Cass. civile, sez. I del 2016 numero 2535 (15/02/2016)



In tema di servizi di investimento, la banca intermediaria, prima di effettuare operazioni, ha l'obbligo di fornire all'investitore "un'informazione adeguata in concreto", tale cioè da soddisfare le specifiche esigenze del singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali ed alla situazione finanziaria del cliente, e, a fronte di un'operazione non adeguata, può darvi corso soltanto a seguito di un ordine impartito per iscritto dall'investitore in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute.

A tal fine si è - tuttavia – osservato che la dichiarazione resa dal cliente, su modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza, conseguente alle informazioni ricevute, della rischiosità dell'investimento suggerito e sollecitato dalla banca e della inadeguatezza dello stesso rispetto al suo profilo d'investitore, non può - di certo - costituire dichiarazione confessoria, in quanto è rivolta alla formulazione di un giudizio e non all'affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo. Tale dichiarazione può, al più, comprovare l'avvenuto assolvimento degli obblighi di informazione incombenti sull'intermediario, sempre che sia corredata da una, sia pure sintetica, indicazione delle caratteristiche del titolo, in relazione al profilo dell'investitore ed alla sua propensione al rischio, tali da poterne sconsigliare l'acquisto, come nel caso in cui venga indicato nella dichiarazione che si tratti di titolo non quotato o emesso da soggetto in gravi condizioni finanziarie.

Nel giudizio di risarcimento del danno proposto da un risparmiatore, il giudice di merito, per assolvere l'intermediario finanziario dalla responsabilità conseguente alla violazione degli obblighi informativi previsti dalla legge, non può fermarsi alla constatazione della mancanza della prova della sua negligenza ovvero dell'inadempimento, ma deve accertare se sussista effettivamente la prova positiva della sua diligenza e dell'adempimento delle obbligazioni poste a suo carico. In mancanza di tale prova, che è a carico dell'intermediario fornire (art. 23, u.c., del d.lgs. n. 58/1998), questi sarà, pertanto, tenuto al risarcimento degli eventuali danni causati al risparmiatore, che devono, di conseguenza, considerarsi - in difetto di prove di segno contrario da parte dell'intermediario - in nesso di causalità con la predetta condotta inadempiente. Pertanto, ai fini della risarcibilità del danno subito, è sufficiente che l'investitore alleghi da parte della banca o dell'intermediario finanziario l'inadempimento delle obbligazioni poste a loro carico dall'art. 21 del d.lgs. n. 58/1998 (integrato dalla normativa secondaria) e che provi che il pregiudizio lamentato consegua a siffatto inadempimento, incombendo, per contro, sull'intermediario l'onere di dimostrare d'aver rispettato i dettami di legge e di avere agito con la specifica diligenza richiesta.

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