Cass. civile, sez. V del 2016 numero 5156 (16/03/2016)




Gli atti e convenzioni che i coniugi, nel momento della crisi matrimoniale, pongono in essere nell'intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti alla separazione o al divorzio, ivi compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o il trasferimento della proprietà esclusiva di beni immobili all'uno o all'altro coniuge hanno una peculiare funzione economica-sociale e sono meritevoli di tutela. Ne deriva la conseguenza fiscale che le agevolazioni di cui all'art. 19 si estendono ad ogni tipo di tassazione, indipendentemente dalla natura di imposta o di tassa in senso proprio del tributo concretamente in discussione. Vale, infatti, la ratio di agevolare l'accesso alla tutela giurisdizionale, che motiva e giustifica l'esenzione fiscale dell'art. 19 con riguardo agli atti dei giudizi di separazione e divorzio in considerazione dell'esigenza di favorire e promuovere, nel più breve tempo, una soluzione idonea a garantire l'adempimento delle obbligazioni che gravano sui coniugi. Si tratta di beneficio pacificamente applicabile sia che l'atto traslativo si compia davanti al giudice sia che sia compia invece al di fuori del contesto giudiziario in adempimento di un impegno a trasferire, anche verso i figli, specificamente assunto nella fase dinanzi al giudice. Dunque, l'art. 1, nota 2-bis, Tariffa, Parte 1, n. 4, T.U.R., laddove stabilisce la decadenza dai benefici per la prima casa in caso di cessione infraquinquennale non può trovare applicazione atteso che gli accordi traslativi raggiunti in sede di separazione - la cui utilità sociale deriva della natura stessa dei conflitti, personali prima ancora che patrimoniali, che detti atti sono funzionalmente destinati a dirimere" esulano dalle ordinarie cessioni commutative e permutative sanzionate dalla Tariffa, assolvendo quegli scopi di agevolazione e tutela definiti dalla giurisprudenza costituzionale a fondamento del peculiare regime fiscale di atti "non speculativi" ma correlati a giudizi di separazione e divorzio. Diversamente opinando la decadenza del beneficio sarebbe immotivatamente penalizzante nei confronti del coniuge cedente, il quale, privatosi dell'abitazione, sarebbe esposto al pagamento delle maggiori imposte ordinarie e delle relative sanzioni ove, senza aver percepito alcunché, non sia in grado di riacquistare un altro alloggio entro il termine legale di un anno, "il tutto con l'irragionevole conseguenza di ostacolare, piuttosto che favorire, la composizione dei rapporti familiari in crisi" (così in dottrina), con rilevanti ricadute di scarsa tenuta costituzionale.

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