Cass. civile, sez. II del 1994 numero 3609 (16/04/1994)


La clausola statutaria che attribuisce ai soci superstiti di una società di capitali, in caso di morte di uno di essi, il diritto di acquistare - entro un determinato periodo di tempo e secondo un valore da determinarsi secondo criteri prestabiliti - dagli eredi del "de cuius" le azioni già appartenute a quest' ultimo e pervenute "iure successionis" agli eredi medesimi, non viola il divieto di patti successori di cui all' art. 458 cod. civ., in quanto il vincolo che ne deriva a carico reciprocamente dei soci è destinato a produrre effetti solo dopo il verificarsi della vicenda successoria e dopo il trasferimento (per legge o per testamento) delle azioni agli eredi, con la conseguenza che la morte di uno dei soci costituisce soltanto il momento a decorrere dal quale può essere esercitata l' opzione per l' acquisto suddetta, senza che ne risulti incisa la disciplina legale della delazione ereditaria o che si configurino gli estremi di un patto di consolidazione delle azioni fra soci, caratterizzandosi, invece, la clausola soltanto come atto "inter vivos", non contrastante, in quanto tale, neanche con la norma dell' art. 2355, terzo comma cod. civ., che legittima disposizioni statutarie intese a sottoporre a particolari condizioni l' alienazione di azioni nominative.

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