Cass. civile, sez. I del 2006 numero 27504 (21/12/2006)


Alle società in accomandita semplice è applicabile, in virtù del rinvio operato dall'art. 2315 c.c. alla disciplina concernente le società in nome collettivo, ivi comprese quelle semplici, la normativa di cui agli artt. 2286 e 2287 c.c., la quale prevede che, in caso di gravi inadempienze del socio, l'esclusione dello stesso è deliberata dalla maggioranza dei soci, non computandosi nel relativo numero il socio da escludere. Tale disposizione, infatti, non presenta profili di incompatibilità, neanche nella ipotesi in cui il socio da escludere sia l'unico accomandatario, con la struttura particolare della società in accomandita semplice, caratterizzata dalla presenza di due categorie di soci, e cioè gli accomandatari, che, in quanto illimitatamente responsabili possono assumerne l'amministrazione, e gli accomandanti, che tale amministrazione non possono assumere essendo la loro responsabilità limitata alla quota conferita, essendo la descritta disciplina conciliabile con i poteri di controllo di cui il socio accomandante dispone. In tema di società di persone, il ricorso all'autorità giudiziaria per ottenere una pronuncia di esclusione del socio è ammissibile, a norma dell'art. 2287, III comma, c.c., nel solo caso in cui la società sia composta soltanto da due soci, mentre in ogni altro caso trova applicazione l'art. 2287, I comma, c.c., ai sensi del quale l'esclusione del socio può essere deliberata a maggioranza, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che all'interno della compagine sociale siano eventualmente configurabili due gruppi di interesse omogenei e tra loro contrapposti, e che l'esclusione possa in tal caso rivelarsi impossibile, in virtù del conflitto d'interessi che impedisce di computare nella maggioranza il socio da escludere: la posizione del socio che non possa avvalersi né del procedimento di cui I comma, né del ricorso all'autorità giudiziaria, ai sensi del III comma, non resta infatti priva di tutela, essendo sempre possibile il recesso per giusta causa, ai sensi dell’art. 2285, II comma, c.c..

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