Cass. civile, sez. III del 2007 numero 7500 (27/03/2007)


Nell'interpretazione delle clausole contrattuali il giudice del merito, allorché le espressioni usate dalle parti fanno emergere in modo immediato la comune loro volontà, deve arrestarsi al significato letterale delle parole e non può fare applicazione degli ulteriori criteri di ermeneutica sussidiari, il ricorso ai quali, fuori dall' ipotesi dell'ambiguità delle clausole, presuppone la rigorosa dimostrazione della insufficienza del mero fato letterale a evidenziare in modo soddisfacente l'intenzione dei contraenti.

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