Cass. civile, sez. III del 1994 numero 6464 (08/07/1994)


La disposizione dell'art. 2236 c.c. che, nei casi di prestazioni che implichino la soluzione di problemi tecnici particolarmente difficili, limita la responsabilità del professionista ai soli casi di dolo o colpa grave, non trova applicazione per i danni ricollegabili a negligenza o imprudenza, dei quali il professionista, conseguentemente, risponde anche solo per colpa lieve. Pertanto il medico risponde dei danni conseguenti alla violazione, per negligenza, del dovere di informazione del paziente sui possibili esiti dell'intervento chirurgico, al quale egli è tenuto in ogni caso ed in special modo in quello di interruzione volontaria della gravidanza, in cui il diritto della paziente all'informazione è espressamente sancito dall'art. 14 l. 22 maggio 1978 n. 194 (nella specie, il sanitario di un ospedale non aveva informato la paziente, sottoposta ad intervento abortivo ai sensi della l. 22 maggio 1978 n. 194, del possibile esito negativo dell'intervento e della conseguente necessità di un controllo istologico per l'accertamento di tale esito, determinando il disinteresse della paziente che solo quando l'intervento abortivo non poteva essere più ripetuto si è accorta dell'insuccesso e si è trovata nella necessità di portare a termine la gravidanza indesiderata).Nel caso di responsabilità del sanitario per la mancata interruzione della gravidanza nei casi previsti dalla l. 22 maggio 1978 n. 194, il danno risarcibile è solo quello dipendente dal pregiudizio alla salute fisio-psichica della donna specificamente tutelata dalla predetta legge, e non quello più genericamente dipendente da ogni pregiudizievole conseguenza patrimoniale dell'inadempimento del sanitario, quale il costo della nascita del figlio indesiderato o del suo allevamento, che di per sè non sono considerati un fatto ingiustamente dannoso neppure in presenza di precarie condizioni economiche della madre, le quali sono assunte come condizione giustificatrice della interruzione della gravidanza solo per la loro possibile influenza sulle condizioni fisio-psichiche della donna.Il danno economico subito dai genitori a seguito dell'insuccesso dell'intervento di interruzione della gravidanza non è risarcibile, in quanto solo l'esistenza di uno stato di pericolo o di un effettivo pregiudizio per la salute della madre a seguito della nascita del figlio può legittimare tale pretesa risarcitoria.

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