Se la collazione può dirsi avere lo scopo di assegnare alle donazioni effettuate in vita dal de cuius la funzione di lasciti anticipatori della futura eredità (con il mantenere tra i discendenti e il coniuge dell'ereditando che vengano alla successione la proporzione determinata dal testamento o dalla legge), netta si palesa la differenza con la riduzione delle liberalità donative, che ha per scopo quello di assicurare a ciascun legittimario l'integrità della porzione legittima spettantegli
nota1.
Chiarito questo aspetto, ancora più evidente si manifesta la distinzione tra la collazione e la riunione fittizia, operazione preordinata alla verifica della lesione della porzione legittima spettante al singolo riservatario. Al riguardo l'accostamento dell'una all'altra si rivela a dir poco del tutto inconferente: mentre la collazione è infatti un istituto contraddistinto da modalità operative e procedimentali peculiari (restituzione del bene in natura, imputazione, compensazione delle somme di denaro donate), la riunione fittizia consiste in un subprocedimento che si ambienta nel più vasto tema della riducibilità. La riunione fittizia è (a differenza della collazione che importa un effettivo e concreto trasferimento di cespiti patrimoniali) operazione che si sostanzia in un'operazione contabile, in un puro calcolo aritmetico sulla carta con il quale viene sommato quanto residuato al tempo dell'apertura della successione a quanto donato in vita dall'ereditando, dettratte le passività ereditarie
nota2 . Una volta ricostruito l'asse occorre ulteriormente che ciascun legittimario imputi alla propria porzione legittima i lasciti dei quali sia stato beneficiato (imputazione ex se :
art.564 cod. civ. ). Ciò premesso, sembra evidente che, al più possa essere proposto un accostamento tra la detta imputazione (che ancora una volta consiste in un'operazione meramente figurativa di scomputo del valore della donazione rispetto a quello della porzione legittima) e l'imputazione intesa quale modalità operativa della collazione (che invece consiste nella ben diversa condotta di versare concretamente denari pari al valore della donazione ricevuta e non eslcusa dalla collazione
nota3 ). Un elemento di comunanza a dire il vero esiste: ai sensi del V comma dell'art.
564 cod.civ. infatti ogni cosa che è esente da collazione è pure esente da imputazione ex se
nota4.
Note
nota1
Sottolinea la diversa funzione svolta dai due istituti Casulli, voce Collazione delle donazioni, in N.sso Dig.it., vol.III, 1959, p.461. Capozzi, Successioni e donazioni, t.2, Milano, 2002, p.732, ulteriormente ravvisa altri elementi di distinzione. Quanto all'oggetto, l'A. nota che mentre la collazione è volta a riportare alla massa tutti i beni donati dal de cuius, l'azione di riduzione ha piuttosto lo scopo esclusivo di recuperare quella parte di beni donati necessaria per reintegrare la quota di riserva lesa; quanto alla legittimazione, si evidenzia che mentre l'azione di riduzione spetta al legittimario leso, il diritto alla collazione è attribuito reciprocamente ai coeredi discendenti ed al coniuge.
top1nota2
Così Casulli, cit., p.460.
top2nota3
Per di più, mentre l'imputazione ex se è da qualificare come un onere, condotta operativa che il legittimario deve tenere se intende agire in riduzione, invece l'imputazione, intesa come modalità di esecuzione della collazione, costituisce piuttosto un obbligo per il coerede donatario (cfr. Degni, voce Imputazione e collazione, in Nuovo Dig.it., vol.VI, Torino, 1938, p.898). Anche gli effetti della dispensa dall'una e dall'altra sono ben differenti: di esse si darà conto partitamente.
top3nota4
Andrini, La collazione. Il fondamento e la natura giuridica, in Successioni e donazioni, vol.II, a cura di Rescigno, Padova, 1994, p.120.
top4Bibliografia
- ANDRINI, La collazione, Padova, Successioni e donazioni, II, 1994
- CASULLI, Collazione delle donazioni, N.mo Dig.it.