Cass. civile del 1989 numero 4554 (31/10/1989)


L'istituto della presupposizione - introdotto in modo espresso ed in via generale nel nostro ordinamento dalla norma dell'art. 1467, Codice civile - ricorre quando una determinata situazione di fatto o di diritto (passata, presente o futura) possa ritenersi tenuta presente dai contraenti nella formazione del loro consenso - pur in mancanza di un espresso riferimento ad essa nelle clausole contrattuali - come presupposto condizionante il negozio (cosiddetta condizione non sviluppata o inespressa). A tal fine, pertanto, si richiede: 1) che la presupposizione sia comune a tutti i contraenti; 2) che l'evento supposto sia stato assunto come certo nella rappresentazione delle parti (ed in ci la presupposizione differisce dalla condizione); 3) che si tratti di presupposto obiettivo, consistente, cioè, in una situazione di fatto il cui venir meno o il cui verificarsi sia del tutto indipendente dalla attività e volontá dei contraenti e non corrisponda, integrandolo, all'oggetto di una specifica loro obbligazione. (In base ai suddetti principi la Suprema Corte ha confermato la decisione del merito che aveva comunque ritenuto che non potesse invocarsi da parte del promittente venditore di un immobile - al fine di farne discendere l'inefficacia del preliminare - il mancato rilascio del certificato di abitabilità dell'immobile promesso in vendita, atteso che era stata accertata l’imputabilità di tale fatto all'inadempimento del promittente venditore il quale aveva costruito l'immobile in difformità della licenza ed inoltre aveva assunto lo specifico obbligo di trasferire all'acquirente un immobile munito di licenza di abitabilità).

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