Cass. Pen. sez. III del 2012 numero 40561 (16/10/2012)



In tema di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte la condotta penalmente rilevante può essere costituita da qualsiasi atto o fatto fraudolento intenzionalmente volto a ridurre la capacità patrimoniale del contribuente stesso, riduzione da ritenersi, con un giudizio ex ante, idonea sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, a vanificare in tutto o in parte, o comunque rendere più difficile un’eventuale procedura esecutiva. In tal senso il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte rientra nella categoria dei reati di pericolo e, in base a tale impostazione, non v’è sincronia tra la consumazione del reato e la realizzazione della pretesa tributaria.

La lettura della disposizione di legge più coerente con il sistema comporta l’importanza dell’accertamento dell’idoneità della condotta alla luce dell’elemento finalistico compreso nella previsione del dolo specifico e, pertanto, non si è mai ritenuto che bastasse la costituzione del fondo patrimoniale, in grado di recare pregiudizio alla garanzia, tanto da rendere in re ipsa il dolo richiesto. Sarà, quindi, necessario per i giudici di merito verificare che gli elementi probatori raccolti siano in grado d’illuminare la finalità degli atti dispositivi posti in essere dal suo autore, in modo da interpretare correttamente la sussistenza o meno del carattere fraudolento dell’operazione, che tale è valutato proprio in ragione dello scopo di sottrazione avuto di mira nel tracciato delittuoso compiuto dall’agente.

Per quanto attiene al fondo patrimoniale ex art. 167 c.c., alla luce di quanto affermato, non è ipotizzabile ipotizzare l’inversione dell’onere della prova sul presupposto che la creazione del patrimonio separato rappresenti di per sé l’elemento materiale della sottrazione del patrimonio del debitore.

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