Cass. civile, sez. II del 1975 numero 265 (23/01/1975)


Il patto di prelazione non impegna il promittente a concludere il contratto (nella specie, vendita), ma solo a preferire caeteris paribus il promissario se si decidera a compierlo. Il contegno cui il promittente è tenuto si sostanzia in una duplice obbligazione: l' una, avente contenuto positivo o di fare (denuntiatio), gli impone di comunicare all' altra parte il maturato proposito di addivenire al contratto secondo le condizioni (offertegli da terzi e comunque) da lui richieste, unitamente a un congruo termine entro il quale l' interpellato dovra deliberare se, intendendo o no valersi dell' accordata preferenza, accetta o ripudia l' offerta; l' altra, avente contenuto negativo o di non fare (dovere di astensione), vieta al promittente di stipulare il contratto con soggetti diversi dal promissario senz' averlo prima informato o, avendolo informato, senz' attenderne la risposta nel termine all' uopo stabilito. Delle due obbligazioni, quella che assume effettiva rilevanza e il cui inadempimento può ledere il diritto del contraente preferito e soltanto la seconda (dovere di astensione), dal momento che il promittente, non libero di vendere ad altri, è libero però di non vendere a nessuno. Verificatosi l' inadempimento - che si ha allorché il promittente, trascurando il promissario, addivenga al negozio con un terzo -,non è dato al promissario il rimedio dell' esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cod. civ., giacchè il bene oggetto della pattuita prelazione non gli può essere ne trasferito dal disponente, che l' ha ormai alienato, ne restituito dal terzo acquirente, che non è soggetto a riscatto (previsto solo per le ipotesi di prelazioni "reali", come ad esempio quelle di cui agli artt 732 e 966 cod. civ.).

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