Non si dubita che possa essere qualificata come colposa tanto un'azione quanto un'omissione. Ciò premesso, resta da chiarire quali siano i presupposti perché sussista una culpa in omittendo (c.d.
colpa omissiva). Al riguardo deve riscontrarsi come
la giurisprudenza prevalente affermi che la colpa omissiva sia tipica, vale a dire sussista solo laddove vi fosse in capo all'agente l'obbligo giuridico di tenere un determinato comportamento che, in concreto, è stato omesso.La problematica è stata frequentemente analizzata in relazione alla responsabilità degli istituti di credito per danni da rapina subiti dal cliente. In particolare, la Suprema Corte, a fronte della prospettazione di una colpa omissiva
ex art.
2043 cod. civ. e art.
40, II comma, c.p., configurante una posizione di garanzia della banca nei confronti dell'incolumità fisica del cliente, ha escluso la predetta responsabilità, argomentando che la colpa omissiva sussiste solo nei casi in cui sia la legge ad imporre di attivarsi a tutela di determinati beni
nota1, sul presupposto che nel nostro ordinamento non può ritenersi sussistente un dovere generale gravante sui consociati di impedire la commissione di fatti dannosi ad opera di altri. La responsabilità della banca, dunque, dev'essere esclusa, non esistendo norme che impongano alla banca medesima l'obbligo di tutelare l'incolumità fisica dei clienti
nota2. Viceversa, una parte della dottrina ritiene di poter superare l'orientamento tradizionale, ritenendo sussistente la colpa omissiva non solo nelle ipotesi di violazione di obblighi specificamente previsti da norme di legge, ma anche in tutti quei casi in cui l'obbligo di agire sia imposto "da principi di prudenza, di solidarietà, di perizia, tenuto conto delle circostanze del caso"
nota3. Secondo questa dottrina, il problema della colpa omissiva dovrebbe esser risolto in base ai principi generali in materia di colpa commissiva. In questo senso, sarebbe colposa qualsiasi astensione dal comportamento che ci si sarebbe dovuto attendere in quella situazione particolare dall'uomo normale, razionale ed avveduto. In particolare, in forza del combinato disposto degli artt.
2 Cost. e
2043 cod. civ. si potrebbe, pertanto, "chiedere al singolo di sacrificare la propria libertà di astensione in tutti i casi nei quali il danno poteva essere prevenuto ed evitato da una persona di normale diligenza con un comportamento positivo e senza suo rischio"
nota4.
La Cassazione, tuttavia, è ben lungi dall'accogliere una simile interpretazione del problema dell'obbligo di impedire l'evento, affermando: "l'obbligo di impedire l'evento può nascere soltanto da una norma di legge che lo preveda specificamente, o da particolari rapporti giuridici, ovvero ancora da una data situazione, in ragione della quale il soggetto sia tenuto a comporre una determinata attività a protezione del diritto altrui". Situazione certamente ravvisabile nelle ipotesi di precedente attività pericolosa di un soggetto, tenuto quindi ad impedire che quella pericolosità si traduca poi in danno effettivo, "ma che certamente non è profilabile quando nulla il soggetto abbia fatto per creare dette condizioni, come appunto è avvenuto nella specie, dove l'istituto bancario si è limitato a svolgere la sua normale attività lecita, sia pure senza il presidio di guardie armate, evidentemente ritenuto inutile contro eventuali assalitori (a cui, del resto, normalmente le banche ricorrono bensì, ma a difesa di beni propri e non altrui)" (cfr. Cass. Civ. Sez. III,
2619/83). In relazione al riferito orientamento è stato escluso, ad esempio, che l'amministrazione carceraria possa essere ritenuta responsabile della morte di un carcerato per assunzione di sostanza stupefacente (Cass. Civ., Sez.III,
8051/07). Ciò tuttavia non soltanto alla luce dei principi appena enunciati (individuazione del profilo della violazione di un obbligo giuridico scaturente anche da rapporto negoziale o di altra natura), ma anche dal punto di vista della prevenibilità dell'evento. Prevedibilità e conseguente evitabilità vengono infatti ad integrare in maniera essenziale il giudizio afferente la valutazione della colpa nel comportamento omissivo. Va comunque rilevato come gli orientamenti sopra ricordati siano talvolta revocati in dubbio. E' stata infatti affermata la responsabilità aquiliana dell'imprenditore che, avendo collocato ponteggi privi di protezioni antifurto, abbia in tal modo agevolato i ladri che si siano introdotti in un appartamento (Cass. Civ., Sez. III,
292/11). In tal caso, pur non esistendo un preciso obbligo di impedire l'evento, la condotta omissiva del soggetto è stata reputata rilevante e violatrice del principio generale del
neminem laedere.
In tema di danni subiti da uno sciatore caduto contro una staccionata lungo una pista, è stato ritenuto che, per potersi individuare una condotta colposa in capo al gestore sia necessario che il danneggiato dia specificamente conto dell'esistenza di quelle condizioni di pericolo che, alla stregua della legislazione in materia, impongono al gestore stesso di adottare particolari protezioni (Cass. Civ., Sez. III,
4018/13).
Note
nota1
Ex plurimis, Cass. Civ. Sez. III,
2555/91. Di segno opposto, invece, l'isolata pronuncia del Tribunale di Roma,
02/02/1977, in Foro it, Rep. voce
Responsabilità civile, n. 47, nella cui motivazione si legge che nel caso di specie, la banca "ha violato il fondamentale principio del
neminem laedere avendo omesso di adottare le necessarie e idonee misure prudenziali di sicurezza" per evitare che i locali della banca diventassero polo d'attrazione della criminalità.
top1nota2
Diverso è l'orientamento seguito dalla Corte di Cassazione nell'ipotesi di danni derivanti da rapina ma risentiti non dal cliente, bensì dal dipendente dell'istituto bancario, in considerazione dell'obbligo del datore di lavoro di predisporre le misure adeguate per tutelare l'integrità fisica del lavoratore
ex art.
2087 cod. civ. ; cfr. Cass. Civ. Sez. Lavoro,
5048/88, in Foro it., 1988, vol. I, p. 2849, con nota di Caruso, Danno da rapina (al dipendente) e responsabilità della banca.
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Alpa,
Sulla responsabilità della banca per i danni risentiti dai clienti nel corso di una rapina, in Giur. it., 1981, vol. I, t. 2, p. 161. Si veda anche, sul punto, Alpa-Bessone,
I fatti illeciti, in Tratt. dir. da Rescigno, vol. XIV, Torino, 1982, p. 264. Propende per questa tesi anche Comporti,
Rischio professionale della banca e responsabilità extracontrattuale, in Funzione bancaria, rischio e responsabilità della banca a cura di Maccarone-Nigro, Milano, 1981, p. 29.
top3nota4
Alpa,
Responsabilità civile e danno. Lineamenti e questioni, Bologna, 1991, p. 285.
top4Bibliografia
- ALPA G., Responabilità civile e danno. Lineamenti e questioni, Bologna, 1991
- ALPA G., Sulla responsabilità della banca per i danni risentiti dai clienti nel corso di una rapina, Giur. it., I, t. 2, 1981
- ALPA-BESSONE, I fatti illeciti, Torino, Trattato diretto da Rescigno, XIV, 1982
- COMPORTI, Rischio professionale della banca e respons. extracontrattuale, Milano, Funzione bancaria,...a cura di Maccarone-Nigro, 1981