Cass. civile, sez. II del 1997 numero 380 (16/01/1997)


Il risarcimento del danno per equivalente costituisce una reintegrazione del patrimonio del creditore che si realizza mediante l' attribuzione, al creditore, di una somma di danaro pari al valore della cosa o del servizio oggetto della prestazione non adempiuta, e quindi si atteggia come la forma, per così dire, tipica di ristoro del pregiudizio subito dal creditore per effetto dell' inadempimento dell' obbligazione da parte del debitore, mentre il risarcimento in forma specifica, essendo diretto al conseguimento dell' "eadem res" dovuta, tende a realizzare una forma più ampia e, di regola, più onerosa per il debitore, di ristoro del pregiudizio dallo stesso arrecato, dato che l' oggetto della pretesa azionata non è costituito da una somma di danaro, ma dal conseguimento, da parte del creditore danneggiato, di una prestazione del tutto analoga, nella sua specificità ed integrità, a quella cui il debitore era tenuto in base al vincolo contrattuale. Ne consegue che costituisce una semplice "emendatio libelli" la richiesta di risarcimento per equivalente allorché sia stato originariamente richiesto, in giudizio, il risarcimento in forma specifica.

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