Cass. civile, sez. II del 1993 numero 12861 (28/12/1993)


L' interpretazione del testamento è caratterizzata, rispetto a quella contrattuale, da una più penetrante ricerca, al di là della mera dichiarazione, della volontà del testatore, la quale, alla stregua delle regole ermeneutiche di cui all' art. 1362 cod. civ. (applicabili, con gli opportuni adattamenti, anche in materia testamentaria), va individuata sulla base dell' esame globale della scheda testamentaria, con riferimento, essenzialmente nei casi dubbi, anche ad elementi estrinseci alla scheda, come la cultura, la mentalità e l' ambiente di vita del testatore. Ne deriva che il giudice di merito può attribuire alle parole usate dal testatore un significato diverso da quello tecnico e letterale, quando si manifesti evidente, nella valutazione complessiva dell' atto, che esse siano state adoperate in senso diverso, purché non contrastante ed antitetico, e si prestino ad esprimere, in modo più adeguato e coerente, la reale intenzione del "de cuius" (nel ribadire tali principi, la S.C. ha annullato la decisione di merito che, in relazione ad un' istituzione di erede risolutivamente condizionata, aveva equiparato, al fine dell' avveramento della condizione "si sine liberis decesserit", i figli adottivi a quelli legittimi, alla stregua esclusivamente dei parametri normativi di cui agli artt. 536 e4 567 cod. civ.).

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