Clausola di gradimento (società di capitali)



Nell'ambito delle particolari condizioni alle quali può essere sottoposto il trasferimento delle azioni che, ai sensi dell'art. 2355 bis cod. civ. , possono essere previste dallo statuto della società (dovendo inoltre risultare dal titolo, ai sensi dell'ultimo comma della norma in esame) si può ben annoverare la clausola di gradimento. Essa consiste nella espressione, da parte di un organo sociale specificamente indicato, di una positiva volontà alla quale è subordinato l'ingresso di un nuovo soggetto.

L'espressione del gradimento può essere rimessa all'assemblea, agli amministratori (all'unico amministratore, al consiglio di amministrazione, ad un comitato più ristretto di amministratori individuati in seno al consiglio). Pare da escludere la legittimità della attribuzione del relativo potere ad uno o più soci determinati, a meno che non si tratti di tutti i soci portatori di una speciale categoria di azioni (i quali debbano, ad esempio, esprimersi nel corso di un'assemblea separata).

La validità della previsione di clausola di gradimento in relazione al trasferimento inter vivos è stata da tempo sottoposta dalla giurisprudenza ad un attento vaglio, essendosi ritenuto che la stessa potesse talora rappresentare un limite alla circolazione delle azioni tale da inibire in concreto integralmente il trasferimento dei titoli. Conseguentemente se ne inferì la nullità ogniqualvolta la clausola prevedesse il gradimento mero, a cagione della indeterminatezza delle condizioni alle quali sarebbe stato consentito al socio di poter cedere la propria partecipazione, ciò che si sarebbe sostanziato in una prigionia nel proprio stato di partecipe alla società (Cass. Civ. Sez. I, 2365/78 ). Con l'art. 22 della Legge 4 giugno 1985, n. 281, sancita espressamente l'inefficacia delle clausole di mero gradimento, era stata indicata all'elaborazione negoziale la via da seguire nota1.

Il risultato si è sostanziato in pratica nella predisposizione di due figure differenti l'una rispetto all'altra, tuttavia accomunate dalla sicura conformità alla legge.

La prima prevede l'enunciazione specifica dei criteri in base ai quali il gradimento viene accordato. Si pensi alla positiva indicazione del possesso in capo all'aspirante acquirente delle azioni di speciali requisiti professionali o attitudinali.

La seconda, pur rimettendo l' efficacia del trasferimento al mero gradimento del competente organo, prescrive un meccanismo di stima della quota sociale abbinato alla facoltà di acquisto in favore di altro soggetto individuato preventivamente. In tal modo viene garantita al socio la possibilità di alienare i titoli, cumulandosi eventualmente il gradimento alla prelazione, il cui eventuale mancato esercizio può aprire la via alla libera cessione delle azioni da parte del socio (Cass. Civ. Sez. I, 7890/95 ).

Quanto riferito valeva per i trasferimenti inter vivos a titolo oneroso. Cosa dire nell'ipotesi il subingresso di un socio ad un altro abbia luogo a causa di morte? Al riguardo si era consolidata l'opinione secondo la quale sarebbe invalida la clausola statutaria con la quale il gradimento venisse esteso ai trasferimenti dei titoli azionari a titolo di liberalità donativa o mortis causa. E' stato infatti osservato (attualizzando il riferimento al testo dell'art. 2355 cod. civ. antecedente la riforma del 2003) che l'art. 2355 bis cod. civ. non conteneva, a differenza dell'art. 2469 cod. civ. (sempre rendendo attuale il rinvio allora operato al vecchio testo dell'art. 2479 cod. civ. ), alcun riferimento a limitazioni relative ai trasferimenti della partecipazione mortis causa (Cass. Civ. Sez. I, 11057/93 ).

Gli esiti interpretativi giurisprudenziali sono stati, in un certo senso, recepiti dal legislatore della riforma. L'art. 2355 bis cod. civ. infatti attualmente dispone in maniera espressa al II comma che "le clausole dello statuto che subordinano il trasferimento delle azioni al mero gradimento di organi sociali o di altri soci sono inefficaci se non prevedono, a carico della società o degli altri soci, un obbligo di acquisto oppure il diritto di recesso dell'alienante; resta ferma l'applicazione dell'art. 2357". Alla luce della novella si può anzitutto osservare come la sanzione che l'ordinamento prevede per il caso della clausola non conforme ai dettami di legge è la stessa un tempo prevista dalla predetta l. 1985/281, vale a dire la semplice inefficacia della stessa. Condizione di legittimità della clausola di gradimento mero (vale a dire senza obbligo di motivazione, dunque insindacabile nel merito) è, alternativamente, la previsione di un obbligo di acquisto (a carico degli altri soci o della società, sia pure con l'espresso richiamo dei limiti vigenti in ordine all'acquisto di azioni proprie ex art. 2357 cod. civ. , limiti peraltro ridimensionati per effetto della novellazione operata dal D.Lgs. 142/08 ) ovvero l'attribuzione del diritto del socio che intende alienare a recedere, dunque ad uscire dalla società. Al riguardo è fondamentale l'ulteriore modo di disporre dell'art. 2355 bis cod. civ. che, ai fini della determinazione del corrispettivo dell'acquisto o, alternativamente, della quota di liquidazione del socio recedente, fa riferimento ai criteri di cui all'art. 2437 ter cod. civ. . Il penultimo comma dell'art. 2355 bis cod. civ. prevede che le regole da ultimo esposte si applichino in tutti i casi di clausole che sottopongano a speciali condizioni il trasferimento a causa di morte delle azioni, salvo che sia previsto il gradimento e questo sia concesso.

Note

nota1

Il principio vale solo per le società per azioni, In materia di società a responsabilità limitata, stante la possibilità di introdurre addirittura un divieto assoluto di cessione delle quote, è invece perfettamente ammissibile la clausola di mero gradimento (cfr. Tribunale di Napoli, 28 maggio 1997 ).
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