Cass. civile, sez. I del 1990 numero 6278 (22/06/1990)


L'azione della società, per l'annullamento del contratto posto in essere dall'amministratore in conflitto d'interessi o con se stesso (artt. 1394, 1395, 2391 cod. civ.), è soggetta a prescrizione quinquennale con decorso dalla data dell' atto, ai sensi dell' art. 1442 terzo comma cod. civ., (non essendo estensibile la diversa regola dettata dal secondo comma di tale disposizione per i soli casi dei vizi del consenso e dell' incapacità legale). Detta decorrenza non può subire differimenti per l' ipotesi in cui l' amministratore in conflitto sia anche il "dominus" della società, e quindi sia in grado di interferire sulle decisioni assembleari (inclusa quella d' impugnazione del contratto), trattandosi di eventuale impedimento di mero fatto all' esperimento dell'azione, non di causa giuridica ostativa all'esercizio del relativo diritto (art. 2935 cod. civ.).Nel caso di azione di responsabilità contro amministratori e sindaci di società soggetta ad amministrazione straordinaria, la necessità per il commissario di detta amministrazione di munirsi di autorizzazione dell'autorità di vigilanza (art. 206 della legge fallimentare, applicabile in forza del rinvio contenuto nell'art. 1 del d.l. 30 gennaio 1979 n. 26, convertito in legge 3 aprile 1979 n. 95), sussiste per la proposizione della domanda, non per i successivi atti diretti a coltivarla, ne', in particolare, per l'atto di impugnazione. Pertanto, ove la sentenza d'appello abbia pronunciato nel merito di detta domanda, in difetto di contestazioni circa la sussistenza di quell'autorizzazione, o comunque nell'implicito presupposto del regolare esperimento dell'azione, si deve escludere che il difetto dell'autorizzazione medesima possa essere per la prima volta dedotto in sede di legittimità, al fine di contestare l'ammissibilità del ricorso proposto dal commissario). L'azione di responsabilità, che una società cumulativamente proponga contro piu' amministratori e sindaci, chiedendo il ristoro dei danni che assuma verificatisi nel periodo in cui sono stati in carica e per effetto della loro concorrente inosservanza ai rispettivi obblighi, pur introducendo una pluralità di cause, alla stregua della pluralità dei titoli dedotti in giudizio, pone le cause medesime in relazione di inscindibilità, tenendo conto che la normale autonomia e separabilità delle contese fra il creditore ed i debitori in solido viene meno quando la condotta addebitata a ciascuno sia definibile come illecita solo in stretto collegamento con la valutazione della condotta dell'altro. Pertanto, nel caso in cui la sentenza di primo grado abbia accolto parzialmente quella domanda nei confronti di uno di detti convenuti, assolvendo gli altri, e tale soccombente (parziale) abbia proposto appello principale, si deve riconoscere alla società la facoltà di appellare, in via incidentale tardiva, ai sensi dell'art. 334 cod. proc. civ., non soltanto contro l'appellante principale (indipendentemente dal fatto che l'impugnazione incidentale investa capi connessi od autonomi rispetto a quelli oggetto dell'impugnazione principale), ma anche contro gli altri amministratori e sindaci rimasti vittoriosi in primo grado. Le questioni inerenti all'eventuale compensatio lucri cum damno restano estranee al giudizio limitato all'affermazione in via generica della responsabilità risarcitoria del convenuto, in quanto possono influire non sulla sussistenza o meno di detta responsabilità, ma solo sul riconoscimento in concreto di un danno risarcibile e sulla sua liquidazione.

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