Cass. civile, sez. II del 1978 numero 3411 (07/07/1978)


Perché si abbia incapacità naturale del testatore non è sufficiente che il normale processo di formazione e di estrinsecazione della volontà di lui sia stato, in qualunque modo, turbato al momento del testare, ma occorre che lo stato psico-fisico di quel soggetto sia stato in quel momento tale da sopprimere in lui del tutto l'attitudine a determinarsi liberamente e coscientemente, talché se la menomazione mentale non lo privava di tale attitudine non può essere contestata la sua capacità di agire, incorrendosi altrimenti nella violazione del principio secondo cui la regola è la capacità mentre l'incapacità è l'eccezione.La prova dell'incapacità del testatore, che, per essere causa di annullabilità del testamento, deve esistere "al momento dell'atto" e non genericamente "al tempo dell'atto" (come stabiliva l'art. 763 n. 3 dell'abrogato codice civile), può essere ricavata anche da presunzioni, e quindi da uno stato di grave infermità mentale del testatore (nel qual caso spetta a colui che intende giovarsi del testamento dimostrare che esso è stato redatto in un momento di lucido intervallo) od anche dallo stato mentale del testatore stesso in epoca anteriore o posteriore al testamento, purché il giudice spieghi, con adeguata motivazione, le ragioni del suo apprezzamento in tal senso. Gli stati passionali non costituiscono, di per sè, causa di riduzione della capacità psichica, ma producono incapacità solo se provocano nel soggetto un disordine psichico di tale intensita da privarlo, sia pure transitoriamente, della capacità di intendere di volere. (Nella specie, il principio è stato affermato in relazione alla incapacità naturale del testatore).

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