Cass. civile, sez. Lavoro del 1994 numero 5766 (14/06/1994)


Poiché il secondo comma del' art. 1227 cod. civ., nell' escludere che il creditore possa avere diritto al risarcimento dei danni che lo stesso avrebbe potuto evitare usando l' ordinaria diligenza, e nel porre, quindi, sul suddetto creditore, il dovere di non aggravare con il fatto proprio e con la propria condotta il pregiudizio subito, fa esplicito riferimento all' elemento della colpa, il giudice deve prendere in considerazione non ogni comportamento che astrattamente possa aggravare il danno, ma solamente quel comportamento che eccede i limiti dell' ordinaria diligenza.In materia di risarcimento del danno dovuto al lavoratore per effetto della reintegrazione disposta dal giudice ai sensi dell'art. 18 cit., benché la deduzione relativa al c.d. "aliunde perceptum" integri una eccezione in senso proprio, è tuttavia possibile che l'interesse all'allegazione di parte sorga in un momento successivo all'inizio del processo per essersi in quel determinato (successivo) momento verificato il relativo evento, con la conseguenza che, avendo la preclusione effetto per il tempo passato ma non per quello presente e futuro, al debitore è consentito di dedurre e dimostrare, anche nel corso della fase istruttoria del giudizio di primo grado e per la prima volta negli atti che danno vita al giudizio di appello (atto di impugnazione o memoria difensiva di costituzione), quei fatti successivamente intervenuti, o il protrarsi di fatti intervenuti in precedenza, dai quali possa derivare una diminuzione dell'entità del risarcimento dovuto al creditore (nella specie l'attore aveva eccepito tardivamente in primo grado che il lavoratore, nel tempo intercorrente tra il licenziamento e la reintegrazione disposta dal giudice, aveva svolto opera professionale presso una Usl e presso l'Enpas).In presenza degli altri requisiti fissati dall'art. 2082 c.c., ha carattere imprenditoriale l'attività economica, organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi ed esercitata in via esclusiva o prevalente, che sia ricollegabile ad un dato obiettivo inerente all'attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, che riguarda il movente soggettivo che induce l'imprenditore ad esercitare la sua attività; deve essere, invece, escluso il suddetto carattere imprenditoriale dell'attività nel caso in cui essa sia svolta in modo del tutto gratuito, dato che non può essere considerata imprenditoriale l'erogazione gratuita dei beni o servizi prodotti. (Nella specie la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., aveva ritenuto il carattere imprenditoriale dell'attività svolta dall'ospedale del Bambino Gesù e la conseguente applicabilità degli art. 35 e 18 della l. 20 maggio 1970 n. 300, nel testo precedente l'entrata in vigore della l. 11 maggio 1990 n. 108, avendo attribuito rilievo non tanto all'eventuale destinazione a fini benefici dell'utile conseguito, ovvero all'assenza di un utile dopo la copertura dei costi, quanto all'obiettiva economicità dell'attività stessa, desumibile in particolare dal fatto che l'ospedale percepisce, come corrispettivo del servizio reso, gli introiti della diaria versata dalla regione - che copre, fra l'altro, tutti i costi derivanti dall'assistenza ospedaliera, ivi comprese le spese di ammortamento degli impianti e di ammodernamento delle attrezzature, nonché le spese necessarie per la retribuzione del personale dipendente e per l'addestramento e l'aggiornamento del personale infermieristico - nonché le somme versate dai privati che non hanno diritto all'assistenza mutualistica ovvero che optino per il servizio a pagamento).

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