Clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore



Ai sensi del I comma dell'art. 33 del Codice del consumo (D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 )

nel contratto che ha per oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi stipulato tra il consumatore ed il professionista, si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Si impone immediatamente all'attenzione dell'interprete il richiamo alla buona fede che costituisce, nel panorama legislativo europeo delle norme di recepimento della Direttiva CEE n. 93 del 5 aprile 1993, un'assoluta unicità: negli altri ordinamenti infatti l'abusività della clausola è stata posta direttamente in relazione alla contrarietà della stessa alla buona fede nota1.

Il problema è costituito dal significato stesso del richiamo alla buona fede: nella norma in esame essa deve essere intesa quale mera ignoranza di ledere l'altrui diritto (buona fede soggettiva) e non quale criterio oggettivo di regola di comportamento (cfr. gli artt. 1175 e 1375 cod. civ.: buona fede oggettiva) nota2.

In questo senso il riferimento contenuto nel predetto art. 33 del Codice del consumo si palesa come praticamente irrilevante nota3.

Punto di attenzione della norma, al quale fare riferimento allo scopo di delineare la nozione di vessatorietà, è piuttosto lo squilibrio significativo dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Occorre a questo proposito chiarire che non si tratta di una questione di mera proporzionalità tra le prestazioni: non è in discorso una lesione del sinallagma contrattuale analoga a quella che consentirebbe ad una delle parti di attivare il rimedio della rescissione per lesione (art. 1448 cod. civ. ). Quello che importa è piuttosto l'equilibrio generale del contratto, inteso come insieme di tutte le pattuizioni di cui esso è formato nota4. Si vuole evitare che una parte travolga l'altra, abusando della propria posizione contrattuale "forte". In questo senso diviene evidente ed innegabile un collegamento del tema in esame rispetto a quello dell'equità intesa quale strumento integrativo del contratto (art. 1374 cod. civ. ) e della più generale problematica dell' abuso del diritto.

Svolta questa premessa di carattere generico, si impone comunque di verificare in concreto quali siano i requisiti, le condizioni in virtù delle quali poter concludere nel senso della vessatorietà della clausola.

L'indagine deve essere preceduta dall'analisi dell' ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione degli artt. 33 e ss. del Codice del consumo .

La normativa riguarda infatti i rapporti che intercorrono tra un professionista ed un consumatore in relazione ai contratti genericamente aventi ad oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi.




Note

nota1

A tal proposito si è parlato in dottrina di un errore fatto dal traduttore italiano al momento della formulazione della direttiva nella sua versione italiana. Sarebbe stato preferibile una correzione nel senso dell'utilizzo della stessa terminologia usata dagli altri ordinamenti. Così, tra gli altri, Bigliazzi Geri, Condizioni generali di contratto e buona fede, in Clausole abusive e direttiva comunitaria. Atti del Convegno di Napoli del 28 maggio 1993, a cura di Cesaro, Padova, 1994, pp. 31 e ss.; Rizzo , Le "clausole abusive" nell'esperienza tedesca, francese, italiana e nella prospettiva comunitaria, Napoli, 1994, pp. 599 e ss..
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nota2

Qualche Autore, pur non essendo intervenuta alcuna modifica testuale, reputa che il concetto di buona fede debba essere interpretato ugualmente nel senso di buona fede oggettiva. Si vedano p.es. Lener, La nuova disciplina delle clausole vessatorie nei contratti dei consumatori, in Foro it., V, 1996, pp. 159 e ss.; Cian, Il nuovo capo XIV-bis (titolo II, libro IV) del codice civile, sulla disciplina dei contratti dei consumatori, in Studium iuris, 1996, p. 415. Contra Rizzo, in Clausole vessatorie e contratto del consumatore (artt. 1469 bis e ss.), a cura di Cesaro, Padova, 1996, p. 35, secondo il quale, vista la precisa scelta terminologica fatta dal legislatore, non può non assegnarsi al concetto di buona fede una colorazione soggettiva.
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nota3

V. Bianca, Diritto civile, vol. III, Milano, 2000, p. 379.
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nota4

Cfr. Nuzzo, in Commentario al capo XIV bis del codice civile: dei contratti del consumatore. (Art. 1469 bis -1469 sexies), a cura di Bianca-Busnelli, Padova, 1999, p. 721.
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Bibliografia

  • BIGLIAZZI GERI, Condizioni generali di contratto e buona fede, Padova, Atti convegno di Napoli, 1994
  • CIAN, Il nuovo capo XIV-bis (titolo II, libro IV) del codice civile, sulla disciplina dei contratti dei consumatori, Studium iuris, 1996
  • LENER, La nuova disciplina delle clausole vessatorie nei contratti dei consumatori, Foro. it., V, 1996
  • NUZZO, Padova, Comm. capo XVI bis cod.civ., 1999
  • RIZZO, Padova, Clausole vessatorie a cura di Cesaro, 1996
  • RIZZO, Le clausole abusive nell'esperienza tedesca, francese, italiana e nella prospettiva comunitaria, Napoli, 1994

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