Cass. civile, sez. Lavoro del 2001 numero 14592 (20/11/2001)


La prova che il creditore avrebbe potuto evitare i danni dei quali chiede il risarcimento usando l'ordinaria diligenza deve essere fornita dal debitore che pretende di non risarcire in tutto o in parte; egli, infatti, deducendo un controdiritto idoneo a paralizzare l'azione risarcitoria del creditore, ha l'onere di prova imposto dall'art. 2697 c.c. (In base al suddetto principio la S.C. ha confermato la pronuncia del giudice del merito che non aveva ridotto l'entità del risarcimento del danno dovuto da un datore di lavoro per licenziamenti illegittimi, respingendo la contraria eccezione del datore di lavoro che si basava sull'assunto secondo cui i lavoratori non avevano fornito la prova di aver tentato di essere assunti da altri imprenditori, in particolare iscrivendosi nelle liste del collocamento).Nel controllo di legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo al fine della determinazione della nozione di prestazione lavorativa - necessaria per verificarne la sopravvenuta impossibilità non è sufficiente la ricostruzione della volontà manifestata dalle parti al momento della conclusione del contratto quando venga programmata la rilevanza di successivi eventi che possano determinare, per effetto dell'esercizio del potere direttivo dell'imprenditore, un mutamento dell'attività svolta dal lavoratore senza alcuna alterazione o novazione oggettiva del contratto (tenuto conto che le mansioni possono consistere in una attività certa, ma possono anche essere scomposte in attività più specifiche o raggruppate secondo criteri di omogeneità). Ne consegue che non può ravvisarsi giustificato motivo oggettivo di licenziamento qualora il lavoratore, pur non più assegnabile all'attività già svolta, possa nondimeno svolgerne un'altra compresa nella stessa mansione o in mansioni equivalenti per la quale persista l'interesse dell'imprenditore, avuto riguardo sia all'obbligo gravante sul datore di lavoro di utilizzare a pieno le capacità lavorative del dipendente sia all'organizzazione dell'azienda come insindacabilmente predefinita dal datore di lavoro (in base al criterio della buona fede oggettiva).

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