Serra e M. S. Spolidoro, op. cit., p. 142.
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nota12

Così C. Santagata, op. cit., p. 566.
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nota13

Per un aggiornato quadro del dibattito storico sul punto vedi, ex multis, F. Dimundo, Commento sub art. 2504-bis, comma 1, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L. A. Bianchi, F. Ghezzi e M. Notari, Milano, 2006, vol. Trasformazione - Fusione - Scissione, p. 813 ss..
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nota14

Così F. Magliulo, op. cit., p. 311; favorevoli alla tesi preferita anche C. Santagata, op. cit., p. 567; A. Picciau, Osservazioni alle istruzioni del Tribunale di Milano per la omologazione in materia di fusione, in Foro it., 1991, IV, p. 500; M. Di Sarli, op. cit., p. 846.
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nota15

Vedi sul punto A. Genovese, La decorrenza dell’effetto e la retroattività contabile della fusione, in Riv. soc., 2000, 141 ed ivi pp. 184 e 187 ss., oltre agli Autori citati alla nota 169 per un esame dalla visuale esclusivamente fiscale.
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nota16

Della medesima opinione sembra essere F. Magliulo, op. cit., p. 315.
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nota17

G. Ferri jr., Fusione retroattiva e modificabilità del progetto, in Studi a materiali, 6.1., Milano, 2001, 10 ed ivi p. 16; opinione confermata successivamente in una risposta a quesito n. 1-2006/I, Retrodatazione degli effetti contabili e fiscali della fusione e facoltà di modificare l’atto di fusione.
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