Cass. civile, sez. Unite del 1989 numero 440 (25/01/1989)


L'art. 18 della l. 8 luglio 1986 n. 349 istitutiva del Ministero dell'ambiente, che, dopo aver previsto la responsabilità risarcitoria nei confronti dello Stato a carico degli autori di fatti illeciti che compromettano l'ambiente (arrecandovi danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto od in parte), stabilisce, per tale materia, la giurisdizione del giudice ordinario, facendo salva quella della Corte dei conti solo per il caso di cui all'art. 22 del d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 (giudizio di rivalsa per le ipotesi nelle quali l'amministrazione, a seguito di lesione di diritti del terzo, provocata dal proprio dipendente in connessione con un danno ambientale, abbia provveduto a risarcire detto terzo), trova immediata applicazione nelle controversie in corso, ove sia ancora in discussione la giurisdizione. Pertanto, in applicazione di detta norma, la quale, peraltro, non si pone in contrasto con gli art. 103 e 25 cost. (sentenza della Corte costituzionale n. 641 del 1987 ed ordinanze della medesima Corte n. 719 ed 898 del 1988), ed è coerente con la delimitazione del danno cosiddetto erariale a quello che si traduca in una accertata perdita di tipo finanziario per la pubblica amministrazione, deve negarsi la giurisdizione contabile della Corte dei conti, per pretese risarcitorie nei confronti di funzionari che abbiano dolosamente o colposamente cagionato pregiudizio all'ambiente (nella specie, inquinamento delle acque del Tirreno, in relazione all'indebita autorizzazione di scarichi industriali di imprese private), trattandosi di azioni devolute alla cognizione del giudice ordinario.

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